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Inchiesta

Aree di crisi nel mondo n. 6 del 25-4-2019

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di STEFANO ORSI

Situazione operativa sui fronti siriani del 26-04-2019

 

 

Dopo una pausa di esame dei conflitti e crisi in corso nel mondo, torniamo oggi a compilare un resoconto, come d’uso affiancheremo anche le nostre valutazioni alle informazioni sui fatti ritenuti di maggiore riliavo per ogni area.

Libia

Abbiamo deciso alcuni giorni fa di sospendere la compilazione continua di rapporti e bollettini su questo fronte. La nostra valutazione del conflitto, ci ha portato infatti a stabilire che non vi sarebbe stata per parecchio tempo ancora una forza dominante sul campo, nessuno dei due contendenti LNA (Lybian National Army di Haftar) e GNA (forze armate del Governor of National Accord di Serraj) ha finora dimostrato di riuscire ad imporsi, alternando senza soluzione di continuità, avanzate che portavano alla conquista di obbiettivi strategici alla loro quasi immediata perdita non appena la controparte riusciva ad organizzare una risposta adeguata.

Esaminando i video ripresi dalle forze in campo sui vari fronti, da Al Aziziyah, Al Hira, è risultata evidente la scarsa preparazione delle truppe, poco più che milizie gettate allo sbaraglio, non appena attaccate non riescono a stabilire mai alcuna linea di difesa, preferendo il ritiro dagli obbiettivi conquistati poco prima. Questo vale sia per le LNA che per le GNA, queste ultime rinforzate e costituite quasi interamente dalle milizie di Misurata, molto vicine ai Fratelli Musulmani.

Il logorio non si sta scaricando solo sulle truppe di terra, anche i mezzi dei due eserciti stanno avendo perdite nei materiali, oltre al normale consumo di munizioni, lamentano la perdita di preziosissimi caccia bombardieri, vecchi mig 23, Su22, risalenti nella migliore ipotesi agli anni 70, due, forse tre, gli abbattimenti documentati, e non arrivavano a dieci i mezzi a disposizione di entrambi gli schieramenti.

Le LNA sono riuscite a portare attacchi anche mediante l’utilizzo di elicotteri d’attacco Mi-24, modelli anche questi mai aggiornati e risalenti a forniture degli anni 80 da parte dell’URSS alle forze armate libiche del col. Gheddafi.

Le forze in campo sono riuscite a portare al fronte truppe corazzate per affiancare e dare appoggio alle truppe di terra, fino a poco fa assistite dalle onnipresenti tecniche, pickup dotate di mitragliatrice pesante o cannoni antiaerei binati ZU-23, in casi più rari di cannone senza rinculo. Ora abbiamo visto utilizzati in prima linea T55, T72, M109 (artiglieria meccanizzata, usati come carri ad alzo zero).

Ad oggi le uniche conquiste mantenute dalle LNA dall’inizio dell’offensiva sono state Gharyan, centro strategico utilizzato come base logistica principale e centro comando per l’offensiva dalle LNA, l’aeroporto Internazionale, perso e ripreso più volte ma che da due settimane è rimasto saldamente nelle mani di Haftar, e due centri urbano ad est Tarhuna e Bani Walid, entrambi importanti per prevenire un attacco sul fianco destro delle forze offensive.

Le GNA invece si ostinano nel tentare di raggiungere Gharyan incuneandosi nello schieramento nemico lungo la direttiva di Al Sawani, difesa strenuamente durante la contesa con le LNA e poi più a sud il villaggio chiave di Al Aziziyah, con le sue due basi militari.

Verso il centro della città le LNA hanno sempre puntato, e senza alcun effetto sorpresa, verso i quartieri di Ayn Zarah e Salah Aldeen senza mai riuscire a raggiungerli o a mantenere le posizioni conquistate durante la marcia di avvicinamento, alcune basi militari sono lungo il percorso.

Gli appelli per lo stop alle operazioni belliche non hanno sortito alcun effetto e nemmeno prodotto significative modifiche delle tattiche messe in campo.

Si può dire comunque che gli USA non si siano affatto ritirati dallo scenario, ma che proseguano la loro attività di intelligence mediante aerei Gulfstream attrezzati con radar di controllo a terra e spionaggio elettronico, che studiano la disposizione sul campo degli schieramenti spiando e monitorando ogni telecomunicazione.

Non abbiamo notizia di impiego diretto di formazioni di forze speciali italiane, di base nei pressi di Misurata, mentre si rincorrono le voci di presenza di forze francesi presso Gharyan.

Pochi minuti fa è arrivata la notizia della riconquista di Al Aziziyah da parte delle LNA, come dicevo, i due eserciti appaiono davvero mal organizzati e peggio comandati.

Venezuela

Si fanno sempre più pesanti le minacce di aggressione militare da parte USA contro il Venezuela.

Il sostanziale naufragio del tentato golpe di Guaidò, sembra esacerbare il clima negli Usa anziché rassegnarli al fallimento.

Si attendevano un collasso dell’esercito di fronte alle pesanti minacce da parte americana, ma non c’è stato.

Si attendevano la rivolta in piazza da parte della popolazione, c’è stata la mobilitazione in difesa del legittimo governo del Paese.

Si attendevano il collasso delle infrastrutture dopo aver causato il black out nel Paese, e hanno avuto una calma risposta da parte di una popolazione civile e paziente e il ripristino delle forniture da parte della società elettrica i cui tecnici sono stati chiamati ad un lavoro abnorme ma vincente.

Si attendevano l’isolamento completo del Venezuela, hanno compattato invece i molti Paesi che rispettano il diritto internazionale.

Una ecatombe dei piani di neoimperialismo USA, i quali intendevano ripristinare la “Dottrina Monroe” elaborata non da James Monroe, ma da John Quincy Adams nel lontano 1823 e pronunciata invece dal Monroe, Presidente USA,  al congresso il 2 dicembre di quell’anno.

Questa dottrina nasceva con uno spirito ben differente da ciò che si intende oggi, veniva infatti formulata per manifestare la volontà di indipendenza dei nascenti USA dalle influenza delle allora potenze coloniali europee, propense allora come oggi, a interferire attivamente nelle vicende interne agli stati terzi. Come si capisce era un principio più che legittimo e manifestava uno spirito corretto ed integro dei suoi sostenitori.

Ben diverso invece fu il significato ad esso attribuito a partire dal “corollario Roosvelt”, nel 1904 gli USA si facevano carico di una missione, riprendendo così anche il messaggio del “Manifest Destiny”, cioè quella di intervenire come nazione civilizzata, indicando quindi tutte le altre come selvagge, in ogni Paese dove vi fosse una crisi di democrazia o uno stato di ingiustizia, un intervento di Polizia internazionale quindi che li portò ad  imporsi nella contesa tra Gran Bretagna, Impero tedesco e Regno d’Italia con il Venezuela (corsi e ricorsi storici) il cui governo si rifiutava di pagare il debito internazionale del Paese ad avevano messo in atto un blocco navale contro il Paese.

Il comportamento Usa era limitato allora all’azione diplomatica, non militare, ma solamente data la limitata potenza della Marina degli Stati Uniti di allora, paragonata a quella della Gran Bretagna o anche dell’Italia.

Da allora nella politica USA prese sempre più piede l’idea che fosse loro compito gestire le politiche non degli Stati Uniti, come inizialmente oggetto della “dottrina”, ma in maniera ben più estesa a tutto il continente americano, facendosi loro stessi potenza imperialista e sostituendosi molto semplicemente alle potenze europee.

Da li crebbe la concezione delle americhe come del giardino di casa degli USA, gli esempi di ingerenze o di interventi diretti si sprecano, dai numerosissimi golpe programmati e organizzati, dal Cile al Nicaragua all’Honduras, agli interventi a Panama, Granada ecc.

Tutto ciò che metteva in qualche discussione il predominio e l’indirizzo delle politiche degli Stati latinoamericani, o anche solo una qualunque forma di indipendenza e sovranità, per gli USA è sempre stata da ritenere come legittima la sua rimozione o eliminazione.

E così è oggi per il Venezuela, vittima di un blocco economico senza precedenti nella storia moderna, e vittima di una campagna mediatica a tutto campo anch’essa senza precedenti.

Occorre sempre ricordare come l’economia del paese non fosse esente da critiche, la mancata rivoluzione socialista del chavismo ha lasciato ampi settori sotto il controllo di industrie private, che controllano non solo la produzione di alcuni beni ma anche la distribuzione di questi, mantenendo costi elevati per il reale potere di acquisto dei cittadini, che si avvalgono però delle distribuzioni di pacchi di generi di prima necessità da parte dello stato, ma su cui pesa la carenza di molti servizi quali gli approvvigionamenti di farmaci, manca una industria farmaceutica mai sviluppata come invece ha fatto Cuba, o una industria metalmeccanica adeguata a fornire all’industria petrolifera la necessaria manutenzione e fornitura di ricambi, dipendendo quasi interamente da forniture ormai bloccate.

La crisi economica e valutaria ha avuto una progressiva crescita proprio a partire dal 2014, proprio in concomitanza con la discesa repentina del petrolio, passato da più di 100 dollari al barile a meno di 60, politiche dei prezzi imposte per togliere fondi alla Russia, rea di opporsi alle politiche di espansione della Nato verso est, erano i mesi del Golpe di Maidan a Kiev, ma che per estensione hanno permesso di stringere il cappio al collo dei Paesi vicini a Mosca in America.

L’accerchiamento sul Venezuela è avvenuto in maniera progressiva, eliminando la Presidente Kirchener in Argentina, sostituita da Macri,  e i Presidenti Roussef e Lula con azioni giudiziarie pilotate, emblematico il caso di Lula in Brasile, cui è stato impedito di candidarsi da un giudice immediatamente elevato a ministro dal nuovo presidente filoamericano Bolsonaro.

Gli esempi si sprecano, ma ancora resiste il popolo della rivoluzione bolivariana, contro ogni previsione e contro ogni speranza degli USA che vorrebbero riappropriarsi di ogni briciola di risorsa presente nel Paese, riportandolo di fatto nella situazione degli anni 80, situazione che portò alla rivolta del Caracazo, spenta nel sangue con il violentissimo intervento militare ordinato dall’allora presidente Perez, quello si era un presidente che piaceva agli USA e alle potenze europee, un esempio di “vera democrazia” in salsa imperialista.

Ucraina

Il ballottaggio nelle presidenziali ha confermato tutte le previsioni della vigilia, una ampia vittoria del novellino Zelensky, ai danni del pessimo Poroshenko, i cittadini hanno preferito quindi una incognita ad una tristissima esperienza. Non credo verranno sollevati di molto dalle loro sofferenze, ma di certo le premesse degli USA che si sono affrettati nel mettere le mani avanti, dando le linee da seguire per il nuovo Presidente specificando che loro non saranno messi in discussione. Nuovi rincari dunque su tutte le tariffe energetiche e tagli imposti dal FMI, in un Paese allo sfascio con un PIL in caduta libera come le speranze tradite dei cittadini ucraini per come venne presentata loro l’opportunità dell’ingresso nella UE.

Yemen

La situazione militare si trova anche qui in una situazione di stallo, le forze filo Saudite sono sostenute da una coalizione di Paesi che sulla carta dovrebbe dominare il campo, hanno il controllo assoluto dei cieli, e il predominio di mezzi a terra, carri armati , blindati ed artiglieria eppure nn solo non sono riusciti a conquistare il porto strategico di Al Hudaydah e in questi giorni le forze Houty avanzano verso Adeen, dimostrando tenacia e capacità logistiche fuori dal comune.

Iran

Le attenzioni USA si concentrano sempre più su questo Paese, democrazia da decenni, guidata da Presidenti eletti e ispirata dalla religione islamica, l’Iran è una via democratica differente da quelle da noi comunemente seguite, eppure rappresenta una chiara esperienza di espressione e inclusione della volontà popolare nella gestione e governo di un Paese sovrano.

Arrivata allo status di potenza regionale, l’Iran non nutre il terrorismo inernazionale, ma è impegnato direttamente nel suo contrasto, combattono infatti contro ISIS ed Al Qaeda in diversi Paesi, ma sempre dietro diretto invito e richiesta  dei Paesi interessati, come in Iraq o in Siria o in Libano.

Nonostante ciò ancora in questi giorni il governo americano ha dichiarato le Guardie della Rivoluzione islamica, vera anima della difesa del Paese, come una organizzazione terroristica legando quindi la sua esistenza alla strategia di lotta armata nel medio oriente.

Gli USA proseguono quindi l’aggressione violenta contro l’Iran nella loro strategia generale di destabilizzazione della regione.

Oltre a questo l’amministrazione USA, in barba ad ogni diritto internazionale hanno dichiarato i territori siriani occupati illegalmente da Israele come parte dello stato occupante.

In risposta l’Iran potrebbe valutare il blocco navale del Golfo Persico a causa del divieto USA a commerciare petrolio iraniano per gli stati di tutto il mondo, pena l’incorrere inevitabilmente in sanzioni o ulteriori sanzioni e ritorsioni economiche.

Si sono subito fatte sentire le voci irritate di diversi Paesi tra cui la Turchia, Cina, India, Giappone e Sud Corea, che hanno immediatamente risposto di voler proseguire nelle loro transazioni economiche e forniture petrolifere con Teheran.

L’Italia, che era oggetto di deroghe assieme ad altri sette Paesi, ha annunciato di aver addirittura anticipato il disio del potente padrone, rinunciando di sua iniziativa ai rapporti di fornitura dal Paese in oggetto, con nuovo grave danno economico per Roma, sommando le rinunce e di danni diretti da sanzioni cui il nostro Paese si assoggetta volontariamente superiamo le decine di miliardi ormai.

Questo perchè ad ulteriore annichilimento della nostra economia, i prezzi del greggio si stanno impennando, ma di certo ve ne sarete resi conto da subito recandovi ad un qualunque distributore. Per le nostre politiche il detto “Il faut pas etre plus royaliste du roi” non fu mai scritto.

Le nuove sanzioni imposte dagli USA in violazione del trattato sottoscritto dal suo predecessore Obama, colpisce anche le zone alluvionate, gli aiuti internazionali infatti sono ricaduti dentro il regime sanzionatorio imposto dagli USA e pertanto l’Iran ha fatto denuncia di questo presso le autorità della Corte di Giustizia internazionale dell’Aja, che peraltro gli USA non riconoscono.

Data la giornata in cui scrivo, mi sento di porgere i miei migliori auguri a tutti per un buon 25 aprile, festa di Liberazione.

Viva la Resistenza Viva la Costituzione repubblicana.

 

 

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo