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ROMOLO CRUDO CI RACCONTA LA TRADIZIONE DELLA PIZZICA PIZZICA

Il danzatore Romolo Crudo ci racconta la sua passione per pizzica pizzica salentina, dalle sue origini alla modernità.

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di Maria del Rosso

Romolo Crudo è conosciuto al grande pubblico per essere uno dei maestri storici della tradizione della pizzica pizzica salentina.

Il danzatore di Taurisano, paese della provincia di Lecce, non ama definirsi “maestro” ma un anziano ballerino che mette a disposizione il suo vissuto e la sua esperienza alle nuove generazioni.

All’ inizio è stato un semplice osservatore e appassionato per poi divenire un vero e proprio danzatore.

Nel corso degli anni si è impegnato negli stage e nei corsi per insegnare la danza della pizzica pizzica agli amanti della musica popolare e ai curiosi.

Romolo Crudo è stato uno dei protagonisti del videoclip “Taranta World” del polistrumentista salentino, Antonio Castrignanò.

Il merito di Romolo è di aver saputo custodire la vera storia della danza e della musica popolare salentina che ha origini antiche e profonde ma continua a tramandarsi di padre in figlio e affascinare tanti giovani oltre i confini regionali fino a coinvolgere l’ estero.   

Romolo, la pizzica è una danza che oggi è sempre più amata dal pubblico. Quale aspetto colpisce a chi si appresta a conoscere questa danza?

“Colpisce la differenza con altre danze popolari  proprio perché è una danza libera e diversa. Prima della riscoperta della neo pizzica grazie a Daniele Durante nessuno ballava la pizzica in piazza tranne a Torre Paduli e a Ruffano, gli schernitori e qualche famiglia  di contadini e di trainieri.

Per il resto non c’ erano concerti in piazza negli anni ’60 e ’70.

Piano piano la gente ha iniziato a ballare in piazza.

C’ erano poche coppie e spesso si veniva derisi perché era considerato il ballo dei pezzenti e dei cafoni. Io stesso ero affascinato da questa danza antica, libera e misteriosa ma a me stesso dicevo che ‘non ballerò mai’.

Si ballava in modo semplice e ognuno ballava per come si usava nella propria zona e il ballo si imparava per imitazione.

Nella zona di Taurisano, Ugento e Casarano si usava ballare sul saltello e sulla camminata non c’ era nessuna regola che ti obbligava a  girare in senso orario e antiorario, qualcuno ballava frontale.

Le donne usavano il fazzoletto  o ‘U Maccaduri’ che sarebbe un fazzoletto che serviva per tenere i capelli lunghi. Poi, sono iniziati i corsi e gli stage di pizzica ad opera dei salentini.

Per molti di loro è diventata nel tempo una professione.  Ballerini e ballerine bravi che hanno insegnato la loro pizzica creando dei cloni che nel ballo della pizzica non esiste.

Ognuno deve interpretare se stesso. Poi, hanno iniziato  a mettere le regole  come girare in senso orario e antiorario perché secondo loro girare in senso orario è sbagliato. Invece, non c’ è  nessun senso sbagliato del giro.

Per esempio, il finto zoppo  è arrivato con l’ avvento della neo pizzica. Prima lo zoppo lo faceva chi era stato sparato ad una gamba durante le guerre.

Quindi, per la spettacolarizzazione si è iniziato a togliere la semplicità  e la sua libera espressione.

Di questo ballo si è insegnato a fare le coreografie con i foulard  4×4 insegnando le tecniche di come farlo girare intorno alla testa.

Prima della riscoperta della neo pizzica  non ho mai visto una ballerina con il foulard 4×4.

Se volete vedere la pizzica tradizionale del Basso Salento, andate su youtube, ‘Ballati tutti quanti’, ci sono tre giovani fratelli musicisti, i Rizzello, sono un esempio.

‘La notte della Taranta’  ha rovinato tutto è perché di tradizione qualcosa c’ è ma nel resto è diventato marketing sia i musicisti tradizionali che i ballerini devono cantare e suonare secondo copione, dettato dai vari direttori artistici e coreografi che hanno tolto la libera interpretazione sia ai musicisti che ai ballerini che sono veramente bravi.”

Nel corso degli anni si è persa la tradizione a causa del business di alcuni eventi però c’ è una manifestazione che continua a diffondere i valori della musica popolare come “Li Ucci festival”.

Al riguardo, perché sei fortemente legato a questa manifestazione?

“ ‘Li Ucci festival’ è una manifestazione ideata da Antonio Melegari, giovane musicista fisarmonicista, canto e tamburo ed altri giovani, la maggior parte di loro di Cutrofiano in onore ai vecchi cantori, Uccio Aloisi, Uccio Bandello e Uccio Casarano.

Inoltre, coinvolgono altri cantori come le sorelle Caballo e non si nasconde dietro il marchio della Taranta e non hanno bisogno di chiamare i direttori artistici venuti da fuori perché li hanno in casa, quei direttori  artistici che vengono da fuori non hanno il vissuto.

Non hanno chiamato i coreografi venuti da fuori, il corpo di ballo balla liberamente e se le ragazze vogliono fare coreografie di palco si organizzano da sole e lo fanno bene.

Questa manifestazione alterna con musica tradizionale, tamburi, voci e armonica a bocca con musica moderna  però assemblati.

Quando sono stato invitato per me è stata un vera sorpresa.

Nel 2016 ho ballato tre brani con il gruppo  ‘I mena mena Mo’, gruppo di Spongano.

Il secondo anno sono stato chiamato per ballare nel corpo di ballo insieme a ballerine e ballerini.

Mi diverto ogni volta, questo vecchio giovanotto prova emozioni”.   

Sin da piccolo sei stato affascinato dalla pizzica pizzica. Quali aspetti ti affascinano?

“Da bambino sono rimasto affascinato dalla semplicità e dalla complicità che avevano sia quando ballavano tra donne che quando ballavano uomo e donna. La goliardia quando avevano confidenza si faceva la mossa ed era un movimento sensuale  con il bacino  che è scomparso nel corso degli anni e nella modernità”   

Secondo te di cosa la pizzica ha bisogno oggi per non perdere la tradizione autentica dei nostri nonni? 

“Mi servo dei miei ricordi visivi e cerco di portare avanti il discorso del ballo della tradizione semplice. Dico semplice, perché semplici sono i passi della tradizione, come pure le cose da imparare per ballare la pizzica tradizionale.

Una volta si imparava per imitazione, in modo naturale, semplice e gioiosa.

È molto importante salvaguardare  l’ autenticità insieme a questa semplicità.

Per questo ogni tanto vado a trovare gli anziani del mio paese ( finché sono vivi andiamoli a trovare). Sono una risorsa  grande e la loro testimonianza aiuta a mantenere viva la tradizione.  

A volte ballo con i passi che la musica mi porta a fare anche se non sono i passi che si facevano nella nostra zona, magari sempre tradizionali, ma di altre zone del Salento.  (È chiaro che nel contesto di una festa penso che la cosa più bella sia divertirsi senza pensare in modo ossessivo ai passi).

La maggior parte dei balli li faccio come si ballavano una volta e il più possibile vicini a quelli.” 

Credit foto Romolo Crudo     

©Riproduzione riservata

Classe '91, sono nata in Puglia. Coltivo da molti anni la mia passione per la scrittura, ho collaborato con diverse testate giornalistiche e partecipo agli eventi di poesia. Per me la scrittura è vita, è sogno, è amore, è linfa vitale. E come afferma Luca Doveri : "La scrittura apre le finestre che si affacciano sull' anima del lettore".