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Cultura

Capitol Hill, Alberto Moravia e la marcia su Roma

La componente fondamentale della storia di ogni paese e popolo, sin dalla notte dei tempi è la lotta che è sempre senza esclusione di colpi per il potere. In ragione di tale lotta, il cui esito non si può conoscere in anticipo, converrà guardare ai personaggi folkloristici che un anno fa hanno assaltato Capitol Hill, come concretamente pericolosi per le istituzioni democratiche americane.

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Credit foto ansa.it

di Rosamaria Fumarola

Sfogliando i libri di storia non è difficile imbattersi in episodi dai quali siamo orgogliosi di sentirci lontani: colpi di stato, congiure, guerre civili, invasioni etc. sembrano non appartenere a quella democrazia che consideriamo un patrimonio acquisito. Forse con un po’ di ingenuità abbiamo voluto credere alle battaglie della Resistenza italiana e non solo, come intrise di uno sforzo fuori dal tempo ed invece nel tempo si sono dispiegate e nel tempo hanno prodotto i loro preziosi frutti. Dev’essere per la fiducia nella sicurezza di certi risultati che non mettiamo mai in discussione quegli approdi, considerandoli definitivi, come se da essi si potesse guardare solo in avanti e mai più indietro. In realtà anche il solo guardare avanti dipende dall’impegno degli esseri umani, dal nostro impegno, anch’esso come noi e come chi ci ha preceduto, nel tempo. Dev’essere per questa sorta di fatale errore di metodo che talvolta facciamo fatica a capire la realtà, come nel caso dell’attacco a Capital Hill di un anno fa, in cui qualche migliaia di rivoltosi sono entrati nella sede del congresso americano in quello che, stando alle immagini è apparso come un tentativo fallito di colpo di stato a tutti gli effetti. Molti di noi hanno pensato ad una manifestazione folkloristica ed avranno anche riso di fronte a certe strane mises dei partecipanti ed invece nel frattempo gli scontri facevano i primi morti. 

Filmati analoghi in occidente credo si siano visti decine di anni fa, quando l’esistenza del blocco sovietico produceva legittime richieste democratiche da parte dei paesi che componevano l’URSS, ma all’epoca consideravamo lontana da noi questa coalizione, essendo parte di quella ad essa avversa e cioè quella facente capo agli Stati Uniti. La democrazia americana a quel tempo ed anche fino a non molti anni fa, riteneva di essere tanto forte fa poter essere “esportata”. Ma allora che cosa è cambiato se i luoghi nei quali essa si esercita non sono più così inviolabili? In primo luogo converrà riconoscere che una componente di quella forza risiedeva nella sua propaganda, visto che al mondo non esiste nulla di assolutamente inviolabile e poi che il mondo attuale è un mondo globalizzato che si trova di fronte a problematiche differenti, affrontate in maniera nuova da tutti proprio in ragione del loro essere inedite. 

Le regole del gioco sono cambiate e di quelle attuali non si conosce fino in fondo la bontà. Per questo quasi nessuna difesa da esse è possibile e chi se ne serve lo fa indisturbato senza quei “lacci e lacciuoli” che non sono altro che disposizioni legislative utili a garantire l’esercizio dei principi fondanti di una democrazia. Nel nostro paese la Lega di Salvini si è servita dei social media per creare fake news ed attaccare i propri avversari politici, creando migliaia di account fittizi gestiti dal partito. Qualcosa di analogo ma ben più vasto nelle proporzioni, pare sia accaduto in America con l’elezione di Trump.  Non che l’America non conosca cambi di potere realizzati con la violenza, anzi molti dei suoi massimi rappresentanti politici hanno visto terminare i loro giorni tragicamente, basti ricordare Lincoln o Kennedy o Martin Luther King e sempre come risultato dello scontro tra forze democratiche e forze radicalmente conservatrici. Questa è forse la componente fondamentale della storia di ogni paese e popolo sin dalla notte dei tempi: la lotta, che è sempre senza esclusione di colpi, per il potere. In ragione di tale lotta, il cui esito non si può conoscere in anticipo, converrà guardare ai personaggi folkloristici che un anno fa hanno assaltato Capitol Hill, come concretamente pericolosi per le istituzioni democratiche americane, che pure hanno saputo rispondere con forza alla loro sfida.

Alberto Moravia era a Roma durante la marcia su Roma guidata dai fascisti di Mussolini. In un’intervista rilasciata molti anni dopo dichiarò di aver pensato che quegli uomini fossero troppo disorganizzati e folkloristici per rappresentare davvero un pericolo per l’Italia.  Com’è andata a finire lo sappiamo bene.

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Giornalista pubblicista, scrittrice, critica jazz, autrice e conduttrice radiofonica, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano