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Cultura

Alex Corlazzoli: il maestro che insegna con il cuore

La vocazione all’insegnamento dentro e fuori la scuola di un maestro impegnato ad accompagnare l’età difficile dei suoi alunni.

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Credit foto: https://www.frontedelblog.it/2021/04/20/alex-corlazzoli-maestro-ditalia-e-il-suo-25-aprile-vissuto-con-e-tra-i-suoi-alunni/

di Marianna D’Ambruoso

Chi educa cerca sempre di insegnare ai proprio alunni a diventare degli adulti protagonisti del proprio destino, capaci di comprendere cosa è giusto e cosa è sbagliato nella vita, a prendere liberamente delle decisioni,  anche quelle più scomode, ma soprattutto a non aver paura di esprimere le proprie idee e i propri sentimenti. Alex Corlazzoli  fa parte della schiera di quegli educatori che ti insegnano a crescere con delle certezze, ad affrontare le ingiustizie, ad essere curiosi della vita e a non fermarsi mai alle apparenze, senza mai giudicare, senza mai essere indifferenti di fronti a chi soffre o a chi ha bisogno di aiuto. La sua  missione è quella di lasciare un po’ di sè e delle sue esperienze di vissuto ai suoi bambini e ad ogni sua lezione farli sempre divertire.   

  1. Chi è Alex Corlazzoli?

Sul mio biglietto da visita c’è scritto giornalista, maestro, viaggiatore. Mi definisco un cittadino del mondo che ha preso la laurea “della strada” che non ha potuto frequentare l’università perché veniva da una famiglia dove non c’erano libri tantomeno una libreria, non c’erano certo i quotidiani e che si è ritrovato a non poter percorrere i gradini della scala sociale e quindi ha deciso di imparare attraverso i viaggi e i libri. Dopo anni di giornalismo, ho iniziato a scrivere con i giornali locali e, arrivato anche a conquistare qualche giornale nazionale, ho deciso tuttavia che avevo modo di divertirmi molto più di quanto facessi da giornalista e così ho tirato fuori il mio diploma magistrale e ho iniziato ad insegnare. Ho scoperto un mondo anzi il mondo dei bambini che non conoscevo, il mondo della scuola, mi sono immerso totalmente continuando a fare il giornalista e grazie proprio al mio mestiere riesco a vedere ogni giorno di più in maniera oggettiva e in maniera come se vedessi dall’alto di una navicella spaziale il pianeta scuola, da questo si aggiunge la mia passione per il viaggio. Ho viaggiato un po’ in tutto il mondo. Il mio primo viaggio a 18 anni in Mozambico, l’ultimo a 46 anni a Dubai e poi, l’Europa, l’America Latina, l’Asia, gli Stati Uniti, il Medio Oriente. Poi, mi rimane un sogno. Da piccolo volevo fare il sacerdote. Se oggi qualcuno mi chiedesse cosa vorrei fare da grande io risponderei che vorrei fare il prete. Ma è impossibile, perché credo di essere ateo e amo la bellezza femminile, ma continuerei sempre a dare la stessa risposta proprio per l’amore che ho per gli altri.    

  • “Un maestro controcorrente” è giusta questa definizione?

In questo Paese è necessario essere controcorrente. Sono un maestro così contro quella corrente che c’è oggi, contro quella che oggi possiede la scuola e che la travolge, un corso d’acqua che travolge gli insegnanti e i dirigenti in un fiume che si allontana sempre di più dai bambini per andare invece sulle spiagge della burocrazia, della macchina dell’industria istituzionale. Mi vengono in mente le canzoni degli anni ’60 a proposito della macchina dell’industria della scuola. Purtroppo oggi è ancora la scuola dei voti, della pagella, che parla di inclusione quando in realtà arrivano bambini migranti e non abbiamo nemmeno un mediatore culturale per loro e di conseguenza il maestro, parlo di me in prima persona, si inventa di trovare uno studente volontario disposto a venire a scuola. Si supplisce quello che non fa la scuola. Sono anche un maestro provocatorio proprio nel termine latino della locuzione, dobbiamo tornare all’origine delle parole “vocare pro” sono un maestro che ama chiamare a, chiamare per.  Mi piace “tirare per la giacca” presidi, colleghi, politici perché non ci si possa rassegnare di fronte a una scuola fatta in questo modo.   

  • Dei libri che hai scritto quale senti più il tuo? A quale sei più legato e perché.

Senza dubbio il libro a cui mi sono sentito più legato è l’ultimo che sta per uscire. Uscirà il 2 marzo per la Giunti, è un libro che si intitola “Paolo sono”. E’ il mio primo libro scritto per bambini e ragazzi, ma che incredibilmente è diventato un libro che può leggere anche un adulto. E’ la storia in prima persona di Paolo Borsellino che si descrive attraverso un taccuino.  Anche il libro da un punto di vista grafico e delle illustrazioni ha le fattezze di un  vero e proprio taccuino con l’elastico. Sono molto affezionato a questo mio ultimo libro per due motivi. Il primo perché finalmente sono riuscito nell’intento che avevo di portare Paolo Borsellino ai più piccoli. La mia vita è cambiata grazie alla conoscenza di Borsellino avvenuta tramite la sorella Rita che mi ha concesso di conoscerlo, di sapere molte cose di lui, di entrare nella sua intimità al punto di permettermi di chiamarlo Paolo. Dal 1995 frequento quella via, quella strada, Via d’Amelio, ogni 19 luglio per fare memoria. Una memoria che sia veramente attiva, che si traduce nel passare il testimone ai più piccoli. Rita lo ha passato a me, io ho il dovere e anche la promessa che ho fatto a lei prima che morisse di portare Paolo Borsellino ai più piccoli. E il secondo motivo è perché sono entrato realmente nella sua persona e l’ho fatto lavorando anche sul linguaggio . Ho scritto pensandomi Paolo bambino, Paolo adolescente, Paolo adulto, Paolo che è ormai arrivato alla fine.

  • “Falcone e Borsellino” una memoria che ci appartiene. Come descrivi ai tuoi alunni  la storia di questi due grandi Uomini che hanno lottato contro la mafia.

Non parlo mai ai miei bambini di eroi. Paolo Borsellino e Giovanni Falcone non sono degli eroi. Erano degli uomini, questo è quello che mi hanno insegnato fin da subito, che hanno svolto in maniera seria e con passione il loro lavoro per amore della loro terra, per amore dell’Italia, per amore delle nuove generazioni. A loro parlo soprattutto di Paolo e Giovanni bambini, li racconto fin dalla loro infanzia nel loro quartiere, il loro giocare insieme, del loro incontrare quelli che un giorno sarebbero diventati mafiosi, delle loro marachelle, delle loro scelte quando diventarono adolescenti. Insomma, cerco di prendere per mano i bambini e anche se non si trovano a Palermo, accompagnarli in un viaggio biografico e virtuale che permetta loro di conoscere Falcone e Borsellino, di Palermo e della Sicilia. Perché non si può parlare di Sicilia senza parlare di loro, non si può parlare di Falcone e Borsellino senza parlare di Sicilia. Va detto però che non parlo solo di loro, ma ai miei bambini racconto di Peppino Impastato. Ogni anno vediamo insieme il film “I cento passi”. A loro parlo di don Pino Puglisi , di don Beppe Diana, di Mario Francese, di Giuseppe Fava, della strage di Portella della Ginestra, di Rita Atria e ogni occasione, ogni giorno che mi è data la possibilità di fare memoria di questi uomini lo faccio perché sono certo che un giorno questi bambini, che per me sono già ora dei cittadini del mondo, non si ricorderanno dei fiumi dell’Abruzzo o dei monti della Sardegna o delle colline del Veneto, ma si ricorderanno sicuramente di questi racconti, di queste storie, perché i nostri bambini e i nostri ragazzi hanno bisogno di storie credibili.     

  • Su un articolo scritto da te si parlava di bullismo definendoti tu stesso un ex bullo. Chi sono realmente i bulli?

I bulli sono anche loro dei fragili, sono anche loro delle vittime. C’è sempre la prassi di etichettare in questo “pianeta scuola”. Il bullo non è altro una persona che sta chiedendo aiuto  e lo fa con gli strumenti che noi magari non comprendiamo e che sono certo non adatti, ma che sono gli strumenti che lui ha a disposizione . Sono gli strumenti che proprio per il contesto familiare in cui vive, per il contesto sociale, perché è stato abbandonato, usa per attirare l’attenzione su di lui. Dobbiamo avere forse persino più attenzione per il bullo che per la sua vittima. Si, io sono stato un bullo ai miei tempi, a 12-13 anni non si parlava di bullismo, questo termine non era ancora entrato nel dizionario dei professori e dei maestri, ma avevo preso di mira un compagno di classe e con una piccola banda avevo distrutto la sua bicicletta. Perché lo avevo fatto? Perché quel compagno di classe era un secchione, un eccessivo adulatore con gli insegnanti, abituato ad avere un atteggiamento un po’ da “tappetino” nei confronti dei professori. Io ero distante da questi atteggiamenti ma ero anche distante da essere uno studioso – secchione e quindi gli unici strumenti che avevo per attirare l’attenzione su di me erano quelli in qualche modo agire controcorrente anche in questo caso. Quell’episodio mi ha fatto poi riflettere da grande , mi ha poi fatto pensare quanto è importante prestare attenzione, avere le antenne come insegnanti per quei ragazzi che a volte escludiamo e che a volte proprio perché li riteniamo forti non vediamo la loro debolezza e non vediamo la loro fragilità.

  •  Mi puoi fare il ritratto di questa nuova generazione?

In queste settimane sono stato a contatto con degli adolescenti di 16-17 anni. Abbiamo vissuto assieme per 2 giorni, perché alcuni di loro hanno avuto un dono per festeggiare un diciottesimo un viaggio a Palermo. Essendo io una persona che conosce Palermo e che conosce la Sicilia, uno di loro era il figlio di una collega, mi ha chiesto se potevo accompagnarli . Ho trovato meravigliosa l’idea e quindi un modo per passare un’altra volta il testimone, così sono partito con i ragazzi. E’ una generazione straordinaria, in grado di viaggiare, di prendere un aereo e partire, di avere grazie alla rete, tante informazioni. E’ una generazione che si pone tanti interrogativi, figlia per la prima volta di una generazione dove i genitori sono quasi tutti laureati. Tuttavia è priva di punti di riferimento . Fino a qualche tempo fa i giovani avevano delle figure con le quali potersi rapportare, li avevano trovati in testimoni, talvolta nella politica, ad esempio quando ero piccolo il mio punto di riferimento era Sandro Pertini, nella magistratura con Falcone, Borsellino, Colombo, Giancarlo Caselli, in preti coraggiosi come don Gallo e tanti altri. Oggi la situazione è completamente cambiata. Chi potrei proporre oggi ai ragazzi come persona da seguire, da andare ad ascoltare? Me ne vengono in mente ben pochi. Potrei dire loro Alessandro Bergonzoni, Enzo Bianchi o menzionare qualche altro nome, ma sono sempre meno. Allora non ci resta che essere noi, nel nostro piccolo, noi adulti, quel punto di riferimento per loro, con i nostri limiti, le nostre fragilità, con la consapevolezza di essere finiti e non infiniti, possiamo essere coloro che li accompagnano, li sostengono e che non stanno nè davanti nè dietro, ma al fianco di questi ragazzi.  

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Appassionata di giornalismo, amo la storia, l'arte, la psicologia e il calcio. Sto terminando gli studi di archeologia.