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Cultura

Cinema e nuova guerra fredda: l’esempio The Queen’s Gambit

La famosa serie Netflix The Queen’s Gambit (in italiano: La Regina degli Scacchi), film-serie uscito il 23 ottobre 2020, è diventata velocemente una miniserie di grande successo internazionale.

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Il simbolico “smacco” statunitense contro la Russia: quando l’ arte diviene strumento politico

di Maddalena Celano

La famosa serie Netflix The Queen’s Gambit (in italiano: La Regina degli Scacchi), film-serie uscito il 23 ottobre 2020, è diventata velocemente una miniserie di grande successo internazionale. Ambientata principalmente nel Kentucky, negli Stati Uniti, a cavallo tra gli anni ’50 e ’60,  in 7 parti, racconta la toccante storia di Beth Harmon, una ragazza prodigio degli scacchi che impara il gioco da un custode dell’orfanotrofio in cui vive, e la sua fulminea ascesa, come campionessa, a livello mondiale. Tuttavia, il suo dono è a doppio taglio; poiché la sua personalità ossessiva, che le offre la dedizione necessaria per padroneggiare il gioco e sviluppare le sue capacità naturali, è anche una maledizione mentre lotta con la dipendenza da droghe e alcol e tribolazioni di salute mentale. La serie finora ha riscontrato enorme successo, sia di critica che commerciale.  The Queen’s Gambit ha tenuto il primo posto nella classifica di Netflix, in 63 paesi del mondo, e ha ottenuto oltre 62 milioni di recensioni, rendendola una delle serie originali Netflix di maggior successo. The Queen’s Gambit è stato anche nominato per due Golden Globe: miglior film per la televisione (che include anche miniserie) e migliore attrice per film televisivo (per l’ attrice Anya Taylor-Joy).  Il film The Queen’s Gambit è tratto da un romanzo statunitense del 1983, di Walter Tevis, che appunto esplora la vita dell’immaginaria ragazza-prodigio degli scacchi Beth Harmon. Il romanzo è una storia di formazione che affronta temi sociali molto delicati  e di scottante attualità come l’abbandono infantile, la povertà, il femminismo e la “fragile” libertà femminile in un mondo egemonizzato dal “maschile”, la depressione, la tossicodipendenza e l’alcolismo. In un’intervista al New York Times, pubblicata al momento dell’uscita del suo libro nel 1983, Tevis ha affermato che la storia è “un tributo alle donne intelligenti”.  Ci sono state  numerose speculazioni su chi abbia realmente ispirato il personaggio di Beth Harmon, ma lo scrittore  Tevis ha negato enfaticamente di essersi basato su un personaggio reale della comunità scacchistica, maschio o femmina che sia. In realtà, già nel 2007, l’attore Heath Ledger stava  lavorando a quello che sarebbe stato il suo debutto alla regia, l’adattamento del romanzo di Walter Tevis “The Queen’s Gambit”, con lo scrittore/produttore britannico Allan Scott. Il ruolo principale della giovane donna prodigio degli scacchi era stato offerto alla candidata all’Oscar Elliot Page. Anche Ledger, lui stesso un giocatore di scacchi molto apprezzato, avrebbe dovuto svolgere un ruolo di supporto fino alla sua morte prematura che ha annullato il progetto iniziale. Bruce Pandolfini, altro maestro di scacchi statunitense, si è consultato sulle posizioni scacchistiche prima della pubblicazione del libro, ed è stato colui che ha suggerito il titolo finale del libro. Solo trentotto anni dopo è tornato anche a consultarsi sull’adattamento Netflix del 2020.

Trama

All’età di 8 anni, Beth Harmon rimane orfana quando sua madre muore in un incidente d’auto.  La inviano a Methuen, un orfanotrofio dove i bambini vengono imbottiti di ansiolitici e psicofarmaci vari  per mantenerli “conformi”. Mentre è lì, Beth osserva il custode, il signor Shaibel, che gioca a scacchi da solo. Sebbene inizialmente sia riluttante a insegnare a una ragazza, Beth alla fine lo convince a giocare con lei. Nel giro di pochi mesi, il signor Shaibel confessa di averle insegnato tutto ciò che sa e la presenta a un insegnante di una scuola superiore locale che gestisce il club di scacchi. Beth, poco dopo aver battuto a scacchi un gruppo di studentesse (prima) e di studenti (dopo) delle scuole superiori, scopre che lo stato sta vietando l’uso di ansiolitici sui bambini e sugli adolescenti. Durante il tentativo di accumulare i restanti ansiolitici per se stessa, va in overdose accidentale. Come parte della sua punizione per essere stata scoperta, le è proibito giocare a scacchi e di interagire con il signor Shaibel. Beth, nel frattempo, fa amicizia con Jolene, un’atletica ragazza di colore di 13 anni, che tenta goffamente di iniziare una relazione omosessuale con lei. 5 anni dopo, all’età di 13 anni, Beth viene adottata dai Wheatley. Il signor Wheatley abbandona la moglie poco dopo l’adozione di Beth. Beth prova subito a giocare di nuovo a scacchi. Dopo aver rubato una rivista di scacchi, viene a sapere che una scuola superiore locale sta organizzando un torneo di scacchi e scrive segretamente al signor Shaibel, chiedendogli di prestarle i fondi per partecipare al torneo. Nonostante sia una giocatrice non classificata e non abbia avuto accesso a un set di scacchi per cinque anni, Beth non solo vince il torneo ma sconfigge il campione dello stato del Kentucky, Harry Beltik. Incapace di incassare lei stessa le sue vincite, rivela di aver vinto alla signora Wheatley. In disperate difficoltà finanziarie, la signora Wheatley inizia a organizzare, per Beth, i giochi e i tornei, concentrandosi su quelli con i premi più alti e raccogliendo una commissione del 10% come agente. Beth continua a vincere diverse gare e diversi tornei in tutti gli USA.  Per questa ragione, Beth attira l’attenzione come ragazza prodigio, ma incontra il campione degli Stati Uniti, Benny Watts, un ex prodigio lui stesso, e viene sconfitta da lui che la incorona co-campionessa degli Stati Uniti. Per diversi anni sente che, nonostante il suo talento, sta annaspando mentre invecchia. Continua anche a fare uso ricreativo di droghe e alcol, rubando ansiolitici alla signora Wheatley e scoprendo che abbuffarsi di alcol rilassa la sua ansia. All’età di 18 anni, partecipa a una competizione in Messico dove incontra e viene sconfitta dal russo Vasily Borgov. Tornando nella sua stanza d’albergo scopre che la signora Wheatley è morta, lasciandola orfana ancora una volta. Tornata negli Stati Uniti, Beth si riunisce con Harry Beltik che, sebbene la ammiri per essere una giocatrice intuitiva, insiste sul fatto lei che debba studiare gli scacchi più seriamente. Iniziano una relazione sia professionale che personale, ma dopo averle insegnato tutto ciò che sa, lui se ne va bruscamente per concentrarsi meglio sui suoi studi. Sicché Beth partecipa ai campionati statunitensi e riesce a sconfiggere Benny Watts. Finalmente campionessa statunitense in solitaria, ora riceve inviti a competere a livello internazionale. Benny si offre per allenarla, quindi si trasferisce a New York per aiutare Beth a studiare ulteriormente gli scacchi,  iniziando anche una relazione sessuale. Beth supera rapidamente Benny e va a Parigi sicura di essere in grado di battere il russo Borgov. Ma sebbene giochi al meglio e non commetta errori evidenti, Borgov la sconfigge. Beth torna in Kentucky dove inizia a bere in modo sfrenato. Dopo aver partecipato a un torneo per difendere il suo titolo di campionessa dello stato del Kentucky e aver perso gravemente nella prima partita, Beth si rende conto di essere un’alcolizzata. Si rivolge alla sua vecchia amica di Methuen, Jolene, ora insegnante di fisica che sta ottenendo un master in scienze politiche. Jolene aiuta Beth a “ripulirsi” e Beth trionfa al suo prossimo torneo. Beth si prepara ad andare al torneo internazionale di Mosca, alla disperata ricerca di vendetta contro il russo Borgov. Benny si offre di andare come suo “secondo”, cioè come un giocatore che si occuperà di studiare le strategie con Beth e l’aiuterà a prepararsi. Non essendoci  molti denari disponibili, la US Chess Federation, un’organizzazione cristiana anti-comunista, si offre di pagarle tutte le spese,  a condizione che Beth si presti a promuovere la propaganda e la retorica anticomunista.  Beth si rifiuta di accettare simili condizioni e finisce per restituire i loro soldi e restare senza Benny. Tuttavia, a Mosca, Beth sconfigge con successo i suoi avversari anche se è preoccupata per la sua ultima partita contro Borgov. Si rende anche conto che i sovietici si aiutano a vicenda nell’elaborare strategie vincenti per le partite, mentre lei si trova per lo più da sola. La sua ultima partita con il russo Borgov viene sospesa. Quella sera, ha difficoltà ad analizzare il gioco ma viene salvata da Benny, che la chiama da New York e le offre la sua analisi strategica. Una volta che il gioco riprende, Borgov offre un pareggio a Beth. Lei rifiuta il pareggio,  vincendo la partita finale. Beth ha in programma di battere Borgov, nei prossimi due anni, per diventare campionessa del mondo. Alla festa dell’Ambasciata Statunitense a Mosca, che celebra la sua vittoria, si sente a disagio e se ne va presto, andando a giocare a scacchi nel parco moscovita contro un gruppo di uomini del posto che giocano per hobby.

Messaggio sociale e politico del film:

dalle contraddizioni  “di genere” alle contraddizioni geopolitiche

Il romanzo da cui è tratto il film è un thriller, un romanzo sportivo o di gioco. The Queen’s Gambit è, in realtà, puro intrattenimento ma è stato anche molto elogiato per l’accuratezza tecnica delle sue rappresentazioni degli scacchi. Lo scrittore Tevis riesce a trasmettere la suspense cerebrale con cui vivono gli aspiranti campioni del mondo degli scacchi. Harold C. Schonberg, scrivendo sul New York Times, ha confermato che Tevis “rivela molto sul mondo degli scacchi americani, con un’ultima occhiata su come operano i russi, ed è un quadro eccezionalmente accurato quello che disegna”.  Schonberg, sempre sul New York Times, ha aggiunto: “Beth Harmon potrebbe non essere attraente, ma ha la dedizione di una santa biblica, una strana memoria e la capacità di sintetizzare, creare e far esplodere il suo piccolo mondo con una sorta di sorprendente originalità che nessun altro può eguagliare. Questo è ciò che riguarda gli scacchi al suo livello più alto.” Tevis ha basato le scene degli scacchi sulla propria esperienza di giocatore di “classe C” e sul suo lungo studio del gioco. Prima della miniserie Netflix, del 2020, ci sono stati diversi tentativi falliti di adattare il libro all’arte cinematografica. Nel 1983, il giornalista del New York Times, Jesse Kornbluth, acquisì i diritti di sceneggiatura ma il progetto fu annullato quando Tevis morì nel 1984.  Nel 1992, lo sceneggiatore scozzese Allan Scott acquistò i diritti d’autore dalla vedova di Tevis e scrisse un sceneggiatura per un film d’autore.  Nel 2007, Scott stava lavorando con Heath Ledgersu quello che sarebbe stato il debutto alla regia di Ledger, in cui Ledger voleva che l’attrice Elliot Page interpretasse Beth Harmon. Ma Ledger è morto nel gennaio 2008 e Scott ha co-creato e co-prodotto la serie Netflix del 2020. Anya Taylor-Joy interpreta il ruolo principale della serie, mentre Scott Frank è sceneggiatore, regista e produttore esecutivo.  Tuttavia, il film si discosta dal romanzo. Ad esempio, nel romanzo, Beth è a casa quando sua madre muore in un tamponamento e viene informata da “una donna con un block-notes”. Non vi è alcuna indicazione che si sia suicidata e non viene fornita alcuna storia sui suoi genitori. Suo padre è morto un anno prima e lei ha pochi ricordi di lui; è implicito che fosse un alcolizzato. Nel romanzo, Beth parte nel bel mezzo del torneo per visitare il parco di Mosca dove gli uomini giocano a scacchi, dove viene riconosciuta. In seguito esce presto da una funzione all’Ambasciata Statunitense per visitare di nuovo il parco e giocare a scacchi con loro. Nella serie, lascia drammaticamente l’auto sulla strada per l’aeroporto, per visitare il parco per la prima volta, apparentemente non disposta ad accettare un invito a comparire alla Casa Bianca. Townes appare solo due volte nel romanzo, una volta come avversaria nel suo primo torneo e una volta come giornalista che la intervista. Non vi è alcuna indicazione sulla sua indole “saffica”. Il personaggio di Cleo non compare nel romanzo. Un’attraente giovane donna di nome Jenny Baynes le fa visita nell’appartamento di Benny, insieme ai giocatori di scacchi Levertov e Wexler, ma non prende più parte alla trama. Nella serie, Cleo la conduce a un’abbuffata di alcol, durante un torneo importante, ed  è un punto importante della trama. Né gli uomini di The Queen’s Gambit si sono mai risentiti di Beth, per la sua bellezza gelida e riservata, la sua intelligenza aliena. Invece, la rispettano. I primi due uomini che l’hanno sottovalutata, al suo primo torneo, diventano i suoi groupie. Il primo campione di scacchi che la conosce, soffrirà di un amore non corrisposto per lei. Quando Beth si reca a Mosca, per giocare contro i giocatori di scacchi sovietici – i migliori al mondo – il suo gruppo di fan, composto da ragazzi americani, resta sveglio tutta la notte pianificando strategie vincenti da utilizzare. Uno dei suoi umiliati avversari russi si dimette baciandole la mano. Questo felice stato di cose, dovrebbe essere ovvio, ma non è una rappresentazione abbastanza accurata dello stato della politica “di genere”, nel mondo scacchistico reale. “Sono stati troppo gentili con lei”, ha affermato al New York Times la campionessa di scacchi ungherese, Judit Polgar, riferendosi al modo in cui gli uomini immaginari trattano la Beth immaginaria. Nella vita reale, Polgar ha allontanato gli uomini che “si sono rifiutati di stringerle la mano” dopo che lei li ha sconfitti. Inoltre, racconta che uno degli uomini che ha sconfitto in una partita a scacchi, “ha appositamente battuto la testa sul tabellone per aver perso (contro di lei)”. The Queen’s Gambit non dovrebbe essere un documentario, e non c’è niente di sbagliato nell’indugiare in fantasticherie che descrivano un mondo in cui gli uomini rispettino le donne (che hanno mostrato più abilità e talento di loro), abbastanza da essere lusinghieri e da fungere addirittura da supporto nelle loro vite, anche se questo non è il mondo in cui viviamo realmente. Ma non credo che la fantasticheria utopica sia proprio ciò che Queen’s Gambit ci stia offrendo. C’è un potente gioco di fantasia incastonato in questa storia. Ma è una fantasia vuota che reifica le strutture di potere preesistenti piuttosto che criticarle. La storia che racconta è certamente una bella e convincente storia di riscatto sociale, molto consolatoria e dal sapore tipicamente statunitense. Ovvero, si tratta della tipica storia di una “self made woman”: la storia di una donna che parte dal nulla per costruire la sua fortuna. Un’orfana che ha perso ben due volte i suoi genitori (sia i suoi genitori biologici che quelli adottivi), povera, con dipendenze da alcol e psicofarmaci e una disabilità psichiatrica (depressa e ansiosa). Tuttavia, questa donna, è così brillante da essere in grado di sfondare le barriere della misoginia strutturale e radicata. Questa donna (pur essendo povera e disabile) è così bella e brillante che le barriere della misoginia strutturale e radicata semplicemente crollano davanti a lei. Beth rappresenta l’eccezione che consente al patriarcato e al classismo di continuare ad alimentarsi, più che la violazione delle regole che ci mostra perché il patriarcato dovrebbe sgretolarsi. Questo conservatorismo, questo fallimento dell’immaginazione, persiste per tutto il film The Queen ‘s Gambit. È la linea di faglia che attraversa le squisite immagini di superficie dello spettacolo. È l’incavo marcio al centro dello spettacolo. Ecco perché, alla fine, The Queen’s Gambit, pur riscuotendo un enorme successo, non riesce a diventare mai abbastanza grande. The Queen’s Gambit è certamente bello da vedere: ricco di ritmo, di suspense, con una trama accattivante, una fotografia elegante  e immagini altrettanto eleganti. L’attore Harry Melling, che interpreta il campione di scacchi del Kentucky, Harry Beltik, nella serie, osserva che mentre i personaggi dello show sono di fantasia, non è difficile vedere dove il romanzo e la serie abbiano trovato l’ispirazione nella vita reale. Tevis, ovviamente, ha usato personaggi come Bobby Fischer e altri famosi personaggi degli scacchi per aiutare la storia, che è un pezzo di finzione. Il romanzo di Walter Tevis e l’adattamento di Scott attingono a quella storia e ti fanno pensare che debba essere una storia vera perché sembra estremamente reale. Mentre i viaggi di Beth la portano via  dalla città di Lexington, dal Kentucky, a New York, Parigi, Città del Messico e persino Mosca, la serie ha girato la maggior parte delle sue riprese europee in una città che non appare mai nel film come se stessa: Berlino. Se ci pensiamo, Berlino è stata distrutta e poi ricostruita negli anni ’50 e ’60, quindi è un’incredibile tela di un’ampia varietà di architetture radicate in quel periodo modernista del dopoguerra.  Detto questo, McClain del New York Times, osserva che la vita di Beth assomiglia molto alla storia, della vita reale, del campione di scacchi di fama mondiale Bobby Fischer. Beth vince il campionato statunitense del 1967, che è stato l’anno in cui Bobby ha vinto il suo ultimo titolo americano. Bobby è diventato un campione di scacchi, per la prima volta, all’età di 14 anni – Beth fa lo stesso a 16 anni nello spettacolo. Allo stesso modo, Bobby ha imparato da solo il russo per prepararsi meglio per le competizioni, cosa che vediamo fare anche da Beth. Nello show di Netflix, il duro lavoro di Beth ripaga quando batte Vasily Borgov a Mosca. Bobby ha anche visto i suoi sforzi portare a un’enorme vittoria contro il russo Boris Spassky. La teoria di McClain è che Walter Tevis, che era lui stesso un giocatore di scacchi dilettante, abbia preso elementi di Bobby e li abbia trasfigurati nella protagonista femminile in The Queen’s Gambit, per promuovere la “parità tra uomo e donna” nella competizione scacchistica.  Secondo quanto riportato nel New York Times, Bobby si riferiva alle giocatrici di scacchi come “non così intelligenti” e non ha mai riconosciuto i loro talenti. Forse questo è il modo in cui Walter Tevis ha sfidato le presunzioni di Bobby. In un certo senso, parti di Beth riflettono più la vita di Walter che quella di Bobby. Walter ha riferito, al New York Times, nel 1983, che, oltre ad essere un buon giocatore di scacchi, anche lui è stato esposto alle droghe in giovane età. Al contrario, ritiene che Bobby non abbia lottato contro le dipendenze o fatto uso di droghe o alcol. “Mi è stato diagnosticato un problema al cuore e mi sono state somministrate pesanti dosi di farmaci, in un ospedale. Ecco da dove viene la tossicodipendenza di Beth nel romanzo”, ha rivelato Walter Tevis. “Scrivere su di lei è stato liberatorio. C’era del dolore: ho sognato molto mentre scrivevo quella parte della storia. Ma, artisticamente, non mi sono permesso di essere autoindulgente”. Inoltre, Walter ha rivelato al Times che desiderava che The Queen’s Gambit fosse un “tributo alle donne intelligenti” come sua figlia, Julie. “Mi piace Beth per il suo coraggio e la sua intelligenza. In passato, molte donne hanno dovuto nascondere il cervello, ma non oggi.” In conclusione: gran parte del The Queen’s Gambit è stato ispirato da eventi e giochi di scacchi che hanno avuto luogo nella realtà, nonostante il personaggio principale non sia mai realmente esistito. La narrazione e le sottotrame si estendono oltre ciò che accade fuori dagli schemi letterari o cinematografici.

Tuttavia,  tutte queste storie e dichiarazioni non sono del tutto convincenti.

 Riformuliamo la domanda: cosa c’è di reale nel mondo di The Queen’s Gambit?

In realtà, ci sarebbero seri sospetti che, ad ispirare la protagonista femminile, sia stata la campionessa ungherese di scacchi Judit Polgar. Tuttavia la Polgar non è diventata “Gran Maestra” degli scacchi, se non nel 1991. Sua sorella, Susan Polgar, ha ricevuto il titolo lo stesso anno. Bobby Fischer, raffigurato nel film, durante una partita del 1970 contro Boris Spassky, è servito da ispirazione per The Queen’s Gambit, sia nel romanzo che nella miniserie. Sebbene la miniserie di successo di Netflix, adattata dall’omonimo romanzo di Walter Tevis del 1983, sia immaginaria, traccia parallelismi anche con la vita politica reale. Proprio come in “The Queen’s Gambit”, gli scacchi sono diventati un’arena per rappresentare le tensioni della Guerra Fredda, tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Infatti, l’11 luglio 1972, l’otto volte campione di scacchi statunitense Bobby Fischer, affrontò il giocatore russo e campione del mondo di scacchi in carica Boris Spassky, in quella che divenne nota come la “partita del secolo”. Per 24 anni, i russi hanno conservato il titolo mondiale.

Colpo di scena: la Regina degli Scacchi esiste realmente ma…non è statunitense!

Le menzogne su una reale e storica campionessa mondiale:

colpita per aver rappresentato la Russia

In realtà “la Regina degli Scacchi” esiste davvero. Si chiama Nona Gaprindashvili, ha 80 anni e vive a Tblisi, la capitale della Georgia. La campionessa mondiale georgiana, Nona Gaprindashvili, infatti, è stata citata nel corso del settimo e ultimo episodio della serie, quello che vede Beth Harmon confrontarsi con il fittizio campione del mondo, il russo Vasily Borgov. “La Regina degli Scacchi”, confondendo  invenzione e realtà,  a un certo punto, fa commentare al “presentatore” (un giornalista sportivo) della sfida, facendo riferimento proprio a Beth e citando  la Gaprindashvili, usando termini non del tutto accurati, né particolarmente lusinghieri: “L’unica cosa insolita di lei, in realtà, è il suo sesso. E anche questo non è un’eccezione in Russia. C’è Nona Gaprindashvili, ma lei è la campionessa mondiale femminile e non ha mai affrontato uomini”. La vera campionessa degli scacchi si è offesa e per una buona ragione: non è assolutamente vero che lei, all’epoca, non avesse mai affrontato un avversario maschile. Al contrario, spesso, ha gareggiato con uomini portando a casa grandi soddisfazioni. Tra l’altro, in URSS, non era raro far gareggiare, o allenare, le loro campionesse femminili (nei vari sport) con gli uomini: era una tecnica utilizzata per stimolare e motivare ulteriormente le campionesse a dare il meglio di sé.  Ad esempio, Gaprindashvili ha vinto (sempre contro un uomo) al torneo Hastings Challengers nel 1963/4. Ha pareggiato, contro un avversario maschile, per il secondo posto a Sandomierz, nel 1976, ha pareggiato per il primo posto (contro un avversario maschile) a Lone Pine, nel 1977,  e ha pareggiato per il secondo posto (sempre contro un maschio)  a Dortmund, nel 1978.  La sua prestazione, a Lone Pine, l’ha resa la prima donna in assoluto a ottenere il titolo di Gran Maestra Internazionale. È l’unica donna, campionessa mondiale di scacchi, ad ottenere anche il titolo mondiale senior. Ha vinto il titolo Senior anche nel 2009, 2014, 2015, 2016, 2018 e 2019 (nella divisione 65+ dal 2014). Ha anche vinto il campionato europeo femminile senior nel 2011, 2015, 2016, 2017 e 2018 (nella divisione 65+ dal 2014). Nel 2005, all’età di 64 anni, Gaprindashvili ha vinto il torneo di scacchiBDO tenutosi ad Haarlem, nei Paesi Bassi, con un punteggio di 6½/10 punti e una valutazione di 2510. Nel 2021, Gaprindashvili è apparsa nel documentario Glory to the Queen, insieme a Nana Alexandria, Maia Chiburdanidzee e Nana Ioseliani. Per tutte queste ragioni, la scacchista ritiene di aver subito  un enorme danno di immagine di fronte ad una illimitata platea internazionale e di avere quindi il diritto ad un risarcimento commisurato al torto subìto. Tra l’altro, gli sceneggiatori si sono macchiati, per qualche ragione, di un’altra grave imprecisione, lasciando intendere che la Gaprindashvili fosse russa, quando invece è georgiana (anche se ha rappresentato la Russia, in molte occasioni). Il paradosso è che Netflix, per esaltare il personaggio statunitense di fantasia Beth Harmond, e in particolare per dare risalto alla sua impresa di donna in un mondo di uomini, e quindi per intavolare un discorso sulla parità di genere tra uomo e donna, abbia sminuito le gesta di una vera campionessa mondiale di scacchi con un unico neo: aver rappresentato la Russia nei vari tornei mondiali. Per esaltare un’eroina finta è stata ridimensionata quella vera. Sembrerebbe, inoltre, che Nona Gaprindashvili, stando a quanto dichiarato da lei stessa, abbia contattato la piattaforma Netflix per richiedere una ritrattazione e delle scuse, ma che sia rimasta inascoltata. Netflix invece si è già mossa rilasciando una nota ufficiale: “Netflix ha il massimo rispetto per la signora Gaprindashvili e per la sua illustre carriera – ha dichiarato un portavoce del colosso di streaming in una nota ufficiale – ma crediamo che questa richiesta di risarcimento non abbia alcun valore e ci difenderemo energicamente in tribunale”. Insomma, le pedine ormai sono sulla scacchiera e la partita potrebbe essere una di quelle lunghe e difficoltose: di sicuro, ormai si giocherà in tribunale.

Conclusioni

Nonostante The Queen’s Gambit, come tutto il grande cinema statunitense, sia anche uno strumento politico, un’arma ideologica, sarebbe sciocco e miope non visionarlo e analizzarlo nei dettagli. Certamente si tratta di un ottimo lavoro “stilistico”: la trama è avvincente, ricca di suspence, con un’ottima fotografia, un’ottima colonna sonora e attori eccezionali. La miniserie rivela anche uno spaccato, estremamente realistico, del proletariato e del sottoproletariato urbano statunitense, degli anni ‘50 e ‘60. I problemi sociali sono tutti pienamente rappresentati, e onnipresenti, in tutta la loro drammaticità: l’infanzia abbandonata, la degradante condizione femminile delle donne sole e abbandonate o dai genitori o dai mariti, appartenenti alle classi basse o medio-basse (in un mondo egemonizzato da una borghesia prevalentemente maschile e bianca), la depressione e il problema della dipendenza da droghe e alcol, la solitudine e l’individualismo estremo che si accompagna ad una competizione sfrenata per il successo. La miniserie, certamente, non esalta acriticamente la civiltà e lo stile di vita statunitense. Ne rivela, al contrario, la complessità ed anche i limiti. Addirittura, rivela una sottile critica alla civiltà statunitense: ad esempio, quando Beth nota che i russi primeggiano negli scacchi per via della loro indole collettivista e cooperativista (i campioni si aiutano, tra loro, senza competizioni interne). Oppure quando Beth rifiuta il denaro offertogli dalla US Chess Federation perché trova ridicolo, e controproducente, prestarsi ad una campagna denigratoria, contro i comunisti, solo per vile denaro. Infine, Beth, sembrerebbe affascinata e quasi ipnotizzata  dalla cultura e società russa, allacciando con i colleghi russi una competizione cordiale (non polemica e non aggressiva) e basata sul reciproco rispetto e riconoscimento, pur nella competizione (il così detto sano “spirito sportivo”).  In realtà, la miniserie, ad un primo sguardo, sembrerebbe mostrare come si dovrebbero tessere le relazioni, anche nelle competizione, tra popoli e culture diversi tra loro, quanto egemonici (in questo caso, USA e URSS). Un film che traccia quello che “sarebbe dovuto essere” o quello che “si dovrebbe fare”: come agire quando due forze uguali (per potenza) ma opposte si scontrano. Il film descrive “l’ideale”, non la realtà.  Il “sottotesto” resta quello squisitamente statunitense, di matrice protestante e puritana: ovvero l’etica del “self made man” (in questo caso, “woman”). Le difficoltà della vita si superano con la dura forza di volontà, la disciplina, l’esercizio di un’etica ferrea e della morale nella vita pubblica, attraverso la lealtà e la “correttezza” nei rapporti sociali. Così Beth esce dalla fitta oscurità della sua vita, attraverso una disciplina marziale, il cieco sacrificio e le relazioni improntate sulla lealtà, con amici e conoscenti. Ma dimentichiamo che, spesso, l’etica protestante, che incarna il migliore spirito “rivoluzionario” borghese (e questo è stato riconosciuto persino da Marx che ne riconosce pienamente il merito) inciampa e mostra le sue “aporie” quando si riferisce a “ciò che dovrebbe essere” e non a ciò che è (la realtà è, spesso,  grigia, ambigua e limitante). Ad esempio, che ne sarebbe stato di Beth se (ipotesi per assurdo) non avesse incontrato  gli uomini “illuminati” (poco misogini) e “galanti” (e, quindi, disposti ad aiutarla ed “accompagnarla” nella sua scalata al successo)  come Harry Beltik e Banny Watts? Che ne sarebbe stato di Beth se (ipotesi per assurdo) non avesse incontrato un avversario ragionevole e galante, come il russo Vasily Borgov? Pensare che la panacea di tutti i mali, nella vita di un individuo, possa ridursi, prevalentemente, ad un’etica ferrea ad una forte forza di volontà, ad una grande “fede” (fiducia in Dio o nella stessa “vita”) è limitante. Limitante giacché significa sottostare e sottoporsi a numerose variabili (non tutte controllabili), spesso dipendenti dai capricci altrui,  tra cui anche l’eventualità dell’impossibilità di essere “morali” in situazioni  del tutto “immorali” (nel caso Beth non avesse incontrato le persone “corrette” e giuste, al momento giusto: persone che, al contrario, avrebbero contribuito ad “affossarla” e penalizzarla ulteriormente). Il successo di un individuo non è costituito solo dalla sua volontà e dal suo sacrificio, bensì è costituito anche da ulteriori variabili su cui non si ha il pieno controllo: gli incontri casuali e non, l’area geografica (chi nasce in Afghanistan nasce con meno opportunità di successo, rispetto a chi nasce in Francia o Svizzera), aggiungendo anche le variabili dettate dal sesso (una donna yemenita o afghana  ha pochissime possibilità di riscatto, rispetto ad una donna statunitense, in aggiunta rischia quotidianamente la vita solo per il fatto di appartenere al genere femminile), dal genere (un omosessuale o transessuale saudita rischia quotidianamente la morte) e dal bagaglio famigliare. Ad esempio, avere genitori poveri o, comunque, poco benestanti e, magari, anche con pregiudizi, preconcetti, limiti intellettuali o forme di “ottusità”,  limita a vita tutte le potenzialità di successo dei figli. Questa è la ragione per cui, gli USA (e le loro ideologie liberal-liberiste), funzionano benissimo solo nella fiction e nella propaganda, ma ben poco nella realtà concreta, costituita da numerose variabili su cui l’individuo, spesso, ha ben poco potere.  

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