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DAL COTONE AI POMODORI, DAL MISSISSIPPI A LATINA: I NUOVI SCHIAVI

Viviamo un periodo di grave crisi economica, che la guerra in Ucraina può solo peggiorare. L’imperativo è ridurre i costi. In primis il costo del lavoro. Le paghe.
Un lavoratore italiano ha già poche tutele. Figuriamoci quali tutele può avere un bracciante indiano o africano tenuto chiuso in un casolare di campagna

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credit foto "caporalato" by Radio Alfa is marked with CC BY-NC-SA 2.0.

Di Pierdomenico Corte Ruggiero

La schiavitù ha segnato ogni epoca della storia dell’umanità. Molti imperi hanno costruito opere monumentali con il sangue degli schiavi.

In epoca più moderna, la schiavitù è legata agli Stati Uniti d’America. Una storia raccontata ad esempio nelle pagine del romanzo “La capanna dello zio Tom”. La guerra di secessione americana nasce dalla schiavitù.

La schiavitù dovrebbe essere una pagina non più attuale della nostra Storia. Un qualcosa del passato.

Invece no. Esistono schiavi anche oggi, nel 2022. Anche in Italia.

Costretti a lavorare nei campi per raccogliere prodotti agricoli. Pagati poco o nulla. Con condizioni di vita tremende.

Come nelle campagne dell’Agro Pontino, in provincia di Latina. Caratterizzata da una produzione agricola d’eccellenza.

I braccianti sono in maggioranza indiani sikh e africani.

La comunità sikh in provincia di Latina conta circa ventimila persone. Arrivano in Italia grazie a mediatori, che promettono una vita migliore in Italia. Trovano invece sfruttamento. Devono restituire un debito di circa 12 mila euro, per il viaggio.

Picchiati per aver chiesto una giusta paga, tenuti a lavorare sotto il sole per ore. La Procura generale di Roma indaga anche per casi di abusi sessuali ai danni di donne, braccianti di nazionalità indiana.

Pochi conoscono l’italiano, questo rende ancora più difficile far valere i propri diritti. Inoltre, sull’Agro Pontino c’è l’ombra delle agromafie.

Negli Stati Uniti la schiavitù era legale. Da noi paradossalmente la situazione è peggiore. Perché esistono leggi contro la schiavitù, esistono articolazioni dello Stato incaricate dei controlli. Nei fatti, però, la schiavitù esiste lo stesso.

Non bisogna demonizzare le aziende agricole. La grande maggioranza lavora onestamente e con sacrificio. Con molte difficoltà. Costretti a vendere i propri prodotti a prezzi molto bassi. Mentre il prezzo finale al consumatore è alto. Con molte spese e incognite. Basta una grandinata per creare grossi problemi economici. La raccolta richiede spesso molta manovalanza, con i relativi costi.

Ovviamente questo non giustifica lo sfruttamento dei braccianti. Serve a far capire che la nuova schiavitù si può combattere solo con una azione corale e coordinata.

Lo Stato deve offrire sostegno alle aziende agricole virtuose. Deve garantire tutela e integrazione ai braccianti. Serve anche la consapevolezza del consumatore. Non compriamo semplicemente dei pomodori. Non basta guardare il prezzo.

Viviamo un periodo di grave crisi economica, che la guerra in Ucraina può solo peggiorare. L’imperativo è ridurre i costi. In primis il costo del lavoro. Le paghe.

Un lavoratore italiano ha già poche tutele. Figuriamoci quali tutele può avere un bracciante indiano o africano tenuto chiuso in un casolare di campagna.

Nel 1970 i lavoratori italiani festeggiavano la conquista dello statuto dei lavoratori. La legge n.300 del 20 maggio 1970. Erano sicuri di lasciare ai propri figli un’Italia ricca di lavoro e tutele.

Non potevano immaginare la precarietà del 2022, l’art.18 dello statuto dei lavoratori cancellato dal partito degli eredi del Partito Comunista Italiano.

Il lavoro non deve solo garantire i soldi necessari per vivere. Deve garantire dignità. Sempre più rara.

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