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Economia & lavoro

Il rimborso delle spese comuni tra professionisti non associati

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di RAFFAELE AGOSTINACCHIO*

Una problematica che specialmente in questo periodo di crisi economica si presenta più assiduamente tra i professionisti, è il corretto trattamento del rimborso delle spese comuni sostenute per gli “studi professionali non associati”. Sempre più professionisti, specialmente i giovani, oggi sentono la necessità – o sono costretti – a “dividersi” alcuni oneri di gestione in comune quali ad esempio l’immobile dove esercitare la propria professione, la segreteria, le utenze telefoniche, del gas da riscaldamento, etc.; per cui sorge il problema del trattamento di tali spese e del corretto comportamento contabile.




Oggi è sempre più frequente che più liberi professionisti (avvocati, commercialisti, ingegneri, medici) si trovino nella condizione di usufruire congiuntamente di alcuni beni e/o servizi – senza, per questo essere costretti alla costituzione di uno studio associato – mantenendo ognuno di loro la propria autonomia “fiscale”; ossia mantenendo la propria posizione fiscale ben distinta dagli altri.

Dal punto di vista civilistico, con tale comportamento si viene a configurare un contratto di “mandato senza rappresentanza” (art. 1705 C.C.) tra il professionista intestatario delle utenze o del contratto di affitto (mandatario), il quale sostiene le spese con il proprio nome; e gli altri professionisti (mandanti), i quali a loro volta si impegnano a rimborsare il costo sostenuto per le prestazioni (fitto, utenze, etc.).

Da un punto di vista fiscale si distingue l’aspetto ai fini IVA e l’aspetto ai fini reddituali. Ai fini IVA, abbiamo due situazioni a seconda che il rimborso venga effettuato a forfait, per cui la fatturazione sarà soggetta ad aliquota IVA ordinaria (20%) oppure se si effettua la distinta delle utenze, si rigira il costo utenza per utenza, ed in questo caso – secondo la prassi – viene applicata la stessa aliquota IVA applicata inizialmente dal fornitore. Per esempio gas da riscaldamento IVA 10%, energia elettrica IVA 20%, spese condominiali IVA fuori campo, etc.

Prendendo in considerazione la fattispecie reddituale, si delineano due comportamenti a seconda che si consideri l’aspetto del mandante (gli altri professionisti) o del mandatario (l’intestatario delle utenze). Per il mandatario tali proventi non costituiscono reddito, ma bensì una mera posta di rettifica del costo iniziale; ad esempio il mandatario riceve una fattura di energia elettrica per €. 500,00, e incassa dai mandanti, quale rimborso spese, €. 200,00. In questo caso il mandatario dovrà, nella sua contabilità, registrare in meno la somma di €. 200,00 nel conto energia elettrica in modo che alla fine dell’anno porterà una spesa per energia elettrica totale di soli €. 300,00. Conveniente anche per il calcolo degli studi di settore.

Di contro i professionisti che rimborsano al mandatario tali spese (mandanti) le inquadreranno normalmente come costi a seconda che si tratti di utenze telefoniche, spese condominiali, energia elettrica o locazione.

Un problema sollevato dall’amministrazione finanziaria, non di poco conto, è la quantificazione di tali rimborsi. Secondo la prassi ministeriale ed alcune sentenze di Cassazione, infatti, i metodi di ripartizione delle spese devono osservare dei criteri di massima trasparenza ed obiettività, senza dare adito a ripartizioni “personali” che magari possano seguire logiche di “convenienza fiscale”. Per questi motivi, la dottrina consolidata individua quale criterio di obiettività quello della suddivisione secondo le superfici occupate dal singolo professionista proporzionate alla superficie totale dell’immobile. Per esempio per uno studio di totali 100 mq., la stanza occupata da Tizio di 35 mq. inciderà per il 35% sul costo totale delle utenze telefoniche o del canone di locazione o delle spese di riscaldamento.

Resta salva, poi, la possibilità per ogni singolo professionista sottoscrivere separati contratti magari per alcuni servizi quali ad esempio le utenze telefoniche – se più convenienti – oppure d’intesa con il proprietario dell’immobile, separati contratti di locazione.

E’ logico che la scelta di una o l’altra possibilità dipende da . . . . . logiche di “convenienze fiscali”.

*Commercialiste e revisore legale in Bitonto


Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo