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Esteri

Russia, Putin per sempre

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di FLAVIO DIOGRANDE

Divenne Premier per la prima volta nell’agosto del 1999, a 47 anni, nominato da Boris Eltsin il quale pochi mesi dopo, ormai preda di un irreversibile declino fisico e politico, avrebbe annunciato le proprie dimissioni indicando lo stesso Putin come suo candidato alle elezioni presidenziali del 2000. Il 26 marzo dello stesso anno, l’ex funzionario del KGB vinse le elezioni al primo turno con il 53% dei voti divenendo, per la prima volta, presidente eletto della Federazione Russa.


Da vent’anni Vladimir Putin signoreggia ininterrottamente sul suo Paese, alterandosi col suo delfino Dimitri Medvedev sulle poltrone del potere, sempre attraverso elezioni formalmente democratiche.

È già nella storia della Grande Madre Russia, il suo quarto e ultimo mandato presidenziale terminerà per legge nel 2024, ma se la riforma costituzionale approvata dalla Duma dovesse superare anche l’ultimo scoglio – il referendum popolare, previsto per il prossimo 22 aprile – il regime putiniano potrebbe diventare il più longevo della storia russa, superando quello di Iosif Stalin che guidò l’impero sovietico fino alla sua morte, per quasi trent’anni.                                                 Solo il regno di Pietro “il Grande” resistette più a lungo (1682-1725).

Un colpo di mano inatteso, quello che si è materializzato nella camera bassa del Parlamento russo, arrivato al termine di mesi di negoziati tra i partiti sulla riforma della Costituzione russa. Nel corso della seconda lettura, mentre la Duma si stava esprimendo sulle modifiche alla carta costituzionale, richieste a gennaio dallo stesso capo dello Stato al fine di accompagnare la fase transitoria al vertice del Cremlino, Valentina Tereshkova – conosciuta come la prima cosmonauta donna nell’URSS e oggi deputata 83enne del partito al potere, Russia Unita – ha proposto contestualmente all’entrata in vigore della Costituzione modificata l’azzeramento dei mandati del presidente in carica o di un ex presidente, concedendo implicitamente all’attuale capo dello Stato la possibilità di partecipare a elezioni future. L’emendamento presentato dalla deputata, che ha spiazzato i partiti di opposizione, ha dapprima ricevuto il beneplacito di Putin, giunto inaspettatamente in Parlamento, e in seguito è stato approvato – assieme alle altre modifiche della Carta costituzionale – in seconda e in terza lettura dalla Duma. In un passaggio del suo intervento dinanzi ai parlamentari, il capo del Cremlino si è augurato che un giorno la presidenza russa non sia «personificata da un singolo», aggiungendo però in modo criptico: «È esattamente così che è andata nel passato e non possiamo non tenerne conto».

Ora, dopo aver ottenuto anche il parere favorevole dalla Corte Costituzionale che ha valutato come legittime le modifiche alla Costituzione apportate dal Parlamento, Putin dovrà attendere l’esito della consultazione popolare e qualora i cittadini dovessero approvare la riforma, l’ex spia dei servizi segreti potrebbe ricandidarsi alla presidenza nel 2024 e restare all’apice del potere per altri due mandati, fino al 2036, quando avrà 84 anni, di cui 36 trascorsi alla guida dello Stato transcontinentale che si estende tra l’Europa e l’Asia. «Nessuno ha detto che si ricandiderà nel 2024 – ha dichiarato alla tv di Stato Aleksandr Khinshtein, membro del partito Russia Unita – ma il capo dello Stato deve avere la capacità di mantenere la stabilità nel Paese». Nel frattempo i vari movimenti di opposizione sono insorti e hanno criticato duramente questa mossa del Potere puntando il dito contro una spiccata tendenza al totalitarismo che potrebbe comportare dei rischi per la tenuta sociale del Paese, considerando anche la spinta crescente verso un vero rinnovamento, richiesto soprattutto dai più giovani: «Putin – ha scritto il politico dell’opposizione Ilya Yashin – vuole rimanere al potere fino alla fine della sua vita. Vuole più poteri, la subordinazione diretta di tutti i rami del potere. In sostanza, è un colpo di stato», mentre il blogger anti-corruzione Aleksej Navalnyj ha invitato i dissidenti a scendere in piazza per manifestare il proprio dissenso contro questa riforma costituzionale approvata dalla Duma: «A me la Costituzione dà il diritto di candidarmi – ha detto il più famoso dissidente russo e avversario di Vladimir Putin – ma non posso. Putin invece non potrebbe, ma potrà».

Per questo sabato, gli attivisti che si battono contro il padrone della politica in Russia avevano chiesto di poter organizzare un sit in di protesta sulla Prospettiva Sakharov a Mosca, ma le autorità locali hanno negato l’autorizzazione vietando assembramenti in città fino al 10 aprile per contrastare il coronavirus.

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo