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Adelina

L’hanno abbandonata come un cane, sul ciglio di una strada trafficata da auto veloci, dove la vita diventa una roulette, spesso finita sull’asfalto. Adelina è morta così. Si è suicidata.

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foto di Maddalena Celano

di Mario Gianfrate

L’hanno abbandonata come un cane, sul ciglio di una strada trafficata da auto veloci, dove la vita diventa una roulette, spesso finita sull’asfalto.

Adelina è morta così. Si è suicidata. Tra l’indifferenza e la latitanza delle Istituzioni, innanzitutto, lontane anni luce dai bisogni della gente povera, insensibile alle richieste disperate della gente che non ha neppure i mezzi materiali per sopravvivere.

Adelina vittima di tratta degli esseri umani che, con la sua denuncia, ha consentito di catturare numerosi criminali dediti a trarre profitti illeciti e cospicui mettendo sulla strada della prostituzione giovani donne, adolescenti indifese con canagliesca e selvaggia violenza. Se ne erano più volte, di lei, occupate le televisioni. Ma solo per fare scoop, per poi disinteressarsene senza scrupoli.

Adelina vittima di un cancro maligno che chiede, invano, la cittadinanza per poter trovare i soldi per le medicine.  Negarla è un’azione indegna, fuori da ogni barlume di umanità ormai dispersa. In molti porteranno   sulla coscienza – se ne hanno – il peso di questa morte, di questo suicidio che, in realtà, è un assassinio.

Adelina senza il becco di un quattrino, senza una dimora stabile, senza una vita degna di essere vissuta. Perché le Istituzioni – queste Istituzioni – si preoccupano solo di salvaguardare i privilegi di chi li gode, di tutelare gli interessi di chi ha sontuosi conti in banca, di alimentare la ricchezza di ceti dominanti e di politicanti scaltri.

Forse, vivere onestamente è inutile; ha ragione Corrado Alvaro. Invece di avere riconoscenza, infatti, Adelina è stata trattata in malo modo.

Hanno abbandonato Adelina come un cane, sul ciglio di una strada. Non si abbandonano i cani. E Adelina non era un cane, era una persona. La nostra cattiva coscienza.

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