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Sanità

La solitudine di chi si ammala in Italia (Parte prima)

Quale sia il valore che l’essere umano ha in un paese come il nostro lo raccontano molte
fonti. La Costituzione ad esempio o le leggi che attengono alla sanità pubblica. Resta da chiedersi tuttavia quanto queste forme di tutela siano effettive.

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Di Rosamaria Fumarola

Quale sia il valore che l’essere umano ha in un paese come il nostro lo raccontano molte
fonti. La Costituzione, ad esempio, tutela l’integrità dei cittadini italiani in ogni suo aspetto e
questo ha consentito e consente una produzione normativa altrettanto protettiva di tutti i
valori fondamentali della persona. Le leggi che attengono alla sanità pubblica esprimono
compiutamente questa tutela da parte dell’ordinamento giuridico. Chiunque può rendersene
conto visitando ad esempio il sito della propria regione dedicato alla salute dei cittadini. Si
rimane colpiti dalla quantità di servizi, che ci rappresentano uno stato giunto ad un livello
altissimo di civiltà e di vicinanza ai bisogni di tutti, soprattutto dei meno abbienti. Per la
prenotazione di un esame diagnostico urgente basta ad esempio una chiamata al centro
apposito, affinché siano fissate una data ed un’ora per l’appuntamento. Duole tuttavia
rilevare che i centri prenotazione sembrano esserci al solo scopo di non rispondere a coloro
che chiamano, presumibilmente perché hanno bisogno di essere assistiti e non per il brivido
di una chiacchierata con uno sconosciuto. Lo stesso accade per la quasi totalità dei recapiti
telefonici che si trovano su questi siti, che da essere utili media tra il servizio pubblico ed i
bisogni del cittadino, finiscono con l’essere un autentico fake da lasciarsi alle spalle il prima
possibile.
In preda a problemi di salute e lasciato a sé stesso, chi si ammala nel belpaese si domanda
a quale altro medium rivolgersi: il proprio medico curante? Il pronto soccorso? Uno
specialista privato? Nel mentre si chiede anche dove siano quei professionisti del pubblico di
cui si tessono le lodi nei telegiornali, o quei nosocomi che rappresentano l’eccellenza, il fiore
all’occhiello di cui andare fieri. Questo cittadino, se ha la necessità di assistenza medica
urgente, sceglie di raggiungere il pronto soccorso più vicino ed è certamente qui che potrà
comprendere quale sia davvero il suo valore per il paese al quale appartiene.
Attenderà infatti il turno mentre classificano i suoi problemi secondo un codice di
appartenenza e potrebbe scoprire che il suo braccio spezzato, con frattura esposta
sanguinante e che gli procura dolori lancinanti è classificato come codice verde e dunque
non urgente. È un cittadino rispettoso del lavoro altrui, ma mentre attende non può non
ricordare le code agli uffici pubblici e le proteste per il mancato rispetto di un turno o per
attese non inferiori magari all’ora. Attende comunque. Le barelle sono occupate e si
accontenta di una sedia. Si accorge che gli infermieri ed i medici evitano di guardare negli
occhi i pazienti che aspettano, forse perché leggerebbero sempre la stessa richiesta d’aiuto,
alla quale non danno risposta. Qualcuno, dopo le prime tre o quattro ore protesta con forza e
così viene ricevuto da una dottoressa sgarbata e da silenti infermieri. Poco dopo è preso
finalmente in carico da altri medici, ma inizierà una nuova odissea tra reparti e laboratori, tra
cui dovrà spostarsi cercando i mezzi, anche se impossibilitato a muoversi sulle proprie
gambe. Chi non protesta per ottenere udienza resta in sala d’attesa in genere dieci o dodici
ore, talvolta diciotto, domandandosi come sia possibile, come si possa considerare un
paziente paziente al punto tale da sopportare un dolore evitabile con semplici accorgimenti
come la somministrazione temporanea di un semplice analgesico. Il principio che vige in
questi fiori all’occhiello della sanità italiana è né più né meno che quello di un ospedale da
campo, uno di quelli che ci fanno raccapriccio quando li vediamo rappresentati in un film di
guerra. Ma qual è allora la sanità di cui andare fieri? Una decina di giorni fa tutti i quotidiani
hanno pubblicato le immagini del pronto soccorso del Cardarelli di Napoli, al collasso ormai
da tempo ed in cui 25 medici hanno dato le dimissioni per protestare contro un sistema che
impedisce loro di svolgere di fatto la loro professione. Si obietterà che si tratta di una
condizione che riguarda il sud del paese, ma le cose non stanno così. Veneto e Lazio, solo

per citare due regioni, soffrono dei medesimi disagi, che pare non dipendano dalla scarsità
di risorse, ma dalla mancanza di organizzazione e soprattutto dal disinteresse della politica.
Eppure le problematiche legate allo stato di salute di un essere umano non sono questioni
su cui è possibile esercitare una valutazione discrezionale: o si è ammalati o non lo si è e se
lo si è il rispetto per la sofferenza dovrebbe essere un dato anch’esso indiscutibile. È al
contrario il primo a mancare in termini pressoché assoluti in molte delle più importanti
strutture nosocomiali italiane.

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Giornalista pubblicista, scrittrice, critica jazz, autrice e conduttrice radiofonica, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano