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Economia & lavoro

Aumenta la busta paga a 16 milioni di lavoratori

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di FABRIZIO RESTA

Dopo tanti anni di perdita del potere d’acquisto, i lavoratori dipendenti potranno vedere un aumento del loro stipendio in busta paga


Finalmente qualcosa si muove.  Onore al governo ma anche ai sindacati che dopo giorni di negoziati son riusciti a trovare un accordo che soddisfa tutti. L’ipotesi precedente ai negoziati con i sindacati, infatti, prevedeva un aumento maggiore (di 120 euro) per un numero ridotto di beneficiari. L’intervento dei sindacati ha permesso ad altri 4.3 milioni di lavoratori, molti dei quali erano esclusi dal bonus Renzi, di guadagnare 100€ in più in busta paga, per chi guadagna fino a 28mila euro e via via a scalare riducendo il beneficio progressivamente fino a 80 euro al mese per chi ha 35mila euro di reddito. Il beneficio minimo per i redditi più alti si fermerà invece a 192 euro l’anno, ovvero 16 euro al mese, fino a azzerarsi, per i dipendenti della fascia 35-40mila euro. Per quelli che erano esclusi dal Bonus Renzi i soldi in più non dovrebbero arrivare sotto forma di bonus ma come detrazione fiscale. Infine ci sono coloro che hanno un reddito inferiore agli 8.200 euro che restano esclusi dal provvedimento perché il loro reddito è già detassato ma che avrebbero bisogno comunque di un intervento da parte del governo, perché la loro situazione è al limite della povertà.

Tre miliardi utilizzati per questa riforma ed è solo l’inizio: si prevede che nell’anno venturo i miliardi a disposizione saranno 5 (ma per garantire tutto il 2021 servirà trovare un altro miliardo) e si potrà garantire molto di più. Una vera e propria boccata d’ossigeno per milioni di italiani.

Come detto all’inizio dell’articolo questo provvedimento è sicuramente un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi anni e fa ben sperare per il futuro. Tuttavia, non per fare la parte di coloro che non sono mai contenti, la verità è che servirebbe una riforma complessiva del fisco e in particolare dell’Irpef, non solo per i lavoratori ma anche per i pensionati, al fine di renderlo più equo, si senz’altro ma soprattutto garantire più soldi e stabilità alle famiglie…e magari abbassare anche l’Iva in modo da permettere gli investimenti e di conseguenza, permettere alle aziende di assumere di più, quello che oggi manca in Italia e che potrebbero essere la forza propulsiva per la crescita economica. Il punto cruciale resta infatti quello: non si può distribuire ricchezza se si produce povertà. È stata una buona iniziativa ma tagliando le spese per distribuire ricchezza è solo un palliativo che non risolve i problemi. Bisogna agire sulla produzione se vogliamo davvero migliorare la situazione economica degli italiani. Bisogna intervenire sul lavoro. Tuttavia, la riduzione del cuneo fiscale è attualmente il massimo che si possa fare nell’immediato.

Il cuneo fiscale in Italia resta sempre di gran lunga superiore a quelli della maggior parte degli altri paesi. Quello italiano si aggira intorno al 46%, la media degli altri paesi si aggira intorno al 35%; ben 12 punti sopra. Solo Belgio e Germania hanno una percentuale maggiore, con la differenza che in Germania, ad esempio, lo stipendio di un lavoratore tedesco può arrivare ad essere maggiore del 50%. Tuttavia ora non è il tempo delle polemiche o delle richieste; ci sarà tempo per entrambe. Oggi abbiamo un governo che dialoga con le parti sociali e già di per sé è un’innovazione da non prendere alla leggera e che ha provveduto ad una redistribuzione della ricchezza. Certo, le risorse sono poche e restiamo sempre nell’ottica delle politiche di decontribuzione protempore mentre agli italiani ne serve una strutturale ma oggi c’è solo da festeggiare.

Fonte foto: Periodico Daily

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo