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Inchiesta

Delitto di Arce, il fil di ferro

Non è mai difficile arrivare alla verità. La vera difficoltà è decidere se vogliamo LA verità o una verità di comodo.

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Di Pierdomenico Corte Ruggiero

Depositato, dalla Procura di Cassino e dalle parti civili, il ricorso in Corte d’Assise d’appello per riformare la sentenza d’assoluzione dei cinque imputati per l’omicidio di Serena Mollicone.

Una notizia attesa anzi scontata. Il ricorso, secondo le indiscrezioni giornalistiche, è basato sulla consulenza della Professoressa Cattaneo e sulle dichiarazioni di Santino Tuzi.

Rispetto alla consulenza della Cattaneo, la Corte d’Assise d’appello di Roma potrà facilmente sciogliere la questione nominando un proprio consulente.

Le dichiarazioni di Santino Tuzi sono una questione molto delicata. Tuzi non dichiara spontaneamente di aver visto Serena Mollicone la mattina del 1° giugno 2001 presso la caserma Carabinieri di Arce. Anzi lui inizialmente nega addirittura  di conoscerla. Solo dopo le contestazioni degli investigatori Tuzi dichiara di aver forse visto una ragazza entrare in caserma quella mattina.

In molti hanno dichiarato che le dichiarazioni del brigadiere Tuzi sono granitiche. Non è così. Basta leggere le trascrizioni di entrambe le sit per capirlo. Tuzi ripete continuamente di non essere sicuro. Di non ricordare. Addirittura dice “ se dico no poi voi vi arrabbiate”.

Sulle dichiarazioni di Santino Tuzi pesano due macigni. Il primo è la querela del 2007 in cui accusa di subire minacce d’arresto per un suo presunto ruolo nell’omicidio di Serena Mollicone. Inoltre Tuzi ritratta le dichiarazioni in cui afferma di aver visto Serena per poi confermale nuovamente.

Querela perché ingiustamente accusato di sapere qualcosa dell’omicidio di Serena Mollicone, afferma di aver visto Serena per poi ritrattare e per poi ritrattare la ritrattazione. Non sono, oggettivamente, certo dichiarazioni granitiche queste.

“ Ma Santino Tuzi è stato minacciato e qualcuno l’ha suicidato”, affermazione ripetuta da anni. Senza alcuna prova o indizio. Nemmeno la Procura di Cassino ha ritenuto di chiedere la condanna di Quatrale per istigazione al suicidio. Nessuna minaccia quindi. Santino Tuzi non è stato suicidato, non è stato ucciso. Santino Tuzi temeva di essere arrestato da innocente, il suicidio è probabilmente conseguenza di questo timore. Un timore che lui esterna più volte.

Esiste una circostanza che nessuno ha mai analizzato. Santino Tuzi, nella prima sit del 28 marzo 2008, dichiara di aver visto Serena Mollicone. Dichiara anche di aver effettuato, su ordini superiori, una ricerca presso i negozi di ferramenta di Arce per verificare se era in vendita lo stesso fil di ferro usato per legare Serena Mollicone. La ricerca ha esito positivo e Tuzi preleva una bobina di fil di ferro simile ai reperti sequestrati a Fontecupa. Tutto normale quindi. Invece no. Perché il 9 aprile 2008 Tuzi non solo dichiara di non aver visto Serena Mollicone ma chiede di mettere a verbale che lui non ha mai fatto accertamenti nelle ferramenta di Arce. Lo dice anche a Quatrale che lui non ha mai fatto questi accertamenti.

Perché Santino Tuzi ha “paura” di un normalissimo accertamento? Ci può stare ritrattare l’avvistamento di Serena Mollicone ma perché ritrattare una dichiarazione apparentemente innocua come quella sul fil di ferro? Cosa temeva Tuzi? Che sicuramente non è coinvolto nell’omicidio di Serena. Quali insidie nascondeva questo fil di ferro? Temeva di aver lasciato le proprie impronte sulla bobina sequestrata ad Arce e che qualcuno potesse fare o aver fatto “giochi di prestigio” con le bobine sequestrate a Fontecupa? Forse sul fil di ferro e sul nastro Ghost è “scritto” il percorso per arrivare al nome dell’assassino? Nelle prossime settimane cercheremo di dare una risposta a questa domanda.

Ovviamente le parti civili fanno il proprio lavoro ma all’opinione pubblica bisogna fornire notizie complete. Perché non mettere a disposizioni di tutti le trascrizioni delle registrazioni audio delle sit di Tuzi o le dichiarazioni della barista del bar della Valle? Bisogna scegliere: o lasciamo fare il proprio lavoro ai giudici evitando processi social e dichiarazioni parziali altrimenti, se ci rivolgiamo alla pubblica opinione, bisogna fornire gli elementi per un “giudizio popolare” equo. Per evitare i tentativi di linciaggio del 15 luglio 2022 ad esempio.

Dichiarazioni pubbliche parziali anche nel caso di Carmine Belli. Presentato oggi come testimone importante perché dichiara di aver visto il 1° giugno 2001 Serena litigare con un ragazzo davanti al bar della Valle. Belli però nel processo a suo carico del 2004 ha dichiarato di aver visto la ragazza il 31 maggio. Una sentenza definitiva ha stabilito che l’avvistamento è del 31 maggio 2001. Belli vuole, molto giustamente, un risarcimento per ingiusta detenzione ma non è un buon biglietto da visita dire oggi il contrario di quanto dichiarato ieri e confermato da sentenza.

Non è mai difficile arrivare alla verità. La vera difficoltà è decidere se vogliamo LA verità o una verità di comodo.

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