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Gianfranco Summo, componente del Comitato di redazione della Gazzetta del Mezzogiorno ci spiega la crisi del giornale

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di FABRIZIO RESTA

Gianfranco Summo, “La Gazzetta del Mezzogiorno” versa in uno stato di incertezza da quando le quote di maggioranza della società editrice Edisud spa sono state sequestrate dal Tribunale di Catania all’editore Mario Ciancio Sanfilippo. Che cosa temono i giornalisti?


“Noi temiamo il vuoto di gestione della società, che rischia di rivelarsi anche più dannoso delle discutibili scelte manageriali antecedenti al sequestro, avvenuto il 24 settembre 2018. Un sequestro collegato a un’inchiesta su presunto concorso esterno in associazione mafiosa a carico di Ciancio Sanfilippo, nel merito della quale il giornale e i suoi giornalisti sono totalmente estranei. Prima di quella data, l’Edisud ha accumulato un passivo di bilancio molto importante, frutto anche di alcune svalutazioni finanziarie scollegate dall’attività diretta di produzione del giornale, fatte proprio nell’anno e mezzo antecedente all’inchiesta siciliana. Dopo il sequestro, la Gazzetta è finita sotto il controllo dei commissari nominati dal tribunale Catania che hanno mantenuto al loro posto i dirigenti della gestione precedente. Una scelta che ci ha lasciati molto perplessi. Ci chiedevamo e ci chiediamo tuttora come sia possibile che dei professionisti che agiscono in nome e per conto dello Stato non abbiano sentito il bisogno di una discontinuità gestionale rispetto a un bilancio pesantemente negativo. Ecco perché temiamo il vuoto: il giornale, di fatto, è privo di autonomia imprenditoriale visto che lo Stato non può fare investimenti, ed è privato delle prospettive visto che i conti sono in rosso. In questo momento l’unica certezza sono i giornalisti che continuano ogni giorno a garantire l’informazione della prima testata regionale pur senza garanzie e prospettive”.

L’ultima promessa tradita è quella del socio di minoranza della Edisud, che è venuto meno agli impegni presi con la redazione. Mainetti nel luglio 2019 si è dichiarato disponibile a ricoprire il ruolo di assuntore di un concordato, procedura alternativa al fallimento e finalizzata a salvare il giornale dai debiti. Mainetti prometteva di prendere la totalità delle azioni della Edisud, il tutto con le garanzie finanziarie di un “primario istituto di credito” che poi si è rivelato essere la Banca Popolare di Bari. Che cosa vi aspettavate?

“Intanto ci aspettavamo autorevolezza. Mainetti è a capo di una galassia societaria con un patrimonio immobiliare che si conta in miliardi e non è certo uno sprovveduto nel mondo degli affari. Il concordato metterebbe al riparo l’Edisud da una montagna di 45 milioni di euro di debiti, formatisi anche durante la sua presenza nel cda della società e consentirebbe alla Gazzetta di continuare a navigare. Ai nostri occhi non è credibile quando dice di non poter trovare altrove le garanzie venute meno dopo il commissariamento della Banca Popolare o quando dice che l’operazione la farebbe solo in cordata con altri imprenditori pugliesi. Se semplicemente non è più interessato al giornale sarebbe più dignitoso ammetterlo e disimpegnarsi subito, magari favorendo altre soluzioni più utili alla testata”.

L’11 marzo la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catania avrebbe dovuto decidere in merito alla sostenibilità della società editrice della “Gazzetta”. Al contempo, i giudici baresi della Sezione Fallimentare, dovrebbero pronunciarsi il 6 aprile prossimo. Cosa accade ora con l’emergenza Coronavirus?

“Ci troviamo al centro della cosiddetta tempesta perfetta. I problemi societari e gestionali del commissariamento si sono sommati a quelli planetari della pandemia che, comprensibilmente, hanno assorbito ogni energia e attenzione. Dopo il disimpegno di Mainetti, la richiesta di concordato è stata ritirata e su questo si sarebbe dovuto esprimere innanzitutto il Tribunale di Catania, cioé quello che in questo momento è il “proprietario” del giornale detenendone le azioni sequestrate a Ciancio Sanfilippo. E il Tribunale di Catania – che da proprietario dovrebbe prendere atto del fallimento della “propria” azienda – ha rinviato ogni decisione a giugno. Il 6 aprile prossimo, del fallimento dovrebbe prendere atto il Tribunale di Bari, per competenza territoriale visto che la sede della Edisud è Bari. Non ci stupiremmo se, causa virus, anche in Puglia si imponga un rinvio. Nel frattempo il giornale si regge unicamente sulla gestione corrente, ricavi e costi, sperando che questo equilibrio precario regga. Su tutto c’è l’incognita del dissequestro dei beni di Ciancio Sanfilippo, opzione pure possibile e sul quale un altro Tribunale, la Corte d’Appello di Catania, è chiamata a pronunciarsi entro il 31 marzo su ricorso dell’imputato”.

Il concordato che Mainetti non è in grado di sostenere, può essere assunto da qualunque altro imprenditore? Ci sono ipotesi?

“Tecnicamente chiunque può presentarsi alla Edisud e in ultima analisi al Tribunale di Catania e proporsi come assuntore del concordato. Paradossalmente, potrebbe farlo lo stesso Mario Ciancio Sanfilippo se i suoi beni venissero dissequestrati. Ma potrebbero farlo, come spesso sollecitato dalle pagine del nostro giornale, anche gli imprenditori e i professionisti di Puglia e Basilicata e non solo. E’ un impegno che prevede una garanzia reale o finanziaria di 12-14 milioni di euro, non necessariamente soldi da “spendere” ma solo come garanzia per la platea dei creditori qualora la gestione corrente non dovesse riequilibrarsi. Ma questo riequilibrio è già avvenuto dopo i pesanti tagli al costo del lavoro giornalistico e poligrafico, che i lavoratori del giornale hanno accettato con spirito di sacrificio e pagando ingiustamente anche per errori manageriali”.

Una cooperativa di giornalisti oppure una Fondazione sono sogni nel cassetto? Oppure si può fare?

“In altri Paesi le fondazioni sono regolarmente proprietarie di testate. E sarebbe stata la soluzione migliore anche in Italia quando la normativa ha impedito alle banche di possedere quote di giornali: sarebbe stato più trasparente consentire che a subentrare agli istituti di credito fossero le fondazioni bancarie, senza fini di lucro e sotto il controllo pubblico. Invece le banche uscite dalla porta sono rientrate dalla finestra: finanziare in modo pesante un giornale o una qualunque società non è, di fatto, un modo nemmeno troppo occulto per esercitare un controllo? E per di più senza neppure assumersi la responsabilità gestionale? Ma non voglio divagare, era solo per dire che tra le due strade, quella più percorribile anche se velleitaria è la cooperativa di giornalisti. La normativa generale e quella sull’editoria riconoscono ai giornalisti il diritto di prelazione sulla testata in caso di vendita fallimentare. Ma è una prelazione, non un diritto assoluto: significa che la coop può diventare proprietaria della testata a parità di offerta. E siamo quasi certi che molti degli imprenditori potenzialmente interessati oggi alla Gazzetta non si fanno avanti perché aspettano pazienti sulla sponda del fiume che si compia il fallimento. Un’asta con cifre a molti zeri potrebbe non essere sostenibile da una cooperativa di lavoratori”.

Cosa vi sentireste di dire ai giornalisti della Gazzetta del Mezzogiorno?

“Ai giornalisti, niente. Quello che dobbiamo dirci ce lo diciamo ogni giorno e lo trasformiano in energia riversata sul giornale. E’ a chi sta fuori dal giornale, che ci rivolgiamo: alle forze sociali e politiche, al mondo dei professionisti e della cultura, alle imprese e ai lavoratori, in definitiva a tutti i nostri lettori diciamo che il giornale è vostro quanto nostro, perché noi lo prepariamo con dedizione e passione ogni giorno per voi che lo comprate e lo leggete ogni giorno, su carta o in copia digitale. Se c’è qualcosa di buono che ci sta insegnando l’emergenza coronavirus è quanto sia importante un’informazione rigorosa e professionale. La disinformazione può uccidere, nel pieno senso della parola. A tutti chiedo di difendere l’informazione professionale e quindi anche la “Gazzetta” che è il vostro giornale. Non siamo esenti da difetti ma ci conoscete, riconoscete le nostre firme e sapete che dietro ognuno di noi ci sono 133 anni di storia della terra nella quale viviamo e vogliamo continuare a prosperare”.

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo