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Se la fake new riguarda il traditore di Anne Frank

Chi denunciò i Frank facendone scoprire il nascondiglio? È notizia di pochi giorni fa che il delatore sarebbe stato individuato. Si tratterebbe di un notaio ebreo, Arnold van der Bergh, che tradì per avere salva la propria vita e quella dei propri cari. Questo nome era già noto ad Otto Frank, poiché una lettera anonima glielo aveva fatto, ma il padre di Anne riteneva più importante investire le proprie risorse altrove. Quanto di vero o di verosimile c’è dunque nella tesi che la scrittrice canadese Rosemary Sullivan espone nel libro “Chi ha tradito Anna Frank. Indagine su un caso mai risolto”? La comunità ebraica e gli studiosi stanno manifestando molti dubbi sull’attendibilità della ricerca, nella quale sarebbero coinvolti anche un cineasta, uno storico ed un ex agente dell’FBI. Non è quindi fuori luogo domandarsi “cui prodest?” una simile operazione mediatica, fatalmente coincidente con le imminenti celebrazioni del Giorno della Memoria.

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di Rosamaria Fumarola

Otto Frank fu tenente dell’esercito tedesco, decorato con la Croce di Ferro durante la prima guerra mondiale. A guardarlo nelle foto che lo ritraggono a quel tempo, se ne ha l’impressione dell’ariano perfetto: elegante, con uno sguardo che tradisce l’ambizione che lo porterà a diventare un uomo di successo. La divisa da Gestapo gli sarebbe stata a pennello.

Al suo ritorno in Germania, si dedica alla direzione della banca di famiglia, si sposa e mette al mondo due figlie, Margot ed Annelies Marie ma, poco dopo, la salita al potere di Hitler lo convincerà che la sola cosa saggia da fare sia abbandonare per sempre il suo paese. Raggiunge così i Paesi Bassi e diventa imprenditore. Non molti anni dopo i nazisti invaderanno anche quei territori ed Otto Frank e la sua famiglia si nasconderanno in un alloggio segreto. Trascorreranno lì più di due anni, fino al giorno in cui il nascondiglio sarà scoperto e tutti saranno arrestati e deportati ad Auschwitz. Nella deportazione i Frank saranno separati e non si incontreranno mai più. Solo l’ex tenente che aveva combattuto a Cambrai sopravviverà,  nascondendosi nell’infermeria del campo e sottraendosi così alla marcia della morte del gennaio del 45. Ritornerà ad Amsterdam, dove però ad attenderlo non troverà né moglie né figlie. Un’amica, Miep Gies, gli consegnerà però gli scritti di  Anne, che aveva trovato e raccolto nel nascondiglio dopo il suo arresto. Otto Frank trascorrerà il resto della sua lunga vita nella celebrazione del ricordo della figlia, dopo la decisione di pubblicarne il diario. Di quegli scritti dirà che gli avevano restituito una Anne che non conosceva, riuscendo a suscitare la disarmante tenerezza che molti, da figli o da genitori, hanno provato nel rapporto con quella rivoluzione dalle conseguenze imprevedibili che è l’adolescenza.

Tutti, nella lettura del diario si saranno prima o poi domandati come mai i Frank furono scoperti, senza trovare però risposta: non si conobbe mai la ragione o il nome del responsabile di quelle deportazioni. È però probabile che nessuno consideri questo un fatto necessario per la comprensione del contenuto delle pagine, la cui bellezza coinvolge chi legge, trasportandolo in un mondo che lascia sullo sfondo ogni altra considerazione. Altrettanto probabile è che chi si sia legittimamente chiesto quale fu la ragione per cui i Frank furono scoperti, si sia risposto che non è poi così importante, visto che milioni di innocenti finirono nelle camere a gas per la volontà e le scelte politiche naziste e che dunque le responsabilità vadano cercate lontano da quell’appartamento con un nascondiglio dell’Amsterdam del secondo conflitto mondiale. Eppure vi sono almeno due ordini di ragioni che smentiscono una simile impostazione. Il primo è che esiste sempre ed è moralmente e giuridicamente rilevante, una responsabilità dell’individuo, che sceglie di compiere alcuni atti oppure no e che è sempre libero, sia pure nella maniera in cui un uomo lo può essere e cioè imprigionato dalle inevitabili e più o meno sgradevoli contingenze. Un secondo ordine di ragioni riguarda le verità della storia e di quanti se ne occupano per comprenderla e farla comprendere. Per quest’altra categoria di motivazioni gli atti e le scelte individuali sono altrettanto rilevanti. Non contemplo altre categorie come quella riguardante le domande che l’individuo fa alla realtà per ragioni private e che comunque non possono prescindere dalla necessità di individuare la verità da un punto di vista storico. 

