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La Polonia e la sua idea di Europa

La Polonia è in questo difficile momento dipinta come il paese più efficiente nell’accoglienza dei profughi ucraini. Continua però ad aumentare il numero degli studenti di colore discriminati e picchiati mentre cercano di fuggire dall’Ucraina, costretti spesso a procedere per chilometri a piedi o a rinunciare e far ritorno nelle città bombardate dai russi. A ben guardare però questo non è un fatto nuovo. Solo qualche mese fa, a novembre, le autorità polacche nel respingimento di profughi allora siriani, avevano lasciato morire di freddo un bambino fuori dal proprio confine. Anche questo è espressione delle contraddizioni che animano l’attuale crisi.

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Credit foto Pinterest

di Rosamaria Fumarola

Forse un giorno la storia racconterà anche questo, di qualcuno che è stato buttato fuori da un autobus o da un treno ucraino o polacco mentre sfuggiva alla guerra, perché nero. In realtà è accaduto anche a siriani, indiani, arabi, molti dei quali studenti universitari, costretti dalle forze di sicurezza ucraini e dai funzionari di frontiera polacchi a raggiungere il confine a piedi. Alcuni hanno attribuito la responsabilità degli accadimenti ai mancati accordi dei paesi d’origine con le autorità ucraine e polacche, ma i rappresentanti di stati come la Nigeria si sono affrettati a smentire ed a sottolineare come siano innumerevoli i video che comprovano il razzismo, la violenza, gli insulti verso profughi non ucraini, da quando è incominciato l’insensato attacco russo. Tra gli altri, i paesi africani membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite hanno condannato tanto i maltrattamenti dei popoli africani in fuga dall’Ucraina, quanto di quelli che attraversano il Mediterraneo. 

Testimoni affermano comunque che la Polonia rifiuta l’asilo e che gli alberghi ospitano esclusivamente profughi ucraini. Le autorità polacche negano quanto viene loro addebitato, sostenendo che la priorità del transito è riconosciuta a donne e bambini ed è per questo che studenti maschi di colore vengono momentaneamente respinti. Sono moltissime tuttavia le testimonianze di studentesse africane maltrattate e picchiate, alcune delle quali hanno preferito, per evitare di morire assiderate, senza cibo ed acqua, tornare a Leopoli.

La guerra è anche questo. Peraltro, mentre prodiga come non mai, la Polonia accoglie gli ucraini in fuga, continuano gli sbarchi nel Mediterraneo di uomini e donne che se non fuggono dalla guerra, lo fanno dalla miseria, dalla violenza e dalla fame e che attendono, quando fortunati, tempi lunghissimi prima di vedersi riconosciuto il diritto allo sbarco, ad aver salva la vita. I loro occhi sono nella maggior parte dei casi atterriti oltre ogni misura ed il numero di quanti nella traversata perdono la vita è sempre altissimo, ma questo non ha mai interessato davvero l’opinione pubblica europea, almeno non quanto le tragiche vicende che stanno riguardando l’Ucraina. Si obietterà che l’attacco di Putin non può essere considerato come una violazione circoscritta e senza conseguenze a catena per gran parte dell’occidente e questo è senz’altro vero. Le mie osservazioni sul conflitto in atto non sono però di natura politica, ma intendono solo stigmatizzare una questione, quella relativa al diverso trattamento riservato ai profughi. Non sono peraltro tra coloro i quali gridano per tali fatti allo scandalo, visto che a scandalizzarsi siamo sempre stati in pochi. No, io ritengo che questa guerra atroce che gli ucraini stanno subendo possa essere un’occasione di crescita per tutti noi e che ciò debba avvenire anche gridando a voce alta ciò che appare aberrante, affinché chi voglia o possa, ne prenda atto. La verità deve produrre conseguenze ed è per questo che va brandita, questa sì come un’arma. 

Peraltro, non più tardi dello scorso novembre, un neonato siriano è morto di freddo sul confine bielorusso nel tentativo vano di entrare in Polonia.  Sulla vicenda aveva espresso tutta la sua indignazione anche il compianto David Sassoli.  È evidente che tale tragedia sia espressione della medesima crisi in atto oggi tra Russia ed Ucraina ed è altrettanto evidente come in tale scontro i destini dei singoli vengano considerati irrilevanti. Eppure nell’era che viviamo il singolo ha voce e può esprimersi con svariati mezzi, non è più un numero che il tiranno di turno può usare come un soldatino per dar forza al suo ego malato. Su questo piano Putin ha senz’altro già perso,  perché la storia, nonostante il suo impegno,  non fa salti indietro. Ed allora come leggere il razzismo che la Polonia sta dimostrando nei confronti di chi non sia ucraino? Come leggere il suo intervento da manuale nel soccorrere i profughi bianchi respingendo quelli di colore? Forse nel solito modo e cioè che non esiste la libertà come principio assoluto. Si è infatti liberi sempre a scapito di qualcun’ altro, da considerare inferiore e da poter usare. Persino l’insensato attacco di Putin non dimostra altro che il perdurare del vigore di questa legge nella regolazione dei rapporti tra gli esseri umani. Perché infondo se fossimo tutti liberi (ucraini, nigeriani, siriani, russi etc.) qualcuno potrebbe perdere una fetta di torta che era abituato a considerare come propria e ciò produrrebbe nocumento alla proprie finanze ed al proprio orgoglio. Non so quando finirà quest’ultimo conflitto, so che però quando accadrà, qualcuno al quale forse non abbiamo mai pensato pagherà il conto, sarà meno libero e più schiavo, per permettere ad altri il godimento pieno di una malintesa idea di libertà.

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Scrittrice, critica jazz, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano