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“Vieni anche tu”, intervista a “Virgin et Martin”

Intervista a “Virgin et Martin”, associazione culturale e centro collettivo con lo scopo di promuovere e rinnovare l’educazione sessuale.

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Nella foto, la folla fuori dal Paramount Theatre di Bundaberg, durante la proiezione di “Secrets of Life” (1950), pubblicizzato come un film sull’igiene e l’educazione sessuale: una storia umana come la vita stessa, mancarla è un peccato. Un cartello sul teatro recita: “Sul palco in persona Elliot Forbes, noto commentatore di igiene diretto dagli USA sui ‘segreti del sesso sensibile'”. Per un resoconto dell’accoglienza del film a Sydney, vedere il Sydney Morning Herald, 8 aprile 1949. Fotografo sconosciuto, immagine presa da Wikimedia Commons, pertanto di dominio pubblico.

di Alessandro Andrea Argeri.

L’educazione sessuale è un tasto dolente per la scuola, eppure gli ultimi sviluppi a cui è andata in contro la società occidentale tutta hanno mostrato come sarebbe in realtà necessaria. Al di là delle ragioni etiche-culturali quotidianamente eviscerate sui social, nei paesi più sviluppati sono aumentati i casi di malattie sessualmente trasmissibili, in particolare tra gli under 25, questo apre il dibattito sulla contraccezione, mentre in Polonia il partito ultraconservatore ha vietato l’aborto. In Italia abbiamo partiti vicini a tale posizione, per i quali la donna non viene ancora considerata pienamente padrona del proprio corpo. Affrontiamo dunque il tema dell’educazione sessuale nell’intervista a Virgin&Martin.

Immagine presa da Wikimdia Commons, pertanto di dominio pubblico.

-Cos’è Virgin & Martyr, con quale scopo è stato fondato, come si è evoluto con gli anni?

Virgin & Martyr nasce nel gennaio 2017 su Instagram dalla necessità di avere un luogo, inizialmente online, in cui poter vedere, raccontare e in un certo senso celebrare tutti i corpi nella loro unicità. In particolare, volevamo dare spazio a quei corpi che più vengono nascosti e marginalizzati da una cultura che riconosce e dà valore soltanto a chi più si avvicina a certi fittizi ideali di bellezza. A partire quindi da un archivio di immagini a cui chiunque poteva contribuire, grazie allo scambio di riflessioni, domande e ricerca di consapevolezza con la community creatasi, il progetto ha potuto modularsi e prendere nuove forme. Dal 2021 siamo diventati un’associazione culturale no profit, dedicata a rinnovare e promuovere l’educazione sessuale, socio-emotiva e digitale online e sul territorio, con un approccio chiaro, aggiornato, giovane e non giudicante, che incoraggia il rispetto delle diversità e unicità. Attualmente vi collaborano e contribuiscono diverse persone e professionisti dai diversi background formativi, unite da valori e obiettivi comuni.

-Quanto è difficile accettarsi e come potersi accettare?

Si sente spesso parlare di “doversi accettare”, come se si trattasse di un traguardo da raggiungere. In realtà, sarebbe più efficace e autentico parlare di imparare ad acquisire un approccio gentile nei nostri confronti, coltivando così la relazione con noi stessi nel modo più libero e benefico per essere chi siamo. Quindi non si tratta di puntare ad essere perfetti, accettabili e conformi, e neanche di accettarsi passivamente. Decostruendo l’idea che esista uno standard o una normalità (e quindi i loro opposti), possiamo decidere con intenzione di ascoltarci, rispettarci e prenderci cura di noi. Per fare questo è necessario prendere consapevolezza sia di tutti quei meccanismi inconsci che mettiamo in pratica con l’unico scopo di adattarci ad un’accettabilità sociale e che consumano le nostre energie e tempo (come controllare e sistemare ossessivamente il proprio aspetto, fenomeno definito “Habitual Body Monitoring”), che delle dinamiche socio-culturali che influenzano la percezione di noi.

-Social e salute mentale. Come bilanciare?

Proprio come la vita offline, anche quella online può toccare dei tasti che influiscono sul nostro benessere solo che, forse, siamo culturalmente meno abituati a riconoscerli e gestirli. ⁣Il tutto è come sempre legato all’utilizzo che si fa della realtà digitale, e con alcuni accorgimenti è possibile imparare a costruire un rapporto sano e benefico con essa. Ricordiamo per esempio il diritto a disconnettersi, e quindi anche per esempio al non essere sempre reperibili e disponibili, anche se online, o di decidere di limitare il proprio tempo su determinate app o siti, così come di scegliere con coscienza cosa vedere, provando magari a chiederci: cosa vorrei vedere qui? quali contenuti mi fanno star bene dopo che li ho guardati? quali invece no? Far caso a queste sensazioni è fondamentale per rispettare la propria salute mentale. Infine ci piace ricordare che se “virtuale è reale”, dobbiamo imparare a prenderci cura anche di questo spazio, per esempio approcciandosi con rispetto delle altre persone, anche quando non hanno le nostre stesse opinioni o valori.

-Perché servirebbe l’educazione sessuale nelle scuole?

L’educazione sessuale onnicomprensiva (CSE) è quella che si occupa di educare le persone a scoprire ed esplorare il mondo della sessualità (che comprende le relazioni con sé e con gli altri, le emozioni e gli affetti,  il consenso e il rispetto, il piacere, la salute e la prevenzione e tanto altro) secondo i propri desideri e limiti, permettendo loro di fare scelte personali, libere e informate. Essa è anche riconosciuta dall’ONU in quanto diritto umano e il relativo accesso è stato ratificato da diversi trattati internazionali (come il Comitato sui Diritti del Fanciullo, della Convezione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna e dal Comitato sui diritti economici, sociali e culturali. La CSE, seguendo un approccio scientificamente corretto, senza giudizio, appropriato all’età e sensibile alle questioni di genere, e dando loro gli strumenti di conoscenza, attitudine e abilità necessari, permette ai giovani di proteggersi e battersi per la propria salute, benessere e dignità. Queste qualità non solo sarebbero indispensabili per ciascuna persona, ma potrebbero portare ad un beneficio collettivo come società e cultura, per cui contrasteremmo ogni forma di violenza e discriminazione, contribuendo ad un mondo basato sul rispetto e dove ognuno sia libero di fare le proprie scelte informate rispettando sé e gli altri.

-Questa tendenza ad “uscire dai canoni per la libertà d’espressione di chiunque”, non sta paradossalmente creando nuovi canoni?

Se l’obiettivo riguarda permettere ad ogni persona di essere sé stessa, e fare scelte personali nel rispetto di sé e degli altri, allora cominciare un processo di eliminazione dei canoni e degli standard che determinano cosa è “più giusto”, “normale” o “migliore” è più che necessario. Un processo di questo tipo può certamente portare a fasi intermedie dove per allontanarsi da un canone si sperimenta col suo opposto, e si potrebbe avere la tendenza a credere che appunto si stia solo “rovesciando” la situazione senza un vero cambiamento: ma tenendo bene a mente l’obiettivo e lavorando verso quella direzione, è facile capire che si tratta solo dei primi passi in un lungo e complesso processo.

-Oggi i porno sono sdoganati. Anche nei film “socialmente accettabili” assistiamo a scene erotiche decisamente troppo accentuate. Quanto è importante definire la distanza della pornografia dalla realtà? Aiuterebbe a prevenire la pressione sociale e l’ansia da prestazione?

La pornografia è uno strumento di intrattenimento come un altro, che può avere i suoi vantaggi e criticità, ma che certamente non ha nulla a che vedere con l’educazione alla sessualità, alle relazioni e agli affetti. Questa diversificazione è fondamentale da trasmettere ai giovanissimi, che incuriositi dal tema, ma in mancanza di una reale guida e formata educazione, sono sempre più portati ad accedere alla massiva mole di contenuti pornografici presenti online per conoscere e capire di più di un mondo che sembra circondarli, ma di cui nessuno gli parla con chiarezza, professionalità  e non giudizio.

-Burnout, come riconoscerlo e come prevenirlo?

Il burnout è uno stato di esaurimento emotivo, fisico e mentale causato da uno stress eccessivo e prolungato. Si verifica quando ci si sente sopraffatti, emotivamente svuotati, privi di motivazione e incapaci di soddisfare le costanti richieste (interne ed esterne). Lo si riconosce principalmente tramite la bassa motivazione, problemi nel sonno e nella concentrazione, non avere chiaro il confine tra lavoro e vita privata, o quasi non averlo, ma viene percepito diversamente da persona a persona. Ciò che si può fare per prevenirlo è definire e rispettare i limiti tra doveri e diritti, dare valore al riposo, alla noia, ad ascoltare i bisogni del nostro corpo e quando ci accorgiamo di essere tesi e stressati, provare ad alleviare come possibile queste sensazioni con ciò che più funziona per noi (meditazione, passeggiate, stretching, un hobby rilassante…).

-La pandemia da Covid-19 ha ridotto i posti disponibili negli ospedali, sia per quanto riguarda le terapie intensive sia perle semplici prenotazioni per visite mediche. La pandemia come ha influenzato la salute ginecologica?

In ambito ginecologico, si stima che le visite siano calate di circa il 50% e, tra le tante conseguenze, si registra un minor accesso alla contraccezione e alle tecniche di procreazione medicalmente assistite per le persone in età fertile. ⁣Lo scorso aprile, il Ministero della Salute ha emanato una circolare con l’elenco delle prestazioni ostetriche e ginecologiche che non possono essere rinviate a causa delle limitazioni date dal COVID. Tra l’elenco ginecologico, oltre alla sfera oncologica, le visite vengono considerate garantite solo in caso di perdite ematiche anomale, dolori pelvici significativi e infezioni vulvo-vaginali acute, tralasciando tutti gli altri aspetti comunque importanti.⁣ ⁣Attualmente la situazione permette il regolare svolgimento anche per i controlli di routine. Sarebbe utile prenotare un controllo presso lo specialista di fiducia o i consultori di riferimento se l’ultima visita ginecologica si è svolta più di due anni fa, anche se i tempi d’attesa possono rivelarsi più lunghi del solito.⁣ ⁣Anche lo screening con il pap test può diventare una buona occasione per confrontarsi con un ostetrico rispetto a eventuali disagi in ambito ginecologico, ma questo appuntamento non può sostituire una visita con l’ecografia. ⁣

-Secondo gli ultimi dati ISTAT, Il 31,5% delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2% (4 milioni 353 mila) ha subìto violenza fisica, il 21% (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4% (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila). Ancora, ha subìto violenze fisiche o sessuali da partner o ex partner il 13,6% delle donne (2 milioni 800 mila), in particolare il 5,2% (855 mila) da partner attuale e il 18,9% (2 milioni 44 mila) dall’ex partner. La maggior parte delle donne che avevano un partner violento in passato lo hanno lasciato proprio a causa della violenza subita (68,6%). In particolare, per il 41,7% è stata la causa principale per interrompere la relazione, per il 26,8% è stato un elemento importante della decisione. Negli ultimi giorni poi abbiamo assistito allo stupro di Reggio Emilia. Come viene alimentata la cultura dello stupro? Come combatterla?

La cultura dello stupro è ciò che in sociologia si definisce una cultura, come la nostra, dove le violenze sessuali sono più normalizzate, giustificate, incoraggiate e sottovalutate dagli atteggiamenti prevalenti e dei media, della pratica del consenso e del rispetto per limiti e desideri, propri e altrui. Questo non significa che lo stupro venga esplicitamente incoraggiato, ma piuttosto che ogni tipo di violenza, in particolare quella maschile sulla donna, venga spesso indirettamente normalizzata. Pensiamo per esempio ai numerosi casi dove la pena di un femminicida viene dimezzata perché la causa della violenza viene considerata “la rabbia, il raptus emotivo” generato dal vedersi lasciare o non essere più voluto dalla compagna, oppure alle comuni frasi da “te la sei cercata”, come ad intendere che è normale venire aggredite e molestate, verbalmente e/o fisicamente, se ci si veste in un certo modo o si vanno in certi posti. Questo presuppone una completa assenza di educazione nei confronti del consenso e del rispetto, sia per sé e che per gli altri. Noi ci occupiamo particolarmente di questo tema, e realizziamo incontri e laboratori a scuola e non solo per informarsi e confrontarsi, allenandosi a metterlo in pratica nella nostra quotidianità e prendendo parte così all’evoluzione nella cosiddetta “cultura del consenso”, dove rispettarsi è normale e incoraggiato.

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Giornalista regolarmente tesserato all'Albo dei Giornalisti di Puglia, Elenco Pubblicisti, tessera n. 183934. Pongo domande. No, non sono un filosofo (e nemmeno radical chic).