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Omaggio a Battiato: la storia felice di “Franchino il Matto” con gli italiani

Il cantautore che ha fatto porre agli italiani domande che mai avrebbero voluto farsi.

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Fonte Wikimedia Commons
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Battiato pochi giorni fa ci ha lasciato. Un paese intero ha voluto esprimere gratitudine ed affetto all’artista siciliano e devo ammettere che la cosa mi ha fatto felice, perché è testimonianza di una risposta da parte del pubblico alle domande ed inconsuete provocazioni di cui Battiato era sempre stato capace ed a cui quello stesso pubblico si era rifiutato di prestare attenzione quando erano provenuti da altri intellettuali.

Certo il periodo storico nel quale l’artista aveva incominciato ad essere noto al grande pubblico era stato un momento felice per la musica cantautorale italiana, nella quale echi della fioritura artistica del 68 erano ancora vivi e si incontravano con le istanze tanto diverse di un vincente consumismo, finendo qualche anno dopo per soccombere e cedendo definitivamente il passo ad un modo diverso, anzi da ancient regime, di fare musica.

È sempre molto difficile tagliare col coltello le vicende delle umane esistenze con la presunzione di definirle. Una cosa tuttavia rimane certa: Franco Battiato è stato apprezzato ed amato dal pubblico italiano in maniera autentica.

Non riesco a non chiedermi però cosa pensino oggi quei suoi compaesani che,  al passaggio del giovanissimo cantautore, per strada gridavano espressioni che non so tradurre in dialetto siciliano, ma il cui tenore era più o meno:   “Vedi, vedi sta passando Franchino il matto!” Chissà cosa passava per la mente a Battiato in quei momenti, se se ne accorgeva o se era troppo preso dai suoi mille interessi, da quel mondo che voleva trovare un proprio modo di esprimersi, per interessarsi all’opinione che i suoi compaesani avevano di lui, del suo non essere un “regolare”.

Ogni villaggio ha bisogno di un suo matto ed infondo anche il belpaese di tanto in tanto ama esprimersi a favore di ciò che considera diverso da sé, di ciò che non capisce, dell’arcinota eccezione che finisce col confermare la regola, senza ambire tuttavia a farne parte. È forse incominciata così anche la storia del rapporto del pubblico italiano con Battiato, ma si è evoluta in modo diverso, perché la dimensione del linguaggio dell’artista è riuscita a penetrare le barriere delle convenzioni ed a far porre agli italiani e non solo, quelle domande a cui sopra facevo cenno. Senza l’ iniziale successo di pubblico ciò non sarebbe potuto accadere, perché infondo la diversità del genio di Battiato è ad esempio vicina, mutatis mutandis, a quella del pittore Ligabue, che ha vissuto in perenne attrito con la comunità alla quale apparteneva, in un conflitto mai ricomposto e che pure ne ha riconosciuto la grandezza, ma considerando quell’uomo sempre altro da sé e negandogli l’assimilazione a cui come tutti aspirava, la necessaria normalità che non ha mai conosciuto. La storia di Battiato è stata diversa, si è dipanata in un’Italia diversa, che anche solo per poco tempo aveva scommesso sulla possibilità di cambiare le regole, così come gli anni 70 le avevano fatto credere. Franco Battiato ha beneficiato di questa scommessa e per un miracolo raro la sua poesia è diventata  pane quotidiano necessario, in un mondo che di necessario considera solo il consumo. La storia dell’artista va  inquadrata non solo dunque in un consenso acritico e romantico alla sua arte da parte del pubblico italiano,  storia peraltro mai vera per qualsiasi autore, di successo o meno, ma anche nelle dinamiche aleatorie e complesse che portano una maggioranza ad assicurare la fama a chi forse se bussasse una notte alla sua porta non si sognerebbe nemmeno per un attimo di aprire.

Scrittrice, critica jazz, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano