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Cronaca

Rosa Martucci, la prima vittima di un serial killer rimasto senza nome?

Venerdì scorso a Roma sono state uccise tre prostitute. Due in via Augusto Riboty e una in via Durazzo. Sulla Capitale è sceso l’incubo serial killer. Probabilmente l’assassino sarà individuato in breve tempo grazie anche alle telecamere di sorveglianza. Invece non è mai stato individuato il serial killer che ha ucciso prostitute a Roma tra il 1982 e il 1986.

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Credit foto archivio L'Unità

Di Pierdomenico Corte Ruggiero

Giovedì scorso a Roma sono state uccise tre prostitute. Due in via Augusto Riboty e una in via Durazzo. Sulla Capitale è sceso l’incubo serial killer. Il presunto assassino è stato individuato in breve tempo grazie anche alle telecamere di sorveglianza. Invece non è mai stato individuato il serial killer che ha ucciso prostitute a Roma tra il 1982 e il 1986. La prima vittima fu Rosa Martucci di 20 anni. Rosa aveva già un figlio di 4 anni, buchi sul corpo dai quali entrava veleno e usciva la sua gioia di vivere. Veleno per cui vendeva i suoi 20 anni. Nata a Trastevere, Rosa scopre la droga a 14 anni nei vicoli vicino Santa Maria in Trastevere. Inizia così la sua dipendenza, il buco diventa il triste rito che scandisce le sue giornate. La droga costa ma si è pronti a pagare qualsiasi prezzo quando il corpo reclama quel veleno che ne condiziona il funzionamento. Anche a vendere il proprio corpo e spesso la propria anima. Rosa è bella, giovane e non mancano clienti disposti a pagare per averla. Non mancano nemmeno avvoltoi che pretendono una parte del suo guadagno. A 16 anni mette al mondo una nuova vita che non cambia la sua. La madre di Rosa prende in affidamento il bimbo nato dalla relazione della figlia con un uomo in carcere al momento della nascita della creatura. La vita di Rosa si trascina tra le pensioni in zona stazione Termini e il buco quotidiano.  

A volte quando la speranza sembra morire una seconda possibilità arriva sul serio. Può accadere che il principe azzurro esca dalle pagine dei libri di fiabe per salvare la sua principessa. Walter a dire il vero non è il principe delle favole, non è senza macchia, non vive in un castello ma in un vecchio palazzo vicino Via dei Serpenti. Dei principi delle favole Walter possiede l’amore, amore che aiuta Rosa ad affrontare il percorso di disintossicazione presso l’ospedale S. Eugenio. Percorso oramai quasi terminato. Rosa e Walter uniscono sotto lo stesso tetto le proprie esistenze per affrontare una vita troppe volte matrigna . Anche la prostituzione stava per uscire dalla vita di Rosi ( come si faceva chiamare dalle persone che amava ). La madre di Walter le aveva trovato un lavoro come donna delle pulizie. Che finalmente fosse la volta giusta Rosa lo ha pensato quando ha saputo di essere incinta. Un figlio suo e di Walter. La sorte finalmente paga il suo debito con Rosi, le regala una favola.

Purtroppo però Rosa è capitata nella favola di Cenerentola. La mezzanotte, buia e beffarda, si avvicina per lei. Il 04 aprile 1982 è l’ultimo giorno che Rosa vive con Walter. Una domenica tranquilla fino al primo pomeriggio. Sono le 15 quando esce per incontrare un’amica ( indicata dalle cronache dell’epoca come una prostituta ). Successivamente Rosa insieme alla donna e ad un uomo ( un protettore di origini siciliane secondo i resoconti dei giornali ) si reca in Via dei Cappellari per vedere il figlio. Di Rosa non si avranno più notizie, non buone almeno.

Brutte notizie, le peggiori, arrivano il 07 aprile 1982. Il corpo di Rosa Martucci di anni 20 , andati via troppo velocemente, viene ritrovato vicino le rovine di un castello sull’Appia Antica. Beffardo e cinico destino che ha fatto morire Rosa vicino ad un castello che rovina, Come il suo fatto di sogni pronti a divenire realtà. Vicino al corpo vengono trovate due cinghie e un bastone. Bastone e cinghie di cuoio che hanno dato vita all’arma del delitto : una garrota. La vita è uscita lentamente dal corpo di Rosa, mentre un vile la strangolava. La garrota viene usata generalmente o per dare una lenta morte o per sopperire alla incapacità di strangolare a mani nude. Un sadico o un debole ? Rosa avrebbe difeso senza esitare i suoi 20 anni e la vita che cresceva dentro di se, per questo l’assassino l’ha colpita alla testa prima di strangolarla. L’epoca della morte viene collocata nel pomeriggio di lunedì 05 aprile 1982.

Per poter individuare l’assassino di Rosa è necessario capire il movente del delitto. Le modalità dell’ omicidio portano ad individuare due possibili moventi : 1) Rosa viene uccisa dal suo protettore che non accetta di perdere il guadagno 2) Viene uccisa da un suo cliente ma non per rapina. Le modalità dell’ omicidio di Rosa Martucci sono simili a quelle di altri 10 delitti avvenuti a Roma dal 1982 al 1986. Le vittime erano quasi tutte prostitute. Dei delitti venne accusato Maurizio Giugliano, che venne condannato però “solo” per 3 omicidi. Il fatto che il modus operandi sia simile non significa necessariamente che siano opera della stessa mano. Solo quando in più di un omicidio è presente la medesima “firma” ( che è cosa diversa dal modus operandi ) allora si può parlare di omicidi seriali. Un esempio ci viene proprio dall’omicidio di Rosa Martucci. Il 29 settembre 1980 presso il civico 199 dell’Appia Antica viene ritrovato il corpo di un uomo ucciso con una garrota. Quindi un uomo viene trovato ucciso non molto lontano da dove viene uccisa Rosa, sempre con una garrota e solo due anni prima. Tutto porterebbe ad ipotizzare  un collegamento. Invece la vittima, Giovanni Cioffi, venne ucciso da sua moglie e dal suo amante.
Le indagini non hanno dato un nome a colui che si è preso la vita di Rosa . Può accadere che un omicidio rimanga senza soluzione ma è sempre una sconfitta per la società. Le tecniche investigative sono di molto migliorate dal 1982, e potrebbero essere utili per dare un nome all’assassino di Rosa Martucci. Il problema però viene sempre dallo stato di conservazione dei reperti. Tecnicamente è possibile estrarre tracce biologiche da reperti anche molto vecchi, ma la valenza probatoria è legata alla conservazione corretta dei reperti secondo i protocolli stabiliti. Nel 1982 non si conosceva ancora l’utilità del Dna ai fini forensi, quindi erano sconosciute le precauzioni per non contaminare i reperti.

Nonostante le difficoltà a Rosa Martucci è dovuto un nuovo tentativo per darle giustizia e verità.

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