Mettiti in comunicazione con noi

Cultura

Pessoa, il sacrificio della vita sull’altare della letteratura

“Vedere e sentire sono le uniche cose nobili della vita. L’unica aristocrazia è non toccare mai. Non avvicinarsi: questo è nobile”

Avatar photo

Pubblicato

su

Credit foto Pinterest

di Rosamaria Fumarola

La scelta di dedicare un modesto articolo a Pessoa si rivela comunque e sempre pericolosa. Raccontare infatti banalità su un genio della letteratura mondiale è un rischio che, data la grandezza dell’autore è da stupidi correre, senza considerare il numero infinito di studi che gli sono stati dedicati. Nonostante ciò, per semplice gratitudine o per presunzione desidero tributare le poche righe di un mio scritto al geniale scrittore portoghese, il solo capace di sorprendermi come pochissimi autori in tutta una vita sono stati capaci di fare.

Fernando Pessoa trascina infatti con sé, offrendola al lettore, la summa della filosofia e della letteratura occidentali, a cui aggiunge la psicoanalisi e molto altro ancora, al solo scopo di indagare ogni piega, anche la più nascosta del proprio animo e dunque dell’animo di ogni uomo. 

E non vi è mai retorica in Pessoa, ma una sincerità su cui si muove come su un binario da cui non deraglia mai, una sorta di supremo sacrificio sull’altare della letteratura, a cui offre la vita. Per questo ogni sua parola è lapidaria e definitiva e si scontra con la ricerca vana di qualcosa di autentico, di non effimero, di realmente esistente, di definitivo appunto, nella vita. Oscar Wilde scriveva che l’arte consiste nel raggiungimento di un risultato perfetto con un mezzo imperfetto. Nel caso di Pessoa la perfezione raggiunta sembra non avere termini di paragone e finisce con l’atterrire, come la visione di una statua classica o di un’opera di Michelangelo, di fronte alle quali ci sentiamo “altro” proprio per il coraggio dell’investimento nell’arte dei loro autori. Nessuno, se non i grandissimi, sono riusciti a fare dell’esistenza qualcosa di differente, individuandone le bassezze e guardandole senza timore. D’altro canto ne “Il libro dell’inquietudine”  lo stesso Pessoa scrive : “Vedere e sentire sono le uniche cose nobili della vita. L’unica aristocrazia è non toccare mai. Non avvicinarsi: questo è nobile”. Anche la sola lettura di questa frase racconta molto dell’inconciliabilità di Pessoa con la vita, una vita che ha cercato almeno riflessa e che però come l’acqua, non ha voluto farsi prendere.  Ed allora ne forgia il  racconto, minuzioso come una cronaca, una denuncia, forte e resistente come l’acciaio. La scommessa di Pessoa è stata vinta. Non si proponeva di cambiare la vita, ma di descrivere tutto ciò che in essa aveva visto. Non è Don Chisciotte Pessoa, lo scrittore vuole vincere ed ingaggia una battaglia che sa di poter stravincere, quella della parola.  L’arte da sempre si propone di eternare la vita, ma desiderare l’eterno ed essere capaci di realizzarlo non sono la stessa cosa. La prova che Fernando Pessoa si eleva su vette già raggiunte da geni della letteratura mondiale, sta nel fatto che qualunque frase, qualunque pensiero estrapolato dai suoi scritti è pieno di un senso autentico, quel senso destinato alla vita, che la vita non ha voluto cogliere.

RIPRODUZIONE RISERVATA © 

Scrittrice, critica jazz, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano