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Cronaca

PROCESSO MOLLICONE, IL MONOLOGO DI FRANCO MOTTOLA

Era il momento tanto atteso nella fase dibattimentale del processo per l’omicidio di Serena Mollicone. La deposizione di Franco, Anna Maria e Marco Mottola. Imputati per l’uccisione della sfortunata ragazza di Arce.
Deposizioni che sono arrivate, con molte sofferenze e colpi di scena.

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credit foto https://casertace.net/omicidio-mollicone-le-tesi-della-difesa-del-maresciallo-dei-carabinieri-casertano-sotto-accusa-smentite-dai-testimoni/

Di Pierdomenico Corte Ruggiero

Era il momento tanto atteso nella fase dibattimentale del processo per l’omicidio di Serena Mollicone. La deposizione di Franco, Anna Maria e Marco Mottola. Imputati per l’uccisione della sfortunata ragazza di Arce.

Deposizioni che sono arrivate, con molte sofferenze e colpi di scena. Marco Mottola si è sottoposto al contraddittorio. Il suo esame, però, è stato bloccato dall’avvocato difensore. A suo dire la Procura utilizzava per le contestazioni dichiarazioni di Marco Mottola inutilizzabili. Dichiarazioni che la Corte d’Assise aveva invece ammesso.

Anna Maria Mottola ha risposto alle domande di tutte le parti processuali.

Le dichiarazioni più attese erano quelle di Franco Mottola. Inizialmente aveva dato la disponibilità al contraddittorio. Disponibilità poi ritirata. Il suo avvocato difensore ha deciso per delle dichiarazioni spontanee. Rilasciate mercoledì scorso.

Molte le polemiche per la scelta di rilasciare dichiarazioni spontanee. La convinzione dell’opinione pubblica è che un innocente non ha paura di rispondere alle domande. Ovviamente non è sempre così. L’imputato può non reggere l’esame ed entrare in contraddizione per ansia e poca lucidità. La difesa sceglie la strategia che ritiene. Certamente non rispondere alle domande lascia sempre delle ombre.

Marco e Anna Maria Mottola hanno dichiarato la loro totale innocenza. Serena non è mai stata nella nuova caserma di Arce.

Franco Mottola nega di aver fatto ritrovare il cellulare di Serena, di aver depistato le indagini, di aver fatto pressioni su Santino Tuzi. Nega ogni coinvolgimento della sua famiglia nella morte di Serena. Dichiara di aver rotto la porta con un pugno dopo un litigio con suo figlio Marco nel marzo 2001. Contesta l’accusa di aver falsificato l’ordine di servizio del 1° giugno 2001. Nessun falso, è stato Santino Tuzi a commettere degli errori. Peccato che Tuzi non possa più rispondere.

Nessuna novità quindi. Era ingenuo aspettarsi dichiarazioni “esplosive”. I Mottola hanno sostenuto la loro totale estraneità, come era ovvio.

Restano alcune considerazioni. Sulle circostanze della lesione alla porta i Mottola hanno rilasciato dichiarazioni confuse e contraddittorie. Circostanza che può prestarsi a doppia lettura. Indice di colpevolezza certo ma anche d’innocenza. Era loro interesse, in caso di colpevolezza, costruire una dichiarazione falsa ma precisa e concorde. Potevano anche modificare la lesione alla porta. Porta che invece rimane dimenticata per sette anni. Ha un senso anche la considerazione che i Mottola non preparano una strategia difensiva perché certi che nessuno avrebbe indagato nella caserma dei Carabinieri.

Sicuramente rischia di diventare un autogol l’accusare Tuzi di aver commesso errori nella compilazione dell’ordine di servizio. Se per difenderti accusi un morto rischi di creare dubbi e ostilità. Non resta che attendere eventuali consulenze grafologiche prodotte dagli avvocati difensori a supporto delle contestazioni a Tuzi. Altrimenti l’autogol sarà inevitabile.

Il processo è alle battute finali. Le tante udienze hanno confermato che l’impianto accusatorio si regge unicamente sulla consulenza della Professoressa Cattaneo. I tanti testimoni non hanno portato elementi nuovi o certezze. Se la Corte d’Assise riterrà che le evidenze scientifiche siano tali da superare il ragionevole dubbio la condanna è certa. Oggettivamente, però, il ragionevole dubbio rischia di restare su aspetti cruciali.

Il movente non è stato individuato con certezza. Le modalità di trasporto e occultamento del corpo sono state ricostruite senza riscontri oggettivi. Dopo ventuno anni, non sappiamo quando è stato abbandonato il corpo di Serena.

Fare queste osservazioni non significa sostenere l’innocenza degli imputati. Che sono non colpevoli fino a sentenza definitiva.

Significa sottolineare l’esigenza di trovare elementi oggettivi. Con questo fine, daremo a breve un contributo con l’analisi dei tabulati telefonici.

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