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“Le 12 lune” di Antonio Rotondo

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di ALESSANDRO LATTARULO

È un tempo scomodo, il nostro, aguzzo come i “cocci” di bottiglia cantati da Montale.


Da questo spaesamento Antonio Rotondo si affranca interpretando gli sguardi altrui come una giungla psichedelica, all’interno della quale districarsi labirinticamente, facendo ardere legna per l’inverno dell’anima ormai alle porte. Non v’è certezza che questo possa essere un rimedio efficace, anzi. A tratti sembra quasi che Dio sia un lenitivo di ultima istanza, la cui ineffabilità tuttavia stride con il bisogno di credere, di appigliarsi a un essere supremo, lasciando la mente a dannarsi senza requie, lambendo la follia. Anche l’incontro con l’amata si consuma tra nebbie oniriche, dove si opacizza tutto ciò che non si è mai stati in grado di confessarle.

Subentra una disperazione che spinge il poeta, sconsolato, a rattrappire corpo e sentimenti, consumando emozioni scadute, inacidite come latte lasciato aperto. L’elemento mitologico, combinandosi con una dimensione fantastica particolarmente presente in questa silloge, dipinge una normalità, la cui distanza con il desiderio è tanto più drammatica e insostenibile quanto più la terra appare nient’altro che un piccolo pianeta travolto dalle acque, in cui questo elemento primigenio torma ad assumere la centralità assoluta che gli attribuì Talete. In cotanta infelicità, al cospetto della piccolezza umana, invece di compiere lo sforzo di “tornare / ad avere occhi di bimbi” (Nessuna divisa), ci illudiamo di baloccarci nella gabbia del capitalismo, dove figli e amici bruciano, annegano, muoiono, risucchiati dalle spire di un cinico disinteresse, in nome del maledetto feticcio dei soldi. Eppure polvere siamo, polvere cicirconda e polvere ritorneremo. Ma l’arrogante antropocentrismo che caratterizza la nostra epoca ci rende ciechi e resetta ogni salutare memoria di umanesimo.

Note biografiche sull’Autore

Antonio  Rotondo  nasce  a  Triggiano  (BA)  a  fine  anni  ’60  e  si  trasferisce successivamente nel borgo di Torre a Mare – Bari dove attualmente risiede. Adolescente, nel 1986, forma il suo primo gruppo rock Gott Mit Uns con sonorità post-punk.

Contemporaneamente scrive poesie e nel 1992 dà alle stampe la sua prima raccolta dal titolo “Avidi Lumi” stampata in sole 100 copie.

Agli albori degli anni ’90 con l’ingresso di nuovi componenti, la band cambia nome in SaràBanda.

L’amore per la poesia resta indenne a tutti i cambiamenti e nel 2001 pubblica la nuova raccolta “La dama dei veleni“. Segue nel 2006 la silloge “La Falesia“. Nel 2011 è la volta de “La ruggine delle rose“.

Nel 2016, il 30 novembre viene pubblicato per Adda Editore il libro dal titolo “Bari Rock Days” dove viene tracciata per la prima volta la storia della musica rock in terra di Bari.

La sua ultima fatica è intitolata “Le 12 Lune – Raccolta poetica per fermare il tempo” edito per WIP Edizioni nel 2019.

Attualmente è alle prese con la scrittura della sua nuova silloge la cui pubblicazione è Note biografiche sull’Autore prevista per fine 2020.

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo