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Cronaca

Roma 14 febbraio 1987, il massacro di Via Prati di Papa

Vedere una metropoli che si risveglia al mattino è uno spettacolo particolare. Migliaia di persone che prendono i mezzi pubblici, migliaia di auto sulle strade. Come sangue che inizia a scorrere nelle arterie. I suoni, le voci, sono come il battito di un cuore che ricomincia a pulsare.

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Di Pierdomenico Corte Ruggiero

Vedere una metropoli che si risveglia al mattino è uno spettacolo particolare. Migliaia di persone che prendono i mezzi pubblici, migliaia di auto sulle strade. Come sangue che inizia a scorrere nelle arterie. I suoni, le voci, sono come il battito di un cuore che ricomincia a pulsare.

Questo accade anche la mattina del 14 febbraio 1987 a Roma. Una giornata particolare. Il giorno di San Valentino. I fiorai espongono le rose rosse, nelle vetrine dei negozi mettono in bella vista dolci e regali. Centinaia di biglietti d’amore vengono scritti. Si preparano dolci sorprese per la persona amata. Insomma è la giornata dei buoni sentimenti.

Eppure in Via Prati di Papa ci sono nove persone che ai buoni sentimenti preferiscono le cattive intenzioni. Anche loro preparano una sorpresa. Una brutta sorpresa. Persone armate, che sgomberano la via fingendosi poliziotti.

Manca poco alle 9 quando un furgone portavalori delle Poste imbocca Via Prati di Papa. Il furgone è seguito dalla volante 43 della Polizia, con tre agenti. La scorta è necessaria perché il furgone trasporta oltre un miliardo di lire. Denaro che deve essere distribuito ai vari uffici postali della zona.

Sulla volante ci sono gli agenti Rolando Lanari, Giuseppe Scravaglieri e Pasquale Parente. Il furgone e la scorta arrivano nei pressi dell’incrocio con Via Borghesano Lucchese. In questo tratto Via Prati di Papa è in salita e si restringe. Improvvisamente una macchina blocca il furgone delle Poste, che viene tamponato dalla volante. Una seconda macchina chiude la via di fuga della volante. Praticamente lo stesso schema usato in Via Fani per il rapimento di Aldo Moro.

La trappola è scattata. Uomini armati con fucili a pompa e armi automatiche sparano sulla volante della Polizia. Volante che non è blindata, evidentemente Via Fani non aveva insegnato nulla. I poliziotti non hanno modo di reagire. Rolando Lanari e Giuseppe Scravaglieri vengono uccisi. Pasquale Parente viene gravemente ferito , ma si salva miracolosamente.

Dopo aver neutralizzato la scorta , gli assalitori svuotano il furgone portavalori. Prima di fuggire sparano su una donna affacciata alla finestra . Fortunatamente senza conseguenze. I rapinatori abbandonano le auto usate nella rapina nei pressi dell’ospedale San Camillo.

L’azione è di tipo militare, non sono comuni rapinatori. La conferma arriva qualche ora dopo, quando la rapina viene rivendicata dalle Brigate Rosse-Partito Comunista combattente. I soldi sono necessari per finanziare l’attività terroristica. Le Brigate Rosse hanno sempre usato rapine e rapimenti come fonte di finanziamento. Anche se loro non le chiamavano rapine ma esproprio proletario. Cambiano le parole, ma non si cancella il sangue lasciato per strada.

I brigatisti autori della rapina verranno arrestati e condannati. L’assalto di Via Prati di Papa lascia l’amaro in bocca. Perché non furono usate le precauzioni del caso. Il furgone passava quasi sempre negli stessi orari. La volante non era blindata. Eppure era nota la minaccia terroristica. Solo dopo i fatti di Via Prati di Papa venne raddoppiata la scorta dei furgoni portavalori. Per la scorta vennero usate auto blindate.

L’assalto dei Via Prati di Papa è una lezione valida anche oggi, visto il rinascere di minacce di vario tipo. La necessità di prevenzione e di valide misure di sicurezza è una problematica sempre attuale.

Del sangue di Via Prati di Papa resta un monumento per le vittime. Scriveva l’Apostolo Giovanni “ Nessuno ha un amore più grande di questo : dare la vita per i propri amici “. A Roma , per San Valentino , si continua a vendere rose rosse. Da quel 14 febbraio 1987 , uno di quei mazzi di rose rosse viene portato in Via Prati di Papa Perché ricordare chi ha dato la propria vita per la comunità è una forma d’amore.

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