Mettiti in comunicazione con noi

Attualità

(Non) è un Paese per laici

Secondo la Costituzione, l’Italia sarebbe uno Stato “laico”, tuttavia le numerose ingerenze da parte del Vaticano hanno più volte messo in discussione la veridicità di tale principio, il quale sembra essere solo una formalità. Ne parliamo quest’oggi con Roberto Grendene, segretario nazionale dell’Uaar: Unione degli Atei Agnostici Razionalisti.

Avatar photo

Pubblicato

su

Credit foto Cristiano Corsini. Licenza CC BY-NC-SA 2.0

di Alessandro Andrea Argeri.

L’Italia è una repubblica laica oltre che anticonfessionale, ovvero: priva di una religione ufficiale, sebbene nella Costituzione non venga mai esplicitata realmente la laicità dello Stato, a differenza di quanto avviene invece in altri paesi europei come ad esempio la Francia. A tal proposito, i recenti avvenimenti nel panorama politico-sociale italiano hanno riaperto riflessioni in merito al rapporto Stato-Chiesa, i cui termini andrebbero sicuramente ridefiniti. Abbiamo perciò deciso di parlarne con Roberto Grendene, segretario nazionale dell’Uaar.

“Libera Chiesa, in libero Stato”, come si diventa un libero Stato?

A piccoli passi, per arrivare poi a compierne di grandi e decisivi.
Alcuni piccoli ma importanti passi ci sono stati anche in anni recenti: il testamento biologico e le unioni civili sono leggi dello Stato, ad esempio. Se diamo un’occhiata alle scelte degli italiani notiamo che i matrimoni civili hanno superato quelli religiosi: anche questo significa maggiore libertà, è una dimostrazione della perdita di forza del condizionamento religioso che spingeva tante persone a sposarsi in chiesa per quieto vivere.
Il passo decisivo per diventare davvero un paese laico e civile sarà l’abolizione del concordato Stato-Chiesa, che garantisce enormi privilegi e immunità alla confessione e alle gerarchie cattoliche.

-Secondo vari pensatori, le cito ad esempio Umberto Galimberti, “l’Europa è profondamente cristiana nelle radici della sua cultura”. Ebbene le chiedo: l’UAAR sta intraprendendo una battaglia anche culturale? Che tipo di convivenza vede l’UAAR tra laici e cristiani?

La contrapposizione non è tra laici e cristiani, ma tra laici e clericali. La laicità è infatti il valore principale per la convivenza tra individui con convinzioni differenti, e alleanze tra credenti e non credenti in nome di ideali laici sono senz’altro possibili. Le battaglie culturali che l’Uaar intraprende sono sull’autodeterminazione, sulla possibilità di compiere scelte consapevoli e non derivanti da identità imposte. Ad esempio sensibilizzare perché l’accesso all’aborto sia garantito nella maniera più agevole e sicura possibile, chiedere che in ogni comune sia data la possibilità di svolgere funerali civili in luoghi consoni, fare in modo che nella scuola pubblica le presunte radici cristiane siano studiate criticamente, lasciando liberi gli studenti di fare le proprie scelte. Perché a ben vedere l’Europa che conosciamo è diventata tale non certo conservando radici cristiane, ma allontanandosene a volte anche in maniera risoluta. Per dire, l’Italia si è unita vincendo una guerra contro lo spietato Stato della Chiesa e negli anni ‘70 ha reciso nettamente radici cristiane come l’indissolubilità del matrimonio e il reato di aborto.

-In questo momento in Italia c’è una forte voglia di riforme che tutelino finalmente determinate categorie di cittadini. Basti pensare al DDL Zan, per la tutela di donne, omosessuali e transessuali, l’eutanasia legale, l’aborto, tutte proposte osteggiate apertamente dal Vaticano. Quale posizione assume invece l’UAAR? (se preferisce può indicare eventuali iniziative)

Che il Vaticano sia oscurantista non è una novità. Il problema è una classe politica che presta attenzione alle volontà delle gerarchie ecclesiastiche e non ai diritti dei cittadini. L’Uaar si schiera a favore del DDL Zan (chiedendo di più: il matrimonio egualitario) e si batte perché il parlamento approvi una legge per l’eutanasia attiva volontaria. Per difendere il diritto all’aborto sicuro nel 2021 l’Uaar ha portato in 77 città d’Italia i cartelloni della campagna “Aborto farmacologico. Una conquista da difendere”, per promuovere l’accesso alla pillola Ru486, che vede l’Italia fanalino di coda in Europa, e anche per rimuovere lo stigma sull’interruzione volontaria di gravidanza quale scelta che sarebbe sempre e per tutte sofferta, e passibile di riprovazione sociale.

-Come giudica l’ostilità dei partiti ai quesiti referendari? Ostruzionismo politico o sudditanza clericale?

Quelli sulla giustizia hanno visto impegnati alcuni partiti. Quelli sulla depenalizzazione dell’omicidio del consenziente, sulla caccia e sulla coltivazione di sostanze stupefacenti hanno visto i partiti disinteressati. Tra i vari argomenti il tema laico di interesse per l’Uaar è l’eutanasia legale. Ma per legalizzare l’eutanasia ci vuole una legge, la depenalizzazione dell’omicidio del consenziente non è certo la stessa cosa. Non a caso in Olanda eutanasia e aiuto al suicidio sono reati, tranne se vengono rispettati i rigidi e accurati criteri dell’avanzatissima legislazione esistente. C’è poco da fare: occorre che il Parlamento agisca. Il prossimo 25 ottobre è previsto l’inizio della discussione alla Camera della proposta di legge “Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita”. Ecco il compito dei partiti: approvare questa legge, possibilmente migliorandola in modo che il SSN possa rispondere con compassione e all’interno di tutele dettata da precise disposizioni normative alle richieste di chi chiede di essere libero di scegliere sul proprio fine-vita.

-L’UAAR ha avviato un progetto in cui fornisce alle scuole kit di robotica educativa per consentire l’ora alternativa all’insegnamento facoltativo della religione cattolica. Potrebbe descrivere meglio come è nata questa iniziativa e gli obiettivi che si propone di conseguire? Quante scuole hanno aderito in termini di numeri?

L’iniziativa è nata per dare un concreto supporto alle tante scuole che hanno difficoltà a garantire una valida attività alternativa agli insegnamenti dottrinali impartiti dagli insegnanti di religione cattolica, scelti dal vescovo e pagati dallo Stato. Siamo coscienti di non poter soddisfare tutte le scuole, ma in questa prima edizione abbiamo investito circa 70mila euro per accontentare tutte le 106 scuole medie che hanno fatto domanda. L’obiettivo? Migliaia di ragazze e ragazzi potranno svolgere un’entusiasmante attività nella scuola pubblica invece di essere lasciati in disparte quando entra in classe il docente di religione. Oltre alla loro soddisfazione e all’ampliamento dell’offerta formativa della scuola pubblica, i progetti saranno un esempio per altre scuole in modo che finalmente cessi la discriminazione ai danni di chi chiede una scuola laica senza insegnamenti “impartiti in conformità della dottrina della Chiesa”. È un’imposizione presente nel Concordato, per tornare alla prima domanda.

-Come cercano le istituzioni religiose, ma anche, o forse soprattutto, laiche, di ostacolare tale libera scelta dei cittadini?

Il vero problema non sono le ingerenze e le pressioni delle confessioni religiose. È la sudditanza che nei loro confronti dimostrano politici, amministratori, funzionari pubblici e anche gli organi di stampa (si pensi ai Tg nazionali e agli ossequiosi e quotidiani resoconti di quel che dice il papa). Uno degli ostacoli maggiori è probabilmente l’inerzia, il ripetere comportamenti consolidati anche se sbagliatissimi e pesantemente discriminatori. È semplicemente inaccettabile la risposta “si è sempre fatto così” di fronte a bambini di 3-10 anni messi in corridoio quando c’è religione cattolica, o quando persone che piangono la morte di una persona cara non religiosa si sentono rispondere dall’amministrazione comunale che c’è solo la chiesa per il funerale. Per cambiare questa mentalità arcaica e clericale occorre un impegno di associazioni come l’Uaar.

-I laureati in Scienze delle Religioni potranno insegnare filosofia nei licei, novità che è stata vista come un metodo per creare un centro di collocamento per i così detti “raccomandati della curia”. Considerato che la filosofia è la materia che per definizione insegna a pensare autonomamente, l’UAAR potrebbe pensare in futuro di inserire l’ora alternativa di filosofia?

Nel progetto editoriale dell’Uaar (“Nessun Dogma – libri per menti libere”) è presente il testo “Filosofare con i bambini? A scuola si può!”. É un agile libretto per insegnanti e formatori proprio per organizzare laboratori didattici in cui bambini e ragazzi possono fare filosofia assieme, usando la logica e rispettando le opinioni altrui. L’Uaar ha già organizzato incontri formativi nelle scuole e sicuramente la filosofia coi bambini sarebbe una perfetta attività alternativa all’insegnamento della religione cattolica.
Per quanto riguarda l’insegnamento della filosofia anche da parte di laureati in corsi di studio di Scienze storico religiose di università statali preciso che non sono insegnanti di religione. Il direttore della rivista e della biblioteca dell’Uaar è laureato alla Sapienza in Scienze storico religiose. Gli insegnanti di religione sono invece scelti dal vescovo e in genere compiono studi principalmente teologici in istituti cattolici, ma soprattutto devono essere in possesso dell’idoneità diocesana. In altre parole li sceglie il vescovo, valutando la conformità della loro vita privata alla dottrina della Chiesa.

-La Chiesa non ha ancora pagato l’ICI prevista tra il 2006 e il 2011, quando a causa del Governo Berlusconi II ricevette l’esenzione ora annullata dall’UE. Però in pochi ne parlano. Come mai c’è molta omertà in merito all’argomento?

La ragione è semplice: i politici evitano di inimicarsi le gerarchie ecclesiastiche. È una visione miope, anche perché l’elettorato non è più quello del dopoguerra. Questi privilegi economici riservati alla Chiesa sono sempre più indigesti anche agli stessi credenti. 

-In Francia una scioccante inchiesta ha rivelato come tra il 1950 e il 2020 ci siano state circa 330 mila vittime di abusi sessuali da parte di preti e pedofili, i quali si stimano essere almeno tremila. Questo ovviamente apre la questione in merito al processo del clero. Secondo l’UAAR, è giusto che i preti siano processati nello Stato di appartenenza, ovvero quello del Vaticano, oppure dovrebbero essere processati nello stato in cui predicano?

Già adesso i preti che commettono crimini sul territorio italiano dovrebbero essere processati dalla giustizia italiana. Alle difficoltà da parte delle vittime a sporgere denuncia, a causa del  condizionamento sociale e al ruolo di “pastore” del chierico nei confronti del fedele, si aggiungono gli enormi problemi del solito Concordato. A causa del quale la Chiesa è una sorta di stato nello Stato: se un chierico viene trasferito in territorio vaticano occorre procedere con richieste di estradizione (che difficilmente vengono concesse); se viene a conoscenza di reati non è tenuto a riferirli alle autorità civili se hanno a che fare con il suo “magistero”. Ma soprattutto il Concordato prevede la “clausola salva-preti”: un pubblico ministero deve avvisare il vescovo locale per disporre intercettazioni ambientali se la notizia di reato è a carico di un prete. In pratica viene avvisata l’organizzazione che viene messa sotto indagine.

RIPRODUZIONE RISERVATA ©

Giornalista regolarmente tesserato all'Albo dei Giornalisti di Puglia, Elenco Pubblicisti, tessera n. 183934. Pongo domande. No, non sono un filosofo (e nemmeno radical chic).