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Dalle Regioni

Sporchi di fango e di vita

Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo la testimonianza di Federica, volontaria che opera in Emilia Romagna

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Oggi non è stata affatto una giornata semplice. 

Ci eravamo da poco rimessi a lavorare ad una casa di campagna (eravamo lì da ieri mattina), quando un volontario del nuovo gruppo a supporto si accorge che sulle stalle c’è l’amianto. Parte la preoccupazione, più che legittima. Partono le condanne alla situazione: il padrone di casa mi aveva raccontato ieri che quella era la casa del padre, un uomo di campagna con animali e piante. Alla sua morte lui, il figlio, con una visibile patologia motoria, ha dato via gli animali, ma non ha mai sistemato. Nelle stalle, sì, a distanza di più di un anno, c’erano escrementi a terra, sopra l’amianto. 

Mentre i nuovi volontari decidono giustamente di andarsene, meno giustamente borbottando e lanciando sentenze, chiamo il coordinatore di zona, lo informo della situazione e la fortuna vuole che arrivi il tecnico del comune subitissimo a fare un sopralluogo. Dice che in città sono tantissime le situazioni così e per lei si può continuare a lavorare, precisando che il rischio batteriologico invece appare molto elevato. Arrivano due nuovi volontari, manna dal cielo, ci facciamo dare pure delle tute dalla protezione civile, indosso la seconda mascherina (la prima era per la puzza) e si finisce di spalare il fango e portare in strada i rifiuti. Il proprietario della casa mangia una brioche che avevo portato la mattina, ci prendiamo un caffè, non sa come dire grazie.

Torniamo alla base, dove ci dicono che fortunatamente il quartiere è quasi sistemato e ci dirottano su un altro centro di smistamento volontari. Quando arriviamo, un altro volontario sta chiedendo supporto per una casa dove lui “lavora” da una settimana. Servono braccia forti e io fortunatamente mi trovo in questo gruppetto con due giovanissimi sollevatori di pesi. Lui dice che bastiamo noi 4. Arriviamo in loco e chiamo subito il coordinatore: “manda altre sei persone o non ne usciamo!”. Stiamo per iniziare a spalare, quando il volontario ci confessa che quella è la casa di una delle vittime e ci dice di coprirci bene perché da lì hanno tolto nei giorni scorsi diversi animali morti. 

Arrivano i nuovi, altri passano per la strada e si fermano ad aiutarci. Siamo tanti, di nuovo, ancora una volta, per lo stesso obiettivo. Torna il “proprietario”, lo facciamo mettere in lista per l’intervento di un bobcat per i rifiuti più pesanti, mentre dei più piccoli cresce la catasta lungo la strada. Il fango lo andiamo a buttare sull’argine. 

Il fiume è davvero proprio lì. Oggi non fa paura, ma più che mai sappiamo che è killer.

Il “proprietario” è appena andato via, noi ci siamo attardati per farci lavare dalla protezione civile con l’idropulitrice, quando arrivano dei vigili del fuoco per un sopralluogo. Il primo volontario, esausto, prima li accompagna, poi sbotta: qui non sanno se scendere dalla cantina per intervenire o addirittura buttare giù il muro per liberare dall’acqua e dai conigli morti e la vicina ha avuto il coraggio di dirmi ieri “quello sta bene lì dove sta”.

E mentre provava a cacciar giù le lacrime, si scusava, scusava lui per essersi sfogato.

Io stasera so che oggi ho sbagliato, che ho fatto cose più di pancia che di testa, nonostante mi senta di aver preso le giuste precauzioni. So di aver sbagliato, ma di sbagliato mi sembra più il mondo, quello che non vediamo, quello che facciamo finta di non vedere, quello che condanniamo senza provare a conoscere, capire, intervenire. 

L’alluvione in alcuni casi ha portato a galla qualcosa che comunque già prima era un problema, ma non si vedeva. E chissà quanti altri ce ne sono. Anche attorno a noi.

In questi giorni in Romagna non ci si sporca solo di fango, ci si sporca di vite. A volte si ride insieme, si scherza, altre volte, come oggi, non si ha voglia neanche di parlare. 

Però l’osteopata della provincia di Bologna, mi saluta dicendo “magari ci vediamo a un altro evento di volontariato” e ripenso che in questi giorni ho conosciuto persone di Trento, di Verona e di Milano, ho spalato con un chirurgo di Cesena, un pasticcere di Forlì, un operaio del Salento trasferito a Pesaro, laureato in economia… io continuo a pensare che potremmo essere davvero un mondo molto migliore.