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Ambiente

La transazione ecologica non corre sulle linee del trasporto pubblico locale

Il PNRR italiano prevede che, di circa 24 miliardi di euro destinati al potenziamento delle reti ferroviarie, solo 3,5 saranno utilizzati per migliorare le linee locali, mentre il grosso dello stanziamento sarà destinato all’alta velocità internazionale.

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DI NICO CATALANO

Credit foto Luis Zamora license CC BY 2.0

I Paesi membri dell’Unione Europea avevano l’obbligo, entro il 30 aprile scorso, di trasmettere a Bruxelles gli schemi progettuali predisposti per richiedere i fondi stanziati per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Circa 750 miliardi di euro messi a disposizione dall’UE in cambio dell’impegno da parte di ciascuna Nazione di utilizzare la parte più cospicua delle somme erogate per l’implementazione di progetti ecosostenibili, che mirino a una concreta inversione di rotta, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo delle energie rinnovabili e l’abbassamento del trenta per cento delle emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 1990. Risorse economiche quindi, necessarie ad attuare quella tanto auspicata transizione ecologica, ma anche essenziali per dare una boccata di ossigeno all’economia del continente, ultimamente messa in ginocchio dalla pandemia. La progettualità presentata dal nostro Paese, peraltro il principale destinatario del denaro dell’UE, solleva non pochi dubbi e tante perplessità. Infatti, il documento avanzato dal governo Draghi riporta una cifra pari a 59 miliardi di euro di fondi europei sotto la voce “transizione ecologica” da spendere nei sei anni previsti dal piano, quasi circa 10 miliardi in meno rispetto alla bozza preparata dal governo precedente guidato da Giuseppe Conte. Inoltre, sempre il PNRR italiano prevede che di circa 24 miliardi di euro destinati al potenziamento delle reti ferroviarie, solo 3,5 saranno utilizzati per migliorare le linee locali, mentre il grosso dello stanziamento sarà destinato all’alta velocità internazionale. In un Paese come l’Italia, dove, secondo le ultime statistiche, a livello locale la modalità di spostamento su gomma copre oltre il sessanta per cento degli spostamenti giornalieri delle persone e circa la quasi totalità di quello delle merci, la scelta effettuata dell’attuale governo allontana l’obbiettivo di ridurre le immissioni di gas serra provenienti dal settore dei trasporti così come previsto dalle prescrizioni europee vincolanti al 2030, peraltro questa decisione rischia seriamente di provocare enormi danni per l’ambiente e la salute dei cittadini. Secondo Alessandra Bonfanti di Legambiente nazionale, “il diritto alla mobilità è strettamente collegato al diritto di cittadinanza”, ma purtroppo questa correlazione di diritti non è prevista nel nostro Paese. In Italia, solo nell’ultimo decennio, sono stati smantellati 800 chilometri di linee ferroviarie locali e dismesse circa 1700 stazioni situate nei piccoli centri, mentre il restante del trasporto pubblico locale sia su gomma che rotaia è lasciato all’improvvisazione, incuria e abbandono. A farne le spese le classi sociali tra le più colpite dalla crisi, lavoratori e studenti, specialmente fuori dalle direttrici dall’alta velocità, in particolare al Sud e nei collegamenti con i centri capoluogo di provincia. Milioni di pendolari che quotidianamente si trovano alle prese con treni e autobus sempre più inquinanti, fatiscenti, sporchi e insicuri. Al suo insediamento, il presidente Draghi ha esordito affermando: “vogliamo lasciare un pianeta sano, non solo una moneta sana”. Sarebbe utile ricordargli che, senza una spinta decisiva verso le energie rinnovabili, il trasporto elettrico o l’abbandono dei progetti per le grandi opere inutili, il PNRR per l’Italia rischia di essere solo una mera lista della spesa, nell’interesse, ancora una volta, di tutti coloro che mirano a mantenere un sistema basato principalmente sull’utilizzo dei combustibili fossili e sullo sfruttamento intensivo delle già limitate risorse naturali di questo pianeta.