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QUANDO LA VIOLENZA ENTRA NEL MULINO BIANCO

Mostri come quelli che hanno armato la mano di Alessandro Maja. La sua era definita la classica famiglia da Mulino Bianco. Lui, la moglie e due figli. Una splendida villetta a Samarate in provincia di Varese. Lui brillante imprenditore, la moglie che lavorava come consulente di prodotti per la pelle. Una figlia di 16 anni brillante studentessa e un figlio di 23 anni che studiava per diventare pilota d’aereo. Una agiata situazione economica.
Tutto perfetto quindi. Dall’esterno forse. La realtà è tragicamente diversa. Alessandro Maja si stava destrutturando. Secondo le cronache, i rapporti con la moglie erano logori e una separazione più che possibile. Maja, quindi, probabilmente teme di perdere tutto. Comincia a odiare la propria famiglia. Pianifica la vendetta

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credit foto "Violenza domestica" by VanessaO is marked with CC BY 2.0.

Di Pierdomenico Corte Ruggiero

La pubblicità, per sua natura, deve creare e mostrare un mondo perfetto. Idilliaco.

Una visione del mondo che a volte entra nel linguaggio comune.

“La famiglia del Mulino Bianco”, espressione usata per indicare la famiglia perfetta e serena. Perfezione e serenità creata in famosi spot pubblicitari per una nota azienda.

Creata è la parola chiave. Perché nella realtà la famiglia del Mulino Bianco non esiste. Ovviamente e per fortuna esistono tantissime famiglie serene e felici. Perfette però no.

Non esiste proprio il concetto di perfezione. Ciò che chiamiamo perfezione è in realtà apparenza. L’apparenza può nascondere terribili segreti e terribili mostri.

Mostri come quelli che hanno armato la mano di Alessandro Maja. La sua era definita la classica famiglia da Mulino Bianco. Lui, la moglie e due figli. Una splendida villetta a Samarate in provincia di Varese. Lui brillante imprenditore, la moglie che lavorava come consulente di prodotti per la pelle. Una figlia di 16 anni brillante studentessa e un figlio di 23 anni che studiava per diventare pilota d’aereo. Un’agiata situazione economica.

Tutto perfetto quindi. Dall’esterno forse. La realtà è tragicamente diversa. Alessandro Maja si stava destrutturando. Secondo le cronache, inizia ad avere il terrore di perdere il proprio patrimonio. Comincia a odiare i propri famigliari colpevoli, nella sua mente disturbata, di sperperare soldi. Pianifica la vendetta.

Che arriva. Alessandro Maja uccide la moglie e la figlia usando martello, coltello e trapano. Riduce in condizioni gravissime il figlio. Tenta poi il suicidio ma sopravvive.

Una vicenda tremenda ma non isolata. Accade spesso.

La paura di perdere qualcosa o qualcuno porta ad uccidere. Perdere del denaro, perdere la posizione sociale. Il rifiuto di lasciare libera una persona che non ci ama più.

La nostra vita si regge molto sull’apparenza e sull’immagine sociale. Dobbiamo vestire in un certo modo, parlare in un certo modo. Avere uno stile di vita uniformato. Il matrimonio, fare figli entro una certa età, una casa di un certo livello, una macchina di un certo tipo. Tutto ciò arriva a darci sicurezza. Avere il giusto inserimento nella società è l’obiettivo. Ci sentiamo realizzati.

Però cosa succede se ci sono imprevisti? Possono capitare problemi economici; un matrimonio può finire; un licenziamento; i figli non arrivano.

Possiamo reagire facendo sacrifici, accettando sia di perdere la nostra posizione sociale e sia i giudizi cattivi sul nostro presunto fallimento. L’alternativa è andare con violenza contro la realtà che cambia. Per paura di perdere tutto diventa accettabile uccidere. Con il risultato di perdere comunque tutto. Anche l’anima.

Oggi troviamo sempre la posizione. App e GPS ci guidano ovunque. Possiamo sapere dove siamo, troviamo su Wikipedia ogni risposta ad ogni domanda. Bello vero?

Perdiamo, però, con facilità noi stessi. Abituati a mettere le tante maschere che Pirandello ha narrato.

Che poi pensandoci bene esiste la risposta ad ogni dubbio, esiste la bussola per non perdere se stessi: è l’amore.

L’amore per se stessi e per gli altri. Impariamo così tante cose ma spesso dimentichiamo l’amore.

La fragilità non è una vergogna, i fallimenti non sono una vergogna. Per fortuna non siamo perfetti. Non viviamo per possedere.

Serve una diversa istruzione scolastica che possa trasmettere il vero senso della vita. Serve una valida rete di sicurezza sociale e giudiziaria per rilevare ogni segno di disagio nelle persone e nelle famiglie.

Non esiste il Mulino Bianco ma esiste la nostra imperfetta e comunque meravigliosa vita che è nelle nostre mani. Fatte per creare non per distruggere.

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