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Processo Mollicone, tra presunti depistaggi, sogni e polemiche

Un processo duro. Emotivamente impegnativo. Il processo per l’omicidio di Serena Mollicone è iniziato da poco. Il livello di scontro, soprattutto mediatico, è già alto. Decisive ai fini della sentenza, saranno le dichiarazioni di Santino Tuzi.

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Credit foto Pierdomenico Corte Ruggiero

Credit foto Pierdomenico Corte Ruggiero.

Di Pierdomenico Corte Ruggiero

Un processo duro. Emotivamente impegnativo.  Il processo per l’omicidio di Serena Mollicone è iniziato da poco. Il livello di scontro, soprattutto mediatico, è già alto. Decisive ai fini della sentenza, saranno le dichiarazioni di Santino Tuzi. Dichiarazioni rilasciate mel marzo-aprile 2008. Tuzi dichiarò di aver visto Serena Mollicone entrare nella caserma dei Carabinieri di Arce, la mattina del 1 giugno 2001.  Santino Tuzi , però, ritrattò queste dichiarazioni, salvo poi confermarle nuovamente. Per poi suicidarsi l’11 aprile 2008. Oggettivamente le sue furono dichiarazioni molto travagliate.  Inoltre, ora, le sue dichiarazioni non possono essere vagliate con il contraddittorio. La Corte d’Assise, avrà il delicato compito di stabilire che valore possono avere. Stabilire l’attendibilità di Santino Tuzi. Ovviamente gli avvocati e consulenti della famiglia Mottola,  cercheranno di dimostrare che Tuzi dichiarò il falso, che Serena non è entrata in caserma. La parte civile della famiglia Tuzi, cercherà di dimostrare il contrario. Normale. Non è normale, però, la polemica mediatica intorno alle dichiarazioni di Santino Tuzi. Il Prof. Carmelo Lavorino, che guida il team dei consulenti della famiglia Mottola, ha censurato alcune dichiarazioni di Maria Tuzi.  Usare comunicati stampa, è una legittima strategia difensiva. Colpisce, però, la scelta di criticare Maria Tuzi per aver raccontato pubblicamente, di aver sognato suo padre che sorrideva e che faceva con le dita la V di vittoria. Maria Tuzi è una figlia che ha perso tragicamente suo padre. Non può essere criticata per aver condiviso una sua emozione. Scontato poi che sia convinta che suo padre fosse sincero quando dice di aver visto Serena Mollicone la mattina del 1 giugno. I giudici non si faranno certo condizionare da un sogno.  Ei incumbit probatio qui dicit, non qui negat. Sarà l’accusa a dover dimostrare la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio. Inutili, quindi, le polemiche mediatiche. Inoltre un consulente dovrebbe argomentare, in aula,  con i consulenti della controparte. Non con i famigliari delle vittime.

Apparentemente la posizione di Santino Tuzi, non è semplice. Se ha detto il vero e Serena Mollicone entra in caserma il 1 giugno 2001, significa che per 7 anni ha taciuto. Che parla solo perché sollecitato dagli investigatori. Che, secondo la Procura di Cassino, ha sentito urlare Serena e non ha fatto nulla. Anzi, insieme a Quatrale, falsifica l’ordine di servizio per crearsi un alibi. Se invece Serena non è entrata in caserma, Tuzi non ha detto il vero. In realtà, la situazione è più complessa. Come avremo modo di illustrare prossimamente.

Il processo è appena iniziato e già si parla, come dato certo, di depistaggi nelle prime ore della scomparsa di Serena Mollicone.  Qualcuno avrebbe detto che Serena Mollicone era scomparsa, perché voleva suicidarsi.  Si tratta realmente di un  depistaggio? Improbabile. Perché in realtà già dalle prime ore Serena viene segnalata nei pressi del bar della Valle, a poca distanza dal fiume Liri e da dove verrà trovato il corpo. Una delle bariste dichiara di aver visto, la mattina del 1 giugno, una ragazza somigliante a Serena in compagnia di un ragazzo che riconosce in Marco Mottola. La barista, successivamente, ritratta. Le ricerche vengono effettuate, da subito, nella zona circostante al bar. Il bar stesso diventa luogo di ritrovo dei volontari. Inoltre la sera del 1 giugno Antonio Mollicone, zio  di Serena, si reca presso la stazione Ferroviaria di Ceprano per verificare se qualcuno avesse visto la nipote prendere un treno. Nelle prime ore di una scomparsa, vengono vagliate tutte le ipotesi. Anche quelle estreme. Forse il vero depistaggio è l’aver fatto ritrovare il corpo a poca distanza dal bar dove un testimone dichiara di aver visto una ragazza somigliante a Serena la mattina del 1 giugno. Nella tarda serata del 1 giugno, Serena era già morta e legata. Che interesse aveva l’assassino a depistare con la falsa indicazione del suicidio, essendo evidente che era stata uccisa? Tanto più che, secondo la tesi della Procura di Cassino, il corpo di Serena era già stato portato nel luogo di ritrovamento.  Ha più senso ripartire dalla testimonianza della barista. Cercando ulteriori testimoni, per individuare il ragazzo e la ragazza che si fermano al bar della Valle. Serena Mollicone è sicuramente salita su una macchina presso la rotatoria di Isola del Liri. Una zona trafficata, è probabile che più persone potrebbero aver visto Serena e l’auto su cui è salita. Sono passati quasi vent’anni, ma per la scomparsa di Denis Pipitone sono passati 17 anni e proprio in questi giorni si cercano nuovi testimoni. Non corriamo dietro a presunti depistaggi.  Cerchiamo, invece, le giuste domande. Le giuste risposte.