Chi dunque denunciò i Frank facendone scoprire il nascondiglio? È notizia di pochi giorni fa che il delatore sarebbe stato individuato. Si tratterebbe di un notaio ebreo, Arnold van der Bergh, che tradì per avere salva la propria vita e quella dei propri cari, così come in effetti pare che fu. Questo nome era già noto ad Otto Frank, poiché una lettera anonima glielo aveva fatto, ma il padre di Anne riteneva più importante investire le proprie risorse altrove e il suo punto di vista è in gran parte comprensibile oltreché condivisibile. 

Di diverso avviso sono evidentemente Rosemary Sullivan, autrice del libro “Chi ha tradito Anne Frank. Indagine su un caso mai risolto” ed i suoi collaboratori,  tra cui un ex agente dell’FBI, un cineasta ed uno storico, che avrebbero lavorato a quello che considerano una sorta di “cold case” per sei anni, partendo dalla missiva anonima ricevuta da Otto ed approdando alla conferma del nome in essa contenuto. La notorietà di Anne e del suo diario hanno garantito in ogni parte del mondo grande risalto ai risultati della ricerca, resi noti (che straordinaria coincidenza!) proprio a pochi giorni dalle celebrazioni del Giorno della Memoria, cosa che già da sola non poteva non insospettire e non soltanto il mondo ebraico. Quest’ultimo ha manifestato i propri dubbi sull’attendibilità della  tesi della scrittrice canadese, individuando in essa un’operazione mediatica costruita affrettatamente su basi fragili e diffamatorie, che non fanno luce su chi e perché scrisse quella lettera e se il suo contenuto fosse vero. Nel libro il notaio, che faceva parte del Consiglio Ebraico Olandese, avrebbe fornito ai nazisti gli indirizzi dei nascondigli nei quali si trovavano gli ebrei, ma se da un lato, per evitare il peggio, il Consiglio è provato che abbia collaborato con i nazisti, dall’altro non vi è prova alcuna dell’esistenza di liste di ebrei nascosti e men che meno che fossero nelle mani del Consiglio, nel quale nessuno riponeva la propria fiducia. Va osservato peraltro che se tale lista fosse stata davvero consegnata, vi sarebbero stati decine di rastrellamenti, che in realtà non vi furono mai. Inoltre il Consiglio si sciolse ben prima dell’arresto della famiglia Frank ed il notaio avrebbe dunque agito a titolo esclusivamente personale. Anche su questo tuttavia, autorevoli storici e studiosi della Shoah manifestano compatti i loro dubbi, ritenendo al contrario che Arnold van den Bergh sia assolutamente estraneo alle accuse che gli vengono indirizzate, contro le quali, essendo morto non ha modo di difendersi.

La notizia che finalmente si era giunti a conoscenza del nome del traditore dei Frank ha nonostante ciò, molto entusiasmato la stampa del belpaese, che pur di darla in pasto al proprio pubblico ha rinunciato a porsi anche le domande più elementari, o almeno a sottoporle all’attenzione degli studiosi. 

La vicenda della definitiva scoperta del nome del traditore di Anne Frank sembra trovare dunque la sua ragion d’essere nel tornaconto personale di chi si è dedicato alla scrittura del libro, ma senz’ombra di dubbio finisce col nuocere alla causa di chi non ha nient’altro che la verità da auspicarsi, avendo già perduto tutto ciò che rende l’esistenza umana un significante degno dell’appellativo. 

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Scrittrice, critica jazz, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano