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Esteri

Il crollo del regime fantoccio di Kabul

Afghanistan, accelera la fuga della NATO mentre i talebani prendono il controllo del Paese. Yemen, prosegue la battaglia di Marib. Siria, sembra aumentare il rischio di una nuova battaglia per Idlib. Etiopia, Il contrattacco dei Tigrini.

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Di Stefano Orsi

Aree di crisi nel mondo n. 74 del 3-7-2021

Afghanistan

La fuga degli USA dall’Afghanistan sta ulteriormente accelerando, avevano fissato come data ultima l’11 di settembre, ad oggi però sembrano molto in anticipo.

Members of 9 Squadron Royal Engineers and 23 Engineer Regiment 
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Notizia di oggi, 2 luglio, è partito l’ultimo volo USA dalla base militare di Bagram, a bordo il personale ancora presente che ha curato l’imballaggio e la spedizione delle strutture e attrezzature sensibili per la sicurezza nazionale, ed infine sono partite per nuova destinazione in un altro Paese o a casa.

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Dopo 20 anni gli USA abbandonano la loro principale base militare nel Paese, formalmente la lasciano in mano afgana, o meglio dell’esercito di Kabul, ma sappiamo bene che durerà poco, ormai rimane poco personale militare presente, truppe statunitensi, britannici, qualche polacco e alcune forze speciali, null’altro, mi pare che i nostri soldati avessero annunciato il ritiro dalla base di Herat il 6 giugno scorso e che da allora abbiano proceduto ad un rientro molto spedito conclusosi il 30 giugno, le ultime truppe italiane hanno consegnato all’esercito afgano la base di Herat e ora non rimangono che pochi elementi presso la nostra ambasciata.

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Lt. General David M. Rodriguez, IJC Commander, passes the NATO flag during an Italian change of command in Herat, Afghanistan. 20 October 2009

Anche le truppe tedesche e quelle canadesi hanno ultimato il loro ritiro il giorno 30 giugno.

In questi giorni i Talebani risulta abbiano catturato i seguenti distretti:

distretto di Jaghatu nella provincia di Maidan Wardak

distretto di Gozargah-e Nur e di Khost Wa Farang nella provincia di Baghlan

il distretto di Andkhoy e di Qurghan nella provincia di Faryab

il distretto di Ghorak nella provincia di Kandahar

il distretto Alasay nella provincia di Kapisa e altri ancora.

258 militanti talebani sono stati uccisi, 142 feriti e altri 12 sono stati arrestati a seguito delle operazioni dell’esercito afghano nelle province di Ghazni, Logar, Paktika, Kandahar, Faryab, Balkh, Helmand, Kunduz, Baghlan, Badakhshan, Herat, Maidan, Zowjan, Takhar e Kabul durante le ultime 72 ore, secondo il MOD afgano

Le vittime sono il risultato di una serie di pesanti attacchi aerei.

Questa serie di attacchi, non a caso tutti aerei, credo servano per invertire la percezione di disfatta che sta attanagliando le truppe afghane, le quali sempre più spesso fuggono , anche nei vicini Uzbekistan o Tagikistan, hanno ceduto il controllo delle frontiere ai Talebani senza combattere, mostrare questi attacchi serve a dimostrare la capacità di Kabul di saper infliggere danni ad un nemico che sta avanzando sempre più velocemente.

Per 4 distretti recuperati dai governativi, ne hanno persi altri 6, il bilancio resta sempre a vantaggio dei talebani.

Da maggio, i Talebani hanno conquistato circa centoventi distretti.

Kabul sta facendo ricorso alle sue truppe migliori, contrattaccano ovunque, ma non pare riescano a fermare l’onda di marea talebana.

Il crollo afghano è questione ormai di giorni e non più di mesi, anche Mazar i Sharif infatti è caduta in mani talebane due giorni fa.

YEMEN

Nello Yemen si intensificano le operazioni dell’aviazione saudita contro le posizioni degli Houthi attorno a Marib.

aerei da guerra della coalizione a guida saudita hanno condotto 10 attacchi aerei nell’area di Sarwahh

3 attacchi aerei nell’area di Madghal

2 attacchi aerei nell’area di Nate

2 attacchi aerei nell’area di Khab e Shaaf

gli scontri tra Ansar Allah e le forze guidate dai sauditi sono continuati a ovest della città di Marib

Houthis protest against airstrikes by the Saudi-led coalition on Sana’a in September 2015.

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Il 27 giugno, gli Houthi (Ansar Allah) hanno diffuso i filmati di una recente operazione su larga scala contro le forze sostenute dai sauditi nella provincia settentrionale di al-Jawf.

L’operazione di terra ha visto i combattenti Houthi catturare le montagne al-Duhidah nel distretto di Khabb wa al-Sha’af. 

Le montagne si trovano a soli 40 chilometri dai giacimenti e dagli impianti petroliferi Safer nella vicina provincia di Ma’rib. 

Gli Houthi proseguono in questa offensiva contro le forze sostenute dai sauditi a Ma’rib da più di 4 mesi.

Durante l’operazione, gli Houthi hanno distrutto diversi pickup e veicoli corazzati delle forze sostenute dai sauditi con missili guidati anticarro e fucili senza rinculo. 

Molti combattenti yemeniti sostenuti dai sauditi sono stati uccisi o catturati.

L’operazione è stata chiamata in codice “Abu Fadel Tumar” in onore di un combattente Houthi che è stato ucciso mentre combatteva da solo per salvare i suoi compagni assediati vicino ad al-Duhidah. 

La battaglia per Marib si consolida come il fulcro dei combattimenti nello Yemen, da questo scontro ò evidente che si giochino gli equilibri della guerra stessa, dato che la coalizione saudita sta mettendo in campo tutto ciò che ha a disposizione, dalle truppe ai numerosissimi raid aerei, è ben consapevole che qui sia in gioco la prosecuzione del conflitto, perdere la posizione strategica di Marib, significherebbe cedere un territorio molto vasto agli Houti, risorse petrolifere preziose, e trovarsi in una situazione logistica e strategica ben peggiore di quella attuale, ne consegue che la prosecuzione stessa sel conflitto da parte saudita verrebbe messa in seria discussione.

Altra partita in ballo è la stessa immagine di MBS, Mohammed Bin Salman, che da erede al trono verrebbe “macchiato” da questa pesante sconfitta, per cui pretende la vittoria, ma se perdesse Marib, ottenerla in tempi e costi ragionevoli, diverrebbe assai remota e anzi impossibile.

A Marib pertanto i contendenti si stanno giocando il tutto per tutto.

SIRIA

il 27 giugno, diversi razzi sono stati lanciati dalla regione siriana nordoccidentale della “Piccola” Idlib ad al-Qardahah, la città natale del presidente siriano Bashar al-Assad, nella campagna sudorientale di Lattakia.

Immagine derivata google maps e rielaborata dall’autore

Secondo fonti locali ad al-Qardahah, solo due razzi hanno effettivamente raggiunto la città. 

Entrambi i razzi sono atterrati in terreni agricoli vuoti e non sono stati segnalati nessi di causalità o perdite rilevanti.

Secondo quanto riferito, l’attacco missilistico è stato effettuato da Ansar al-Tawhid, affiliato ad al-Qaeda, gruppo stretto alleato di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS), il sovrano de facto della Piccola Idlib. 

Fonti nella regione hanno affermato che nell’attacco sono stati utilizzati “nuovi missili pesanti” ma non troppo precisi per fortuna.

L’attacco è stato una palese violazione del cessate il fuoco nella Grande Idlib, mediato da Russia e Turchia il 5 marzo dello scorso anno. Il cessate il fuoco regge a malapena.

Questo mese HTS e i suoi alleati hanno intensificato i loro attacchi missilistici alle vicine aree controllate dal governo siriano. Il 20 giugno, un attacco missilistico contro la città di Jurin, nella campagna nordoccidentale di Hama, ha causato la morte di una bambina. L’esercito arabo siriano (SAA) e i suoi alleati hanno risposto con una serie di attacchi alle posizioni dei militanti e almeno sette di questi sono stati uccisi.

L’attacco missilistico ad al-Qardahah costituisce una chiara provocazione diretta al Presidente siriano, qualcuno in Idlib vuole una nuova campagna bellica tra i siriani e le orde di terroristi al soldo turco e qaedisti, contro l’esercito siriano e la coalizione che combatte il terrorismo.

Un aumento della tensione darebbe loro modo di inscenare un altro finto attacco chimico di cui accusare la Siria e così facendo causare una nuova escalation con gli USA a sostenerli apertamente.

L’esercito americano ha effettuato attacchi aerei contro le Unità di Mobilitazione Popolare dell’Iraq (PMU) nella zona di confine tra Iraq e Siria.

Gli attacchi sono avvenuti su ordine del presidente degli Stati Uniti Joe Biden e in rappresaglia per gli attacchi dei droni da parte dei gruppi contro il personale e le strutture statunitensi in Iraq nella zona di Erbil.

Fonti del PMU hanno riferito che quattro membri del PMU sono stati uccisi a seguito degli scioperi.

Le vittime erano membri della 14a brigata PMU, uccisi a seguito del bombardamento delle forze statunitensi su punti appartenenti all’Anbar Operations Command.

È stato diffuso un video che mostra gli attacchi, effettuati da un caccia F-15E.

Importante notare come il Presidente Biden giutifichi questi attacchi come si trattasse di operazioni difensive, quando loro invece occupano da anni stati sovrani e no sono nemmeno i benvenuti. La narrazione USA su queste ed altre vicende risulta sempre involntariamente comica.

Russia e truppe siriane sono sempre molto impegnate nella massiccia campagna contro l’ISIS nel deserto al centro della Siria, finalmente l’ISIS appare fortemente indebolita, le sue attività si stanno riducendo molto in tutti i fronti attivi, è evidente che la strada imboccata dalla coalizione antiterrorismo sta rivelandosi ben ideata e meglio condotta.

RUMSFELD

È deceduto ad 88 anni uno dei peggiori ideatori di operazioni che hanno condotto al massacro di centinaia di migliaia di persone nel nuovo secolo, e anche in quello passato, la scomparsa di Donald Rumsfeld non ci rattrista affatto, anzi possiamo dire che il mondo sia un posto migliore ora.

Donald H. Rumsfeld, left, U.S. Secretary of Defense, meets with Italian Minister of Defense Antonio Martino
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Ricordo solo la sua partecipazione alle amministrazioni Nixon, Ford, Bush, fondatore del think tank Per un Nuovo Secolo Americano, teorizzatore dell’imperialismo peggiore, del sopruso e della prevaricazione americana ai danni di tutto il mondo, non si può certo riferirsi a lui come ad un esempio da seguire. Come Segretario della Difesa portò il suo Paese a aggredire ed invadere l’Afghanistan, guerra che si sta concludendo in questi giorni con la piena sconfitta USA e della NATO, e all’invassione voluta anche senza alcuna motivazione, dell’Iraq, costata a quel Paese la morte di centinaia di migliaia di civili che pesano per intero sulla sua coscienza.

File:Donald Rumsfeld and Hamid Karzai in 2003.jpg
September 7, 2003: Secretary of Defense Donald Rumsfeld addresses reporters with Afghan President Hamid Karzai in Kabul, Afghanistan

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Tutti ci ricordiamo della costruzione di finte prove per affermare falsamente che l’Iraq possedesse armi di distruzione di massa, una guerra costruita e voluta con le bugie ed il tradimento della fiducia dei cittadini, sue le bugie e suo il tradimento anche se in evidente concorso con altri. Ricordiamo l’uso sistematico e leggero delle torture contro i prigionieri, l’istituzione del carcere di Guantanamo, dei massacri e degli abusi del carcere di Abu Ghraib, tutte vergogne e crimini di cui non è stato chiamato a rispondere in vita.

Etiopia

Macallè libera

Immagine da googlemaps rielaborata dall’autore

La volta scorsa abbiamo fatto il punto su questa guerra di cui nulla si dice e meno si ascolta dai mezzi di informazione mainstream.

Ci sono delle novità

Questa settimana si apre con una poderosa controffensiva delle milizie tigrine che stanno mettendo in seria difficoltà le pur numerose e meglio armate soldataglie etiopi.

L’abbattimento del C139 di cui vi avevamo scritto nello scorso numero, era solamente l’inizio di questa operazione, magistralmente ideata e condotta dal gen. Tsadkan Gebretensae.

Le truppe da lui guidate si sono dirette su Macallè, capitale del Tigray, hanno sbaragliato molte unità di Addis Abeba, fatto molti prigionieri e recuperato enormi deposti di munizioni e mezzi.

La capitale è stata quindi liberata dal giogo etiope, il presidente Abi Ali, Ahmed, ha finto di aver proclamato un cessate il fuoco unilaterale, tentando di coprire la disfatta delle sue truppe di invasione, ma nel Paese la cosa è evidente a tutti.

Nuovamente il despota, mai eletto, Ali, tanto caro ai governi occidentali, ha chiuso i canali della stampa e dei social, di fatto sigillando le informazioni dal Paese, che ci giungono attraverso il Sudan.

Ancora non si conosce nemmeno l’esito del voto politico indetto a sorpresa da lui stesso, e di cui la validità è aleatoria.

Gebrentase è uno dei generali più noti e preparati di tutta l’Etiopia e forse il miglior stratega di tutta l’Africa, e stando ai risultati, non ne dubitiamo.

68 anni di età, nel 1991 guidò le sue truppe a conquistare addirittura Addis Abeba provocando la caduta di Menghistu.

Il generale aveva collaborato con Abi Ali, ma quando salì il malcontento nel Tigray, tornò a Macallè per organizzare l’esercito tigrino.

Sapendo che non fossero pronti per combattere, fece avanzare le forze di addis Abeba, lasciando che Abi si proclamasse vincitore, oggi invece ha riorganizzato le milizie in un vero esercito e ha sferrato un pugno secco contro l’esercito etiope che non ha retto, nel giro di pochi giorni lo ha messo in fuga e liberato la loro capitale Macallé. Non ritengo che Addis Abeba desista, anzi, probabile inizino una controffensiva anche contro le forze eritree che hanno aiutato quelle etiopi.

Resta da vedere ora se la comunità internazionale riuscirà ad intervenire per bloccare ogni ulteriore crimine commesso dal “Premio Nobel per la Pace” e lo inducano a concedere il passaggio di indispensabili aiuti umanitari per la popolazione.