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Editoriale

Santo Padre, perché Emanuela Orlandi?

Durante la recente intervista di Fabio Fazio a Papa Francesco, il Pontefice, nonostante le domande poco coraggiose dell’interlocutore, ha trattato molti temi di grande attualità (benché di molti altri avrebbe potuto e forse dovuto parlare). Resta tuttavia lontano dal trovare risposta l’interrogativo che la famiglia Orlandi da quasi quarant’anni pone ai pontefici che si sono succeduti.

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Poco più di una settimana fa milioni di italiani hanno ascoltato l’intervista a Papa Francesco di Fabio Fazio, scrivente compresa. La simpatia di cui la figura del pontefice gode, sembra essere trasversale e non riguarda solo i credenti. In più di un’occasione ha saputo infatti intervenire con forza in difesa di quanti, ostaggio degli interessi della politica, sono ormai sguarniti anche della umana solidarietà ed ha riportato al centro del dibattito la giustezza del dettato evangelico, che la Chiesa spesso dimentica. 

E così  Papa Francesco è diventato un punto di riferimento prezioso per l’opinione pubblica mondiale. Era da decenni peraltro che sul soglio pontificio non si aveva un uomo così autenticamente schierato in favore dei più deboli e della trasparenza della Chiesa, tanto che in un’occasione, aveva sentito il bisogno di chiarire che non erano posizioni comuniste le sue, ma riflessioni mutuate da quanto scritto appunto nei Vangeli. Un pontefice coraggioso dunque, che non ha paura di inimicarsi quanti in quella stessa Chiesa si mostrano più conservatori e restii al cambiamento. 

Eppure, dopo l’intervista a “Che tempo che fa” qualche dubbio che le cose stiano effettivamente così a qualcuno è venuto, tanto che penne autorevoli come quella di Gad Lerner hanno ritenuto di dover intervenire in difesa del Santo Padre e di  sottolineare come le sue siano state parole anche stavolta importanti nell’indicare le problematiche che più di altre richiedono la nostra attenzione: la tutela dei migranti, il diritto al lavoro e ad una equa retribuzione, il rispetto della natura.

In effetti gli argomenti trattati durante l’intervista sono stati molteplici e tutti di grande attualità. Il Papa non ha lesinato nemmeno il tentativo di rispondere agli interrogativi imposti dalla fede, ammettendo la propria impossibilità di uomo a comprenderne il mistero. 

Ma allora cosa non ha convinto in questa intervista? I critici si sono dichiarati infastiditi in primo luogo dalla sua impostazione ossequiosa, che l’ha accomunata ad ogni altro colloquio pubblico con i pontefici che hanno preceduto Papa Francesco. Il potere dato dall’incarico pareva infatti tutt’altro che celato, in un rapporto che ne` l’intervistatore ne` l’intervistato vivevano e volevano paritario, quello stesso che ci ha fatto accettare da sempre una superiorità frutto di un dogma e che ci impedisce di chiedere conto ad un papa di questioni sensibili per la collettività a causa del metus reverentialis che gli tributiamo.  Talune domande che Fazio ha rivolto al pontefice sono state banali e retoriche e non hanno consentito di misurare concretamente quanto in effetti questo pontefice sia disposto ad impegnarsi per il cambiamento. La Chiesa non ha mai brillato per la velocità con cui ha dimostrato di   sapersi adeguare ai tempi e quanto di essa osserviamo ci testimonia il rispetto della conservazione,  che evidentemente a qualcosa serve, visto che da duemila anni la Chiesa dà prova di resistenza.  Ma in questa fedeltà ad oltranza ai propri dogmi si è alienata l’adesione di tanta parte  degli stessi cristiani. Ho personalmente trovato che gran parte delle risposte date alle domande di Fazio sia stata “importante”, così come interessante quella degli argomenti trattati, che confesso essere i medesimi che a mio modesto giudizio dovrebbero essere ai primi posti dell’agenda di ogni politico. Per Papa Francesco è evidente infatti che non debba esservi frattura tra cittadino e cosa pubblica, ma che anzi il primo debba rendersi della seconda responsabile e partecipe. Ha stigmatizzato più volte e con forza la comoda indifferenza che ci allontana dalle sorti di chi non ha privilegi, perché il pontefice non ha nessun dubbio che abitiamo tutti la stessa casa. Tuttavia Papa Francesco, sollecitato o meno dal suo intervistatore, avrebbe potuto toccare anche temi che proprio durante gli anni  del suo pontificato sono tornati ad animare il dibattito sulla Chiesa, come il matrimonio dei sacerdoti o il diritto delle donne di celebrare messa. In anni nei quali la donna subisce ancora la cieca violenza sessista, pur ricoprendo ormai ruoli importanti in ogni settore della vita pubblica, il divieto rivolto al sesso femminile di celebrare messa non comunica ancora quella misoginia che tutti dobbiamo contribuire a combattere? So bene quanto sia facile fare domande e quanto complesso realizzare invece ciò in cui pure si crede convintamente,  eppure c’è una domanda che era doveroso rivolgere al Papa, una domanda alla quale la Chiesa di cui è pontefice si sottrae da quasi quarant’anni, senza averne a ben guardare diritto, poiché la vita di un essere umano strappato alla propria esistenza ed ai propri cari non  può trovare  barriere che abbiano ragion d’essere, tanto meno se a volerle è la Chiesa. Personalmente, da non credente che apprezza l’attuale pontefice in quanto uomo di raffinate intelligenza e cultura, ma soprattutto di rara umanità,  avrei avvertito la necessità di chiedergli conto di Emanuela Orlandi, la cui vicenda è a tutt’oggi una ferita aperta per la dignità del paese e per il diritto a sapere di una famiglia ancora costretta a mendicare brandelli di verità. Oltre l’interrogativo dostoevskijano “Dio, perché i bambini?” che Papa Francesco ha voluto affrontare durante la trasmissione di Fabio Fazio, un  “Santo Padre, perché Emanuela Orlandi?” non sarebbe stato peregrino. Il rispetto che da non credente nutro per il pontefice mi porta infatti a sentire mio un insegnamento biblico, per il quale io faccio un dono se do l’opportunità a qualcuno di offrirmi la verità.  Io questo dono a Papa Francesco avrei voluto farlo.

Rosamaria Fumarola 

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Scrittrice, critica jazz, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano