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Agricoltura

L’Italia è la prima produttrice UE di prodotti bio, ma senza una legge sull’agricoltura biologica.

Entro la fine del mese, il nostro Paese, dovrà trasmettere a Bruxelles la bozza del Piano Strategico Nazionale (PSN) necessario per potere recepire i finanziamenti della PAC. Nell’ambito dell’UE, l’Italia detiene la maggiore concentrazione di agricoltura biologica, nonostante ciò la discussione parlamentare della proposta di Legge sull’agricoltura biologica non è ancora stata calendarizzata.

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DI NICO CATALANO

Credit foto Miroslav Vajdić license CC BY-SA 2.0

Entro la fine di questo mese, il nostro Paese così come tutti gli altri stati membri dell’Unione Europea, dovrà trasmettere a Bruxelles la bozza definitiva del Piano Strategico Nazionale (PSN). Il contenuto di questo importante documento programmatico per il settore primario, necessario per potere recepire e utilizzare nel prossimo futuro i finanziamenti della Politica Agricola Comunitaria (PAC), dimostrerà se effettivamente la politica italiana nei prossimi anni, vorrà investire concretamente sui modelli di agricoltura sostenibile o continuare sostanzialmente con i modelli agroindustriali, adottati negli ultimi decenni, e influenzati esclusivamente dai profitti e grandi capitali multinazionali. Ultimamente, da più parti è emersa l’esigenza di riconvertire i processi produttivi verso modelli più attenti nell’utilizzo delle risorse naturali, cominciando proprio dal settore primario, al fine di contrastare il cambiamento climatico e le sue sfavorevoli conseguenze. Per fermare l’attuale l’innalzamento delle temperature entro il 2030, dopo quanto detto in sede FAO e ribadito durante il recente Cop 26, anche le strategie dell’Unione Europea si sono uniformate verso l’adozione di modelli agroecologici. Nell’ambito dell’Unione Europea, l’Italia detiene la maggiore concentrazione di agricoltura biologica, quindi rispettosa dell’utilizzo di acqua, suolo, servizi ecosistemici, biodiversità animale e vegetale. Secondo i dati pubblicati del Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN), il nostro Paese presenta il sedici per cento della SAU (superfice agricola coltivata) occupata dall’agricoltura biologica, circa due milioni di ettari e una significativa presenza di oltre ottantamila aziende in regime biologico. Un volume di affari calcolato intorno a quasi cinque miliardi di Euro, con Sicilia, Puglia e Calabria, maggiormente interessate da questi processi produttivi rispettosi dell’ambiente. Nonostante tutto ciò, la politica italiana risulta essere inadempiente, infatti la discussione parlamentare della proposta di Legge sull’agricoltura biologica, che ha da tempo superato tutti i passaggi istituzionali previsti, non è ancora stata calendarizzata. Le istituzioni italiane, a dispetto degli importanti traguardi raggiunti dal settore, continuano a sottovalutare il biologico, prediligendo modelli di un’agricoltura intensiva, ormai superati e non più in linea neanche con le direttive UE. Un comportamento che induce le associazioni dei produttori a prefigurare il nuovo PSN lontano dalla visione agroecologica e a vantaggio solo dell’agricoltura industriale e della zootecnia intensiva.  Nei giorni scorsi, sia Aiab (associazione italiana agricoltura biologica) così come Federbio, in una nota in comune, hanno sottolineato come la bozza del prossimo PSN, risulta essere inadeguata rispetto alle azioni da intraprendere nel prossimo futuro per raggiungere entro il 2027 quel trenta per cento di superficie agricola coltivata con metodo biologico, parametro necessario a contrastare il cambiamento climatico in corso così come indicato dalle prescrizioni UE. La classe politica italiana, sempre più lontana dalla volontà di produttori e consumatori, si trova di fronte ad una scelta epocale: continuare a scegliere la via del profitto ad ogni costo o finalmente agire per dare un futuro ai nostri figli.

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Agronomo, ricercatore ecologista, divulgatore e saggista