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Il concerto al San Paolo dell’Orchestra del Teatro Petruzzelli resta un successo

Preceduto dal lancio di sassi da parte di ignoti vandali, il concerto da qualsiasi punto di vista lo si guardi è un evento positivo e lo sarebbe anche se si trattasse di un unicum. Meglio sarebbe se altri seguissero o lo avessero preceduto e meglio ancora se l’educazione al bello fosse più generalizzata e diffusa di quanto non sia.

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Credit foto informazione.it

di Rosamaria Fumarola

È notizia di pochi giorni fa che un concerto dell’ Orchestra del Teatro Petruzzelli, che avrebbe dovuto tenersi nel quartiere San Paolo di Bari, a causa dei sassi lanciati sui musicisti da giovani abitanti del posto, sia cominciato in netto ritardo. Il sindaco in persona Decaro, ha voluto essere presente accanto all’assessore Ines Pierucci, dimostrando, ove fosse ve ne fosse bisogno, la bontà dell’iniziativa. Qualcuno ha sentenziato che il progetto, in quel quartiere, non poteva che trovare la sua Caporetto e che sia stato da ingenui organizzare una tappa al San Paolo. 

In effetti una lettura superficiale e qualunquista non può che giungere a questa conclusione. È dagli anni ottanta che l’elaborazione comunemente diffusa di un conflitto incomponibile tra la cosiddetta brava gente, che la vulgata vorrebbe concentrata solo in alcune aree delle città e tutti quelli che bravi non sono (o non sarebbero), non riesce a “vedere” alternative. Insomma, esisterebbero due schieramenti nettamente ed irrimediabilmente contrapposti che si percepiscono tra loro come diversi. In questo non v’è dubbio che ragioni di verità vi siano, così come il divario più che a ridursi, nel tempo sia andato aumentando. I meccanismi che governano la formazione dei gruppi umani  sono infatti cosa complessa ed è dalla notte dei tempi che, per una ragione o per un’altra si tentano degli interventi “correttivi”, il più delle volte senza sortire effetto alcuno. Questo non era un problema negli anni successivi al secondo conflitto mondiale e per tutti gli anni settanta. Alcuni valori, come la libertà di diffondere il pensiero e l’arte, dopo un lungo periodo nel quale erano state cogenti leggi dello stato che avevano limitato i diritti dell’individuo, erano avvertiti per ciò stesso come preziosi. Il senso di comunità e condivisione superava ogni distinzione sociale e questo va considerato come uno dei lasciti virtuosi della guerra. 

Perché dunque oggi, in quartieri periferici lontani dai centri culturali e decisionali delle città, non viene considerato apprezzabile un concerto di grande pregio come quello dell’orchestra del Teatro Petruzzelli? Il sindaco di Bari, non senza ragione, ha parlato dei ragazzi responsabili del lancio dei sassi, come degli stupidi ed in effetti l’imbecillità è una componente di peso di tale vicenda, ma non la sola ed individuare le altre non è poi così semplice come potrebbe sembrare. Lo si può comprendere se si pensa che due sere dopo il concerto al San Paolo, nella città vecchia un giovane cantava canzoni neomelodiche circondato da giovanissime e belle donne con un pubblico soddisfatto e plaudente composto da studenti universitari, residenti, turisti etc.

Quelli come me si sono domandati il perché della presenza degli studenti e si sono risposti che erano là per ascoltare canzoni d’amore e non sapevano, o semplicemente non interessava loro conoscere chi c’è dietro la produzione della musica neomelodica. Gli altri invece erano presenti proprio perché lo sapevano ed in quella musica vedevano rappresentati non solo l’amore, ma la cultura dell’ambiente al quale sentono di appartenere. Se ne deduce che un cantante neomelodico pagato dalla camorra sia più alla moda dell’Orchestra del Teatro Petruzzelli, orchestra che di solito si ascolta dietro pagamento di un biglietto non sempre alla portata di tutti. Ed infatti a farsene carico sono per la maggior parte i ceti medio alti della città, scolarizzati a sufficienza per interpretare il linguaggio di un certo tipo di arte. È forse da qui che passa il vero nodo cruciale della questione e cioè quello dell’educazione. Aldilà del vandalismo va infatti preso in considerazione che nessuno può apprezzare ciò che non comprende perché è espresso in una lingua a lui scognita. Il benemerito concerto al San Paolo, da qualsiasi punto di vista  lo si guardi è un evento positivo e lo sarebbe anche se si trattasse di un unicum. Meglio sarebbe se altri seguissero o lo avessero preceduto e meglio ancora se l’educazione al bello fosse più generalizzata e diffusa di quanto non sia, perché se vi sono stati periodi durante i quali la cultura è apparsa desiderabile ed addirittura di moda, la storia dell’umanità offre un racconto sovente diverso,  nel quale la “paideia” è stata strumentalmente tenuta lontana dalle masse, affinché comprendessero il meno possibile e sapessero fare solo ciò che il potere chiedeva loro, ciò che cioè al potere serviva. Ma aldilà di ogni analisi sociologica va ricordato che la maggior parte dei presenti al San Paolo ha dichiarato di avere molto apprezzato l’esibizione musicale,  fatto in sé di una certa importanza e che comunque, quand’anche un solo individuo avesse provato curiosità e si fosse lasciato contaminare, guardando oltre ciò che abitualmente lo circonda, l’iniziativa sarebbe stata preziosa, perché il dato certo dopo secoli di storia dell’uomo è che il solo modo per affrancarsi dal disagio non per forza economico e per realizzare ciò che si desidera è ancora e sempre la cultura.

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Scrittrice, critica jazz, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano