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Attualità

Stato d’emergenza o d’eccezione?

La risalita della curva dei contagi impone al Governo Draghi di prorogare lo stato d’emergenza al 31 marzo 2022. Tuttavia sotto l’aspetto costituzionale potrebbe non essere così facile, inoltre ci sarebbe da considerare l’opposizione dei partiti di destra, appartenenti alla traballante maggioranza parlamentare. Altro rischio inoltre, forse anche più grave della “pandemia dei non vaccinati”, è di essere catapultati nello “stato d’eccezione”.

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Immagine presa da Wikimedia Commons, pertanto di dominio pubblico

di Alessandro Andrea Argeri.

Mario Draghi ha deciso: proroga dello stato d’emergenza fino al 31 marzo per l’Italia, in vigore da gennaio 2020, quando il Governo Conte II optò per questa prima soluzione per fronteggiare la pandemia da covid-19. Tuttavia la legge impone non possa durar esso più di un anno, quindi questa volta per mantenerlo in vigore servirà di più di un semplice atto del Consiglio dei Ministri. Sarà necessario infatti passare attraverso una norma primaria in Parlamento, dove Fratelli d’Italia ha già dichiarato ferma volontà di opporsi, la Lega resta titubante con la solita politica di sostenere due concetti opposti nello stesso discorso, le restanti compagini faticano ad esprimersi. Dunque, resteremo in Stato di emergenza o finiremo in Stato d’eccezione?

Nella foto, da sinistra a destra, il Presidente francese Immanuel Macron, il Presidente della repubblica uscente Sergio Mattarella, il Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi, il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio (M5S).

Con la dichiarazione dello “Stato d’emergenza” i poteri del Presidente del Consiglio vengono ampliati con “funzioni speciali”. Oltre alla proroga dell’incarico di commissario straordinario per l’emergenza covid-19 al generale Figliuolo, il Governo può ricorrere agli ormai famosi DPCM, attraverso i quali impone restrizioni o nuove norme come lo sono state l’obbligo delle mascherine, distanziamento sociale, smart working per le aziende, mentre le regioni possono continuare a firmare ordinanze speciali, tuttavia comunque impugnabili dai tribunali amministrativi regionali (TAR), come accadde con le disposizioni per la didattica a distanza a libera scelta sostenute dal Governatore della Regione Puglia Michele Emiliano per l’anno scolastico 2020-2021. Non saranno inoltre necessarie gare d’appalto tra i fornitori di beni utili a fronteggiare la pandemia, né un confronto tra le offerte di quest’ultimi. Resta in vigore anche il Comitato tecnico scientifico, gli incaricati di definire il colore delle singole zone ogni settimana.

L’Italia è in Stato d’emergenza da gennaio 2020, quando a malapena si sapeva dell’esistenza di “una possibile pandemia”, prima ancora di scoprire come l’oriente non fosse poi tanto lontano dal resto del mondo in termini di diffusione spaziale. Allora non c’erano né i vaccini né una società sensibilizzata alla prevenzione, né tantomeno un’ideologica guerra civile con tanto di nemico pubblico, un tempo quell’ingrato ruolo era riservato agli immigrati, alle minoranze, ai poveri, ai diversi.

A suo modo l’opinione pubblica era comunque divisa, però almeno gli italiani non combattevano tra loro per sostenere due concetti opposti di libertà, entrambi relativi oltre che fallaci, orchestrati da un tipo diverso di propaganda. Secondo la legge dopo un anno lo Stato d’emergenza non può più essere prorogato con un semplice atto. Il rischio è quindi quello di cadere nello “Stato d’eccezione”, motivo delle perplessità espresse da alcuni filosofi reinventatisi virologi per l’occasione degli ultimi tempi.

Tuttavia l’obiettivo di questo articolo non è quello di ricalcare scellerate tesi apocalittiche, ma di riflettere in merito a una possibilità imminente, considerata la difficoltà di prorogare lo Stato d’emergenza, oltretutto osteggiato in Parlamento dagli stessi partiti di destra presenti nella maggioranza di Governo. La democrazia è un bene da valorizzare, una conquista da difendere, un diritto da preservare anche nei periodi di crisi. Per questo lo Stato d’emergenza dettato da un periodo difficile non deve essere una scappatoia imboccata dal Presidente del Consiglio per aggirare il confronto con il Parlamento, poiché è storicamente dimostrato come a lungo andare l’emergenza diventi eccezione.

Parliamo di Stato d’eccezione quando si verifica una particolare situazione, sia essa una guerra, una catastrofe naturale o una pandemia, per cui vengono sospese le caratteristiche tipiche dello Stato di diritto, ovvero le leggi ordinarie, senza le quali possono essere lesi i diritti individuali dei cittadini. Introdotto per fronteggiare una crisi imminente, con “l’abitudine” della crisi lo Stato d’eccezione può perdere la propria “eccezionalità” per divenire “normalità”, in una déblacle, rapida o meno, delle istituzioni, in cui l’eccezione diventa una regola.

In merito a ciò, il politologo tedesco Carl Smith affermava: “una norma generale, contenuta nell’articolo di legge normalmente vigente, non può mai comprendere un’eccezione assoluta e non può perciò neppure dare fondamento pacificamente alla decisione secondo la quale ci si trova di fronte ad un vero e proprio caso di eccezione non si può affermare con chiarezza incontrovertibile quando sussista un caso d’emergenza, né si può descrivere dal punto di vista del contenuto che cosa possa accadere quando realmente si tratta del caso estremo di emergenza e del suo superamento. Tanto il presupposto quanto il contenuto della competenza sono qui necessariamente illimitati”.

In pratica: il “caso limite” non ha alcun limite. Ovviamente nessuna costituzione prevede il suo legittimo sovvertimento, ma proprio in questo l'”emergenza” si differenzia dall'”eccezione”. Sovrano è chi decide sull’eccezione, mentre la burocrazia regola la normalità. In tal senso, un governo commissariato mira a conservare l’ordine vigente, un governo sovrano a instaurarne uno nuovo.

Dunque l’emergenza è conservativa, l’eccezione è innovativa. <<All’emergenza si ricorre per rientrare quanto più presto è possibile nella normalità>> afferma ancora Smith <<All’eccezione si ricorre invece per infrangere la regola e imporre un nuovo ordine. Lo stato d’emergenza presuppone la stabilità del sistema, l’eccezione, al contrario, il suo disfacimento che apre la strada a un sistema diverso>>. Ancora, nell’eccezione lo Stato è al di sopra dell’ordinamento giuridico, sebbene appartenga ad esso, pertanto nemmeno la magistratura costituirebbe un limite, anzi, proprio l’appartenenza giuridica permetterebbe al governo di sciogliere il vincolo al quale è sottoposto, così da non appartenere più all’ordinamento giudiziario, sul quale manterrebbe il potere di sospensione, così come lo avrebbe anche sulla carta costituzionale.

Per Platone lo Stato è “l’uomo in grande”, per Hobbes un “leviatano onnipotente”, esso è pertanto incline agli istinti di conservazione, infatti: <<Nel caso d’eccezione, lo stato sospende il diritto, in virtù, come si dice, di un diritto di autoconservazione>>. Lo stato d’eccezione è il ritorno al periodo pre-giuridico, in cui l’unico diritto è quello di potenza del governante, di gran lunga superiore alla legge, anche se <<l’autorità dimostra di non aver bisogno di diritto per creare diritto>>. Può sembrare un paradosso, tuttavia un sovrano trae la propria autorità dal potere politico. A differenza della magistratura non ha bisogno del diritto per esistere. Quindi “spinto dall’emergenza” lo Stato sospende il diritto giuridico in virtù di un fine superiore: l’autoconservazione della sovranità.

Dissolto lo Stato di diritto, il potere politico taglia i rapporti con l’etica, diviene sempre più autonomo, espansivo, invasivo, autoritario, dispotico. Viene meno il confronto democratico, il principio di inviolabilità dell’uomo, la pluralità di idee, le libertà d’espressione, di parola, d’opinione. Ogni regola ammette un’eccezione, ma quest’ultima è una norma giustificata dall’utilità, concezione di sopravvivenza del potere, in merito al quale sempre Smith afferma: <<Un potere che si effonda ciecamente distrugge se stesso; esso deve seguire certe regole e convenienze dirette ad un fine, perché possa mantenersi ed accrescersi. Prudenza e violenza devono quindi unirsi nell’esercizio del potere>> Nello stato d’eccezione lo Stato rivendica quindi il diritto di autoconservazione per salvaguardare la propria esistenza, incrementa i propri poteri, ma se questi vengono esercitati senza una giusta etica, si arriva paradossalmente ad innescare l’autodistruzione del governo stesso, poiché <<Nessun potere politico può ignorare o violare a lungo il diritto e i diritti, e conservare pacificamente se stesso, sia all’interno che all’esterno>>.

Grazie alle continue emergenze, prima i cesaricidi da combattere, poi la guerra civile con Marco Antonio, Ottaviano Augusto svuotò il senato romano dei suoi poteri fino a diventare “princeps inter pares”: un artificio retorico creato ad hoc per giustificare lo status di unico, vero dittatore. Napoleone, morto esattamente due secoli fa, usò lo stato d’eccezione per attuare il proprio programma di governo, dal quale la Francia ne uscì devastata, al prezzo di milioni di vite, privata dei territori più importanti, oltretutto con il ritorno alla monarchia scacciata con la storica Rivoluzione.

In una situazione difficile da governare, come è la pandemia ora, serve uno Stato forte, capace di decidere nell’immediato, tuttavia affidarsi al legislatore implica la consegna a quest’ultimo dei propri diritti da parte dei governati. Sicuramente in Italia la democrazia non è in pericolo come lo è in altri stati, si pensi ad esempio ai governi autoritari presenti in Bielorussia, Ungheria, Polonia, Russia, Cina o altre nazioni ancora, tuttavia è dovere di ogni cittadino esprimere i propri dubbi, timori, perplessità per prevenire il crollo dell’ordine democratico.

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Giornalista regolarmente tesserato all'Albo dei Giornalisti di Puglia, Elenco Pubblicisti, tessera n. 183934. Pongo domande. No, non sono un filosofo (e nemmeno radical chic).