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Cultura

Lucilla D’Eredità presenta per la Pav edizioni “Il cerchio non è squadrato”

L’autrice prende spunto dalla sua vita per trasmettere il suo messaggio attraverso la poesia. “Un viaggio interiore”

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lucilla d'eredità

Qualcosa su di te e di cosa ti occupi, come mai hai realizzato proprio quest’opera?

Scrivo da sempre. Ho cominciato a scrivere il mio diario dalle elementari, come molte bambine.

Scrivere il tema a scuola era per me una specie di piacevole avventura: un viaggio interiore, ma anche un tentativo d’analisi della realtà.

Sicuramente oltre alle letture, anche i miei genitori mi hanno educato all’amore per il racconto e per la poesia.

Hanno stimolato la mia capacità d’immaginazione.

Mia madre quand’ero piccolissima m’invitava a giocare con delle mollette da bucato e con dei giornali illustrati.

Inoltre mi allenava ad inventare realtà da fiaba, di cui diventavo protagonista, dicendomi: “Fa finta che …”

Mio padre mi raccontava storielle che sapevo inventate, sul suo lavoro, sugli imprevisti avvenuti nel viaggio per tornare a casa ecc., e tutto questo per convincermi a mangiare. Ricordo poi i frequenti riferimenti di mia madre alle poesie studiate a scuola e, a volte, anche il  mio innervosirmi quando il tema delle liriche proposte era troppo triste per me ragazzina.

Col tempo sono passata dal diario a dei tentativi di poesia, poi a cercare di rendere i miei scritti vere poesie: non semplici sfoghi personali, ma strumento di dialogo con me stessa e con gli altri, sicuramente simili a me nei lineamenti fondamentali. Finalmente, dopo essere stata incoraggiata e dopo essermi detta che avrei dovuto provare, ho sottoposto le mie poesie ed i miei “Quadretti” in prosa alla PAV ed ho avuto conferma che, almeno a loro parere, non era stato infruttuoso il mio tentativo di scrivere qualcosa in grado non solo di comunicare e d’esprimere me stessa, ma anche di  ‘parlare’ al cuore ed alla mente degli altri, o di alcuni altri.

Cosa sognavi da piccola? C’è qualcosa che ti accomuna ai tuoi personaggi?

Mi ricordo che potevo stare per lunghi periodi a guardare dalla finestra banalmente il paesaggio ed alcuni suoi particolari aspetti, la gru vicino a casa in cui, così era una volta, il manovratore se ne stava in alto, nella stessa pancia della gru. Mi divertiva immedesimarmi, mi chiedevo come vedesse la realtà dall’alto, mi piaceva immaginare il suo ritorno in famiglia dopo il lavoro, l’arrivo chiassoso dei figli, il saluto della moglie….

In un certo periodo della mia vita i miei sogni e le mie frequentazioni ad occhi aperti sono stati i rapporti personali più frequenti e sereni, oltre quelli con i familiari.

I personaggi dei miei Quadretti sono ricchi di silenzi, di autoanalisi ed hanno come me un approccio precario ed insieme grato alla vita.

Cosa ti piace di più del lavoro che fai?

Ormai non svolgo più il lavoro impiegatizio degli anni passati. Di quel lavoro mi piaceva poter prestare un servizio, essere utile. Ritenevo che, malgrado i miei limiti, questo atteggiamento di fondo sarebbe stato utile soprattutto a me, alla mia crescita interiore ed anche a superare la noia di certi passaggi inevitabilmente ripetitivi.

Qual è il tuo mantra quotidiano?

Credo di seguire tre ‘regolette’ fondamentali: la prima è quella di cercare di svolgere con amore le attività che ritengo mi tocchino, siano mio ‘dovere’, come mi ripeteva mia madre quand’ero ragazzina; insomma cerco di far del mio meglio, ma senza dimenticare la finalità di queste azioni, cioè cerco di non  perdermi totalmente in ciò che faccio. Ho imparato da non molto quest’ultimo aspetto. La seconda ‘regoletta’ è che tutto ciò che avviene nella vita ha un significato, a volte non immediatamente comprensibile, ma sono ‘chiamata’ da quel certo fatto a dare una risposta, a giocare la mia libertà sia con un rifiuto che con un’adesione. Insomma non sono molto adatta né molto d’accordo sul ‘far finta di niente’.

La terza ‘regoletta’ consiste nel provare gratitudine e meraviglia per i piccoli miracoli d’ogni giorno, come l’aiuto ad un passante per strada, il gatto ed il cane che si fanno le coccole, mio marito che raccoglie per me un fiore dal prato mentre passeggia con la lupa…

Ti identifichi con un personaggio in particolare del tuo libro o no?

Nei miei Quadretti che dipingono squarci di realtà sono riportati i tratti caratteriali e le esperienze mie e di conoscenti, amici, parenti. Non m’identifico con nessuno dei miei personaggi, ma ciascuno di loro esprime aspetti che ho scoperto in me o negli altri. Nelle poesie invece esprimo me stessa e m’identifico con gli altri umani che come me camminano faticosamente in questa dimensione limitata da tempo e spazio.

Credi che ci sia spazio nella società attuale per i tuoi protagonisti o si troverebbero spiazzati?

Scrivo quello che sperimento, mi dà gioia, dolore, provoca i miei dubbi, costringendomi a pensare, così come riesco. I protagonisti dei miei Quadretti possono essere ciascuno di noi, sono nostri contemporanei e, come tali, sono anche un po’ spiazzati, come dici tu, a volte molto arrabbiati, sempre grati dei piccoli, ma preziosi doni della vita.

La cultura e i libri…Hai un riferimento in politica o nella società attuale che ti ispira fiducia?

Circa l’apprendimento, la cultura, mi sembra che troppo spesso si sia data priorità all’apparenza rispetto alla sostanza, che si sia spesso confusa la serietà con la seriosità; mi pare che anche nella scuola si sia confuso l’apprendimento ricco di dubbi e desideroso di trovare risposte parziali, come un trampolino per il cammino successivo, lo si sia confuso con la ‘ripetizione’.

Se a scuola si insegnassero un pò di educazione civica…senza per questo pretendere la conoscenza a memoria della Costituzione! Sarebbe bello se i ragazzi sapessero che cosa furono Nazismo e Fascismo e non li confondessero con esperienze capaci di esprimere forza e convinzione, come ho sentito dire in buona fede da qualche ragazzino coetaneo dei miei nipoti.

Vorrei si educasse al dubbio, non al dogma ed al seguire nuovi padreterni risolutori di ogni problema… Credo questo sia l’atteggiamento di fondo con cui ispirare il percorso culturale delle nuove generazioni, ma non so quali forze potrebbero incrementare concretamente un atteggiamento di questo tipo. Credo dipenda soprattutto dai singoli, ma forse anche un’organizzazione diversa dei programmi didattici potrebbe aiutare.

Non so se esistono forze politiche che possano camminare in questa direzione, mentre penso che da alcuni anni si stia riscoprendo in Italia che di cultura si vive e per questo, ad esempio, si sono organizzate le domeniche con ingresso gratuito ai musei nei mesi invernali.

Credi che si potrebbe fare di più in merito alla sensibilizzazione dei giovani nei confronti di eventi culturali o sei soddisfatta come scrittrice?

lucilla d'eredità

Aggiungo un altro aspetto utilizzando un esempio: conosco dei genitori che nei giorni ‘di festa’ hanno accompagnato i figli sin da piccoli in piscina, a far una passeggiata, al cinema e … al museo. I bambini sono cresciuti sapendo che natura, sport, musica ed anche arte, storia ecc. possono essere divertenti, affascinanti. Inizialmente è la famiglia ad educare al gusto della conoscenza, poi la scuola incrementa quest’attitudine, secondo me. Quindi la stessa scuola dovrebbe stimolare la famiglia e viceversa in un virtuoso circolo vizioso, nel rispetto delle specifiche competenze.

Per approfondire e acquistare il libro collegatevi sul sito della Pav edizioni

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