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Vodka russa nella peroni

Draghi, Macron, Scholz: tutti a Kiev da Zelensky. Non proprio il viaggio “on the road” alla ricerca di sé stessi in pieno stile hollywoodiano, ma ci piace comunque dato l’“odore inebriante” di un’Europa appena sveglia. Eppure nel gruppo dei grandi leader pacifisti si registra una grande, inspiegabile, stupefacente assenza.

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Credit foto: Twitter, immagine senza licenza.

di Alessandro Andrea Argeri

Tre mesi a ripetere “la politica è mediazione”, ebbene finalmente si sceglie la diplomazia. I tre principali leader europei sono andati da Zelensky a portare un messaggio di pace, nonché un segnale di sostegno alla democrazia contro i prepotenti totalitarismi del secolo scorso. Le critiche ovviamente non sono mancate, ma i filo-putiniani, si sa, sono il tipico caso di vodka russa nella Peroni: credono di bere birra, invece nel bicchiere somministrano Moskovskaya. Poco importa se poi in realtà è prodotta in Illinois. L’importante è richiamare il cliché del “compagno dell’Unione Sovietica” fedelmente riprodotto nei film USA degli anni ’90. Tuttavia, provare a ragionare coi maestri del pensiero, sarebbe accanimento terapeutico.

Personalmente da cittadino europeo ho subito sorriso dopo aver visto lo scatto in cui tre importanti rappresentanti dialogano anziché infangarsi a vicenda come invece accadeva qualche anno addietro. Ho pensato fosse quello un primo spiraglio per veder finalmente giungere l’alba di un’“Europa unita” in cui gli Stati membri cooperano per un presente migliore, non per un futuro indeterminato. Ora c’è la guerra, adesso ci sono i morti, in questo momento soffriamo i rincari delle materie prime.

Poi però mi è sorto un dubbio. Subito mi sono domandato come mai il capitano-ammiraglio-feldmaresciallo nostrano, il fantasmagorico Onorevole “Matthew Selveiney” non fosse lì con loro, se non persino ad aspettarli a Kiev o a Mosca con lo sguardo all’orologio sulla mano sinistra, indignato del ritardo di oltre un mese dei suoi meno illustri colleghi, col volto tutto imbronciato perché “quando si parla di armi non è mai felice”, mentre con la destra ha appena twittato a favore del porto d’armi ai civili, del taiser ai poliziotti, del carcere duro agli spacciatori, gli stessi cattivoni per cui, ad esempio, aveva proposto il sì all’abrogazione della custodia cautelare.

All’immagine dei tre presidenti, gli indicatori base per qualsiasi propaganda politica, ovvero i memi suoi social, già recitavano: “gli eroi di cui abbiamo bisogno”. Effettivamente loro avrebbero potuto essere i Fantastici 4, gli U2 nella metropolitana di Kharviv, i Beatles intenti ad attraversare le strade bombardate di Kiev in un’epoca dominata dai BTS a Los Angeles. Se solo ci fosse stato il quarto componente! Invece si è registrata una pesante, grave, triste assenza. Certo, se al gruppo si fosse aggregato “Matt”, non sappiamo quali altri piatti avrebbe aggiunto Medvedev, nella sua accusatoria ai danni degli occidentali quali “mangiatori di rane, spaghetti, wrustel”. Forse la scelta da parte del nostro illustre rappresentante di “rimanere nei confini nazionali” serviva a preservare l’immagine pubblica. Machiavellico come sempre! Anche se in Italia tra noi italiani siamo abituati ad attribuirci di peggio, specialmente quando dibattiamo in materia di diritti civili.

Il “twittatore” è quindi rimasto tristemente in Italia, da cui ha pensato di lanciare un ultimatum al Presidente del Consiglio del Governo da egli stesso sostenuto. Ma da dove avrà lanciato quel pesante colpo all’ex numero uno della BCE? Ebbene sono andato a controllare il calendario delle prossime sagre cittadine. In questo momento “Matthew” potrebbe trovarsi al “Bierfest – Festa della Birra” a Gressoney Saint Jean (AO). Tanto di andare in Parlamento non ne voleva sapere nemmeno quando era ministro. Insomma ci vuole un attimo per passare dal “viaggio per la pace” al “viaggio per la brace”.

L’immagine copertina di questo articolo non è dunque un “trova l’intruso”, ma uno spaccato della nostra politica. I demagoghi sono forti solo all’opposizione poiché promettono sogni impossibili come fossero dodicenni appena infatuati, poi si sciolgono nei momento in cui devono mantenerle quelle promesse. Il “twittatore” rappresenta il paradosso, pertanto reca in sé tutte le contraddizioni di in un Paese in cui la produzione nazionale di materie prime costa più di quella straniera, comunque in costante aumento, i referendum servono ad ingabbiare la magistratura, le nazioni invase si bombardano da sole mentre Napoleone viene descritto con l’enfasi di un liberatore.

Ma se il mondo dev’essere diviso in bianco o nero, allora è proprio il caso di dire: “viva i grigi”. Più coerenti delle bandiere colorate appese ai balconi prima di recarsi all’aperitivo in centro, d’altronde gli illuminanti criteri di valutazione della verità sembrano più i dettami della confraternita di Assassin’s Creed: “nulla è reale”, “niente è come sembra”. I paradossi sono anche gli stessi: “si promuove la pace, ma si uccide”; “si vuole aprire la mente degli uomini, ma si è i primi a seguire regole severe”; “si rifiuta una fede assoluta, ma si è i primi a praticare una fede ancor più rigorosa”.

Tuttavia Assassin’s Creed è un videogioco, la cui prima immagine è un “disclaimer” dove si chiariscono bene le regole. “Tutti i personaggi e gli eventi storici in questo lavoro” recita l’avviso iniziale “sono stati disegnati, sviluppati e prodotti da un team culturalmente vario in opinioni, orientamento sessuale e identità di genere”. Nella vita reale invece la smentita chi la certifica? Nell’unico Paese in cui il prezzo della benzina è aumentato così tanto da superare quello del vino, “sempre carburanti”, dirà qualcuno, chissà se col perdurare della guerra, un parlamentare di indubbio spessore non si alzerà tra i banchi con una proposta del tipo “bonus Tavernello”, oppure “convertire gli impianti diesel in mosto con pochi solfiti”. Vedremo. Intanto, spero la foto originale possa diventare storica, l’inizio di una nuova Europa. “Per aspera ad astra!”. Belli i tempi in cui il problema di questa Nazione era il latino alle superiori.

Ovviamente, la Peroni non ha mai venduto Vodka russa. Sàtira s. f. – Modo per mettere in ridicolo, con intenti moralistici o polemici, i vizi, le abitudini, le concezioni o gli usi di una categoria di individui o di una singola persona. La satira è un modo di prendere in giro le persone utilizzando un linguaggio stupido o esagerato. I politici sono bersagli facili per la satira, specialmente quando si comportano in modo ipocrita dicendo una cosa e facendo l’opposto. Anche il linguaggio utilizzato nella satira non è destinato ad essere preso sul serio, anche se la satira ben fatta rivela attraverso la presa di giro scottanti e amare verità (Treccani).

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Giornalista regolarmente tesserato all'Albo dei Giornalisti di Puglia, Elenco Pubblicisti, tessera n. 183934. Pongo domande. No, non sono un filosofo (e nemmeno radical chic).