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La situazione in Russia è come ce la descrivono i media?

Il lavoro dei media nel presentarci una realtà dei fatti alterata corrisponde ad una logica di guerra. Che immagine ci danno oggi della situazione in Russia? Esaminiamo alcuni aspetti.

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Mosca
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di Stefano Orsi

La situazione che i nostri media ci stanno riportando potrebbe non corrispondere alla realtà vissuta a Mosca e nelle altre città del Paese.

Innanzitutto, fino a pochi giorni fa, si dava per certo il default del Paese, oggi nemmeno si cita la scoperta, che scoperta non era, della grande riserva di valuta pregiata posseduta da Mosca (https://www.rainews.it/articoli/2022/03/sulianov-la-russia-pu-saldare-il-debito-pubblico-5253df7c-f1d5-464b-930c-45e58a4d4418.html https://www.open.online/2022/03/16/russia-fallimento-default/). Come si legge nelle fonti, veniva dato per scontato un default, addirittura le celebrate agenzie di rating avevano declassato a livello di trash i titoli di stato russi, garantendo invece ai più accorti investitori affari d’oro, perchè li