Mettiti in comunicazione con noi

Cronaca

La morte di Giorgiana Masi

Oggi sembra assurdo morire per una manifestazione. Oggi che per manifestare la propria opinione basta una tastiera. Invece nell’Italia degli anni 70  non era facile partecipare alla vita civile del paese. Esprimere il proprio pensiero, manifestare la propria opinione poteva essere addirittura pericoloso.

Pubblicato

su

https://www.partitoradicale.it/2020/05/11/giorgiana-masi-43-anni-dopo-siamo-ancora-a-ponte-garibaldi/

Tra pochi giorni saranno  trascorsi quarantasei anni da quel 12 maggio 1977 , quarantasei anni dalla morte di Giorgiana Masi. Tanti anni sono passati dal giorno in cui una ragazza lasciava i suoi diciannove anni su un ponte, come cantava Stefano Rosso.

 Oggi sembra assurdo morire per una manifestazione. Oggi che per manifestare la propria opinione basta una tastiera. Invece nell’Italia degli anni 70  non era facile partecipare alla vita civile del paese. Esprimere il proprio pensiero, manifestare la propria opinione poteva essere addirittura pericoloso.

 Raramente le manifestazioni di piazza si concludevano senza feriti e scontri. La violenza politica era diffusa e le forze dell’ordine rispondevano con durezza. A farne le spese erano spesso innocenti manifestanti o passanti. Eppure nonostante la paura si manifestava.

 Nonostante la paura il 12/05/1977 Giorgiana Masi scende in piazza insieme al fidanzato e a centinaia di giovani. Si manifesta per celebrare una battaglia vinta, quella per l’introduzione del divorzio. Giorgiana era una ragazza come tante, viveva in zona Trionfale e studiava al liceo “ Pasteur “.

Era impegnata in politica ma senza estremismi. La manifestazione del 12 maggio viene vietata dal Ministro dell’Interno Cossiga. Gli organizzatori decidono di dare comunque il via alla manifestazione. Il corteo inizia a muoversi nel primo pomeriggio, scatta subito la reazione delle forze dell’ordine. Cariche con lancio di lacrimogeni. Le foto diffuse nei giorni seguenti dimostrano che i lacrimogeni venivano sparati ad altezza d’uomo e che poliziotti in borghese sparano con armi da fuoco contro i manifestanti.

Il pomeriggio passa tra momenti di calma apparente e scontri. Intorno alle ore 19 e 50 le forze dell’ordine sono schierate sul Ponte Garibaldi mentre i manifestanti si trovano su Viale Trastevere. Proprio intorno alle 19 e 50 un carabiniere viene colpito da un proiettile al polso sinistro, da una distanza tra i 10 e 60 metri . Alle 20 le forze dell’ordine decidono di caricare.

I manifestanti iniziano a scappare ma due rimangono a terra. Elena Ascione e Giorgiana Masi. La Ascione presenta una ferita trapassante alla coscia sinistra provocata da un proiettile sparato da 10-60 metri, la ferita non è mortale. Giorgiana presenta una emorragia massiva da delacerazione dell’aorta provocata da un proiettile nella regione lombare , distanza di tiro da 10 a 60 metri, angolo di tiro 90 gradi.

 Purtroppo Giorgiana muore in ospedale. Sia Giorgiana che i due feriti sono stati colpiti da proiettili calibro 22. Il 17 maggio 1977 in Piazza Augusto Imperatore viene ritrovato un sacco contenente un mitra ,due pistole mitragliatrici, una baionetta e un revolver s&w calibro 22 ( matricola 9383- D ).

 La morte di Giorgiana provoca una forte reazione popolare e politica che non sarà, purtroppo, sufficiente a trovare la verità.

 Il dato certo è che Giorgiana viene colpita alle spalle e alle spalle i manifestanti avevano le forze dell’ordine. Altro dato certo è che le modalità della morte di Giorgiana Masi sono molto simili alle modalità con cui, qualche mese dopo, muore Walter Rossi. Anche in quel caso la Polizia stava caricando un gruppo di manifestanti, tra cui era presente Walter Rossi. Alcuni militanti della destra estrema si mettono ai lati delle forze dell’ordine e sparano sui manifestanti uccidendo Rossi.

Erano gli anni della strategia della tensione, di indicibili “ alleanze “. Anni lontani ma che non vanno dimenticati. Noi abbiamo un debito con Giorgiana, Walter e per tutti coloro che sono morti esprimendo la loro opinione. Non si tratta di retorica, se noi godiamo di diritti e opportunità lo dobbiamo anche a loro che sono scesi in piazza nonostante la paura. Con la speranza che non debbano passare altri quarantasei anni per avere verità e giustizia.

RIPRODUZIONE RISERVATA ©