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Cultura

Giacomo Matteotti: un aspetto poco noto della sua vicenda umana

Per quanto – per i socialisti – il concetto di carità sia una categoria cristiana, Matteotti è consapevole che, in attesa di una società fondata sui valori della giustizia e della solidarietà propri del socialismo, ci sono bocche di bambini e stomaci di lavoratori bisognosi di essere sfamati.

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Di Mario Gianfrate

La storia di Giacomo Matteotti, giovane segretario del Partito Socialista Unitario e deputato, è nota, soprattutto, nel suo epilogo, nella fase conclusiva della sua esistenza recisa dal pugnale dei sicari fascisti che, dopo averlo rapito, lo assassinarono nel modo – per loro stessa ammissione – più bestiale.

Matteotti nella seduta parlamentare del 30 maggio 1924 aveva denunciato, tra le urla, le minacce e i tentativi di aggressione della palude fascisti, i brogli e le violenze con le quali Mussolini aveva vinto le elezioni politiche svoltesi in aprile dello stesso anno, un discorso coraggioso che, al Duce, andò di traverso. Ma, probabilmente, a provocare la decisione di sopprimerlo fu il discorso non fatto, quello che avrebbe dovuto pronunciare nella seduta dell’11 giugno che aveva allarmato i fascisti perché il parlamentare socialista unitario intendeva scoprire un giro di mazzette legato all’affare petrolifero Sinclair Oil e che vedeva coinvolti il fratello di Mussolini, Arnaldo, e lo stesso re. Alla vigilia del suo intervento – il giorno 10 – Matteotti sarà ucciso.

Altri aspetti della sua vita – e del suo stesso pensiero di una attualità straordinaria – sono però sconosciuti. Tra i tanti, tenuto nascosto finanche a sua moglie Velia, quello filantropico, l’aiuto economico che Matteotti elargiva a comunità e gente bisognosa.

A svelare questo aspetto del suo carattere e della sua personalità contribuisce un episodio singolare e, al momento, inspiegabile, che suscita scalpore ma, anche, la reazione dei fascisti: dopo la sua morte, un sacerdote di Piazza del Popolo celebra o tenterà di celebrare una messa in suo suffragio. La cosa appare oggettivamente strana perché Matteotti non è un buon cattolico per la sua collocazione politica e la sua fede nel socialismo. Appare strano anche alla famiglia del deputato ucciso che si informa presso il prete sul senso di questa iniziativa, venendo così a sapere che, sin dal giorno della sua elezione alla Camera, Matteotti divide mensilmente il suo stipendio di parlamentare con un orfanotrofio di Roma. Essendo di famiglia benestante, Matteotti poteva tenere segreta questa sua volontà anche a Velia. Non finisce, però, qui: un altro prete di Rovigo, che è stato in realtà anche il suo primo maestro, riferirà che Matteotti mensilmente gli inviava un assegno destinato ai poveri della parrocchia. Significativa, ancora, la dichiarazione del medico condotto di Fratta Polesine, il suo paese natìo, che dirà di essere stato in accordo con Matteotti che pagava i medicinali dei contadini che, per la loro povertà, non avrebbero potuto curarsi.

Per quanto – per i socialisti – il concetto di carità sia una categoria cristiana, Matteotti è consapevole che, in attesa di una società fondata sui valori della giustizia e della solidarietà propri del socialismo, ci sono bocche di bambini e stomaci di lavoratori bisognosi di essere sfamati.

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