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ANTONIO CASTRIGNANÒ CI RACCONTA IL NUOVO ALBUM, “BABILONIA”

Antonio Castrignanò, artista salentino, ci racconta il suo nuovo album “Babilonia”, pubblicato da Ponderosamusicrecords.

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di Maria del Rosso

Dopo gli anni segnati dalla pandemia e dal fermo del settore della cultura, dell’ arte e dello spettacolo, il musicista torna nella scena musicale popolare salentina con un nuovo album interessante e ben curato nel dettaglio dal sound, alle collaborazioni artistiche e ai testi che trattano tematiche delicate e attuali come lo sfruttamento sul lavoro, i migranti, l’emigrazione, l’ accenno all’ xylella e allo sradicamento degli ulivi salentini, le radici profonde dell’ artista, l’ amore per la propria terra e per la propria donna, non manca lo sguardo rivolto all’ Oriente, che da sempre è la vocazione del Salento, il ponte culturale tra l’ Occidente e il mondo orientale, la Storia della terra salentina è caratterizzata dall’ accoglienza e dall’ integrazione tra i popoli.

Castrignanò è conosciuto al  grande pubblico per essere il fomentatore delle piazze del Salento con il suo motto “Ci balla la pizzica nu more mai!” e per essere stato per tanti anni voce e tamburo de “La notte della Taranta”, uno dei festival dedicati alla musica popolare salentina più importanti d’ Europa. Durante la sua carriera artistica ha collaborato con numerosi artisti tra cui Stewart Copeland, Mauro Pagani, Giuliano Sangiorgi, Negramaro, The Chieftains, Goran Bregovic, Ballakè Sissoko, Ludovico Einaudi, Mercan Dede.

Nel corso degli anni  Castrignanò ha intrapreso la carriera da solista pubblicando album di successo come Mara La Fatìa (2010), Fomenta (2014), e Aria Gaddhipulina (2018).

Inoltre, ha composto colonne sonore  del film “Nuovomondo” di Emanuele Crialese, ottenendo consensi dal pubblico e dalla stampa internazionale.

I suoi live hanno anche affascinato la principessa Carolina Di Monaco che lo ha voluto nel principato per far danzare a ritmo di pizzica pizzica gli invitati del matrimonio tra Pierre Casiraghi e Beatrice Borromeo.

È ospite fisso del festival Les Ballets de Monte Carlo con il suo spettacolo Core Meu, impreziosito dalle coreografie della compagnia diretta da Jean-Christophe Maillot e da musiche originali.

Di recente, l’ artista ha partecipato con la sua band allo showcase al Womex, in Portogallo.

Il polistrumentista Castrignanò, è un artista divenuto oramai internazionale, affermandosi sempre più nella World Music Europea, che porta la sua pizzica dalle piazze salentine ai palchi prestigiosi, ritornando nella sua terra con la consapevolezza di appartenere a quel pezzo di terra, del Sud Italia che si vuole riscattare attraverso la propria cultura e Antonio lo fa con umiltà, suonando con i cantori storici del suo paese natale, Calimera, il cuore della grecìa salentina.  

L’ ultimo lavoro dell’ artista salentino dal titolo “Babilonia”, sta riscuotendo successo tra il pubblico e la stampa anche estera, potremo definirlo l’ album che rappresenta maggiormente la sua  maturità artistica.

“Babilonia” parte dal profondo Sud delle terre di Puglia, dalle radici salentine di Castrignanò, per poi mescolarsi e fondersi con nuovi linguaggi e con nuovi suoni mediterranei, frutto di un’ attenta ricerca, appassionata,  di studio delle musiche del mondo.

Canti moderni che non perdono la tradizione, si nutre di essa ma che si rinnova nella contemporaneità fino a divenire senza confini, internazionale che ci piacerebbe immaginarla idealmente come una medicina, una cura per l’ umanità che necessita di rinascere in una nuova linfa vitale, mediante  la pizzica tarantata  che ci suggerisce Castrignanò.

Al progetto  hanno collaborato i suoi musicisti inseparabili, eccellenti e preparati, che lo accompagnano da sempre in tour e in ogni progetto artistico: Rocco Nigro (accordion, synth), Luigi Marra (voice, violin), Gianluca Longo (mandola), Maurizio Pellizzari (electric and acoustic guitar, saz), Giuseppe Spedicato (bass), Gianni Gelao (flute, bouzuki, italian bagpipe),  Redi Hasa (cello).   

Tanti musicisti arricchiscono  “Babilonia”, sono presenti Enzo Avitabile in “Masseria Boncuri”, Badara Seck  in “Babilonia”, Don  Rico in “Nina”, Sona Jobarteh in “Si Picculina”.

Artisti dei nostri tempi, di differenti culture e di diverse personalità, molto forti e di valore dal punto di vista artistico, caratterizzano brillantemente l’ album, divenendo unico e originale, dimostrando di poter divenire un vero e proprio capolavoro che segnerà fortemente la storia della musica popolare.  E “Babilonia” sia.  

“Madre, comu madre è natura, lu dialettu è cultura, radìce, armonìa, poesìa e musica!”

Bentornato Antonio, dopo gli anni difficili del Covid sei tornato con un nuovo album innovativo, segno della tua maturità artistica. Come hai vissuto questi anni difficili di pandemia lontano dai riflettori e dal contatto con il tuo pubblico?

“Questi sono, e sono stati, anni difficili per chiunque, e per diverse ragioni, e credo che l’umanità ne risentirà ancora. Personalmente ho accusato il colpo perché abituato a vivere tra l’arte e l’energia del pubblico,  il vuoto emotivo si è presentato duramente proprio quando mi preparavo ad un’ altra stagione ricca di musica. Poi bisogna anche reagire e ricavarne possibilmente degli insegnamenti, ci sono stati degli aspetti che mi hanno fatto bene e che ritengo importanti per la mia professione e altri per il mio benessere fisico e mentale.”

Il nuovo lavoro discografico “Babilonia” a chi è ispirato?

“E’ una comunità allargata che condivide complessità ed emozioni dell’umanità attraverso la propria musica e lingua. Babilonia può essere un viaggio attorno al mondo e allo stesso tempo un giro al mercato sotto casa.”

Tre aggettivi per descrivere il tuo album.

“Corale, Intenso, Maturo.”

Nel tuo nuovo viaggio musicale affronti tematiche complesse e delicate della nostra contemporaneità come l’emigrazione, lo sfruttamento sul lavoro, la minaccia alla natura con l’accenno al problema dell’ xylella che danneggia gli ulivi salentini. Potremo definirlo l’album più politico e più coraggioso della tua carriera artistica e questo ti fa onore. Al riguardo, quanto sia importante sensibilizzare mediante la musica le questioni spinose che pochi artisti hanno avuto il coraggio come te di prendere posizioni e di non restare indifferenti affinché la musica popolare salentina non punti solo all’ intrattenimento e al divertimento ma che sia anche costruttiva per la comunità?

“Sicuramente condivido che non è un album scontato per tante ragioni ma aggiungo anche che il mio pubblico è abituato a raccogliere stimoli nuovi. L’artista ha il compito di veicolare in modo poetico emozioni e messaggi, anche ‘scomodi’ se necessario, e in particolar modo la musica popolare è stata da sempre la voce attraverso cui gli ‘ultimi della fila’  hanno affrontato e denunciato ogni forma di oppressione, frustrazione, illegalità, speranza. Sono stato felicemente sorpreso dell’attenzione avuta dai media e dal pubblico su un brano che non è sicuramente una hit da ballo e che ha un tema a me molto caro, il caporalato. ‘Il Manifesto’ ha dedicato ampio approfondimento con una pagina intera a ‘Masseria Boncuri’ e al tema dei diritti umani e dei contadini delle campagne salentine, del sud Italia, questo mi piace.”

Nell’ album hai collaborato con diversi artisti nazionali ed internazionali definendo così una linea ben precisa sullo sviluppo della pizzica tarantata. Come ti immagini la pizzica del futuro?

“Se intendi Pizzica come la musica ereditata dal Tarantismo mi piacerebbe immaginare che il suo ritmo ancestrale possa conservare la sua funzione catartica anche in futuro, e quindi anche fuori dal rituale che l’ha traghettata nel Salento fino ai primi anni ’80. Credo fortemente che sia una musica eterna, il suono delle viscere della terra che diventa il richiamo di una comunità sempre più larga e che come una calamita attrae anime da ogni dove che danzano e si nutrono di gioia spensierata. Ne avremmo ancora tanto bisogno in questi pazzi tempi.”

 “Babilonia” è un progetto arricchito da nuovi linguaggi e da nuovi suoni del mondo che non dimentica la tradizione. Da sempre si nota nei tuoi lavori l’esperienza e la gavetta che hai fatto con i maestri storici come Cici Cafaro. Al riguardo, c’ è un aneddoto che ci vorresti raccontare di Cici e cosa ti manca di lui?

“Cici era un’enciclopedia vivente della tradizione griko-salentina e meriterebbe molti volumi per essere a sua volta raccontato come figura. Io l’ho conosciuto che ero ancora bambino e per me è stato da sempre il sapere vivente di un mondo lontano 100 anni, il testimone che scioglieva alcuni dubbi legati alla musica, ai racconti, ai canti, a volte tirava fuori testi mai ascoltati e di tanto in tanto dalla sua mente arrivavano anche sagge osservazioni su temi dell’attualità. Oltre a tutto Cici per me è stato uno di famiglia, e non era sempre facile e accomodante nei rapporti interpersonali, a volte dovevi prenderlo a piccole dosi però era molto buono. Da ragazzo se non mi presentavo all’appuntamento nella sua campagna per costruire i lampioni di San Luigi veniva all’alba a prelevarmi direttamente dal letto con la sua Ape 50. Oggi mi manca molto e la sua assenza quotidiana è pesante; in più manca come riferimento della tradizione orale e della cultura grika contadina, che non è quella colta, e negli anni sono stati molti gli studiosi, i musicisti e gli intellettuali che sono passati da lui per intervistarlo.”

Dall’ album si evince un’altra tematica da te affrontata, quella dell’amore per le tue radici. Di cosa non potresti farne a meno del tuo Salento?

“Degli aspetti che la rendono magica. Mare, musica e campagna.”

 Nel corso degli anni sei divenuto un vero e proprio artista internazionale, apprezzato e amato dalla stampa estera e da personalità importanti come la Principessa Carolina Di Monaco e dal coreografo e direttore dei Balletti di Montecarlo, Jean Cristophe Maillot. Da quali aspetti il pubblico estero è affascinato dalla tua musica?

“Non saprei, questa è una domanda che bisognerebbe fare più a loro che a me. A me piace immaginare che la sincerità e l’energia arrivino sempre dritti al cuore delle persone. Io cerco sempre di raccontare la mia gente e di essere me stesso trasmettendo e difendendo quello in cui credo, sopra o sotto al palco e in qualsiasi contesto sociale la musica mi porti. Qualsiasi.”

 Un brano del tuo album da dedicare alla tua terra, al tuo pubblico e alla rinascita dell’umanità.

“L’intero album. Sono dieci brani che racchiudono tutta la passione e la devozione per la mia terra, la mia musica e la mia gente. C’è il ritmo vitale per rinascere, c’è la forza per continuare a combattere le ingiustizie sociali, c’è la poesia per innamorarsi ancora.”

©Riproduzione riservata

Credit ph. Giuseppe Rutigliano

Classe '91, sono nata in Puglia. Coltivo da molti anni la mia passione per la scrittura, ho collaborato con diverse testate giornalistiche e partecipo agli eventi di poesia. Per me la scrittura è vita, è sogno, è amore, è linfa vitale. E come afferma Luca Doveri : "La scrittura apre le finestre che si affacciano sull' anima del lettore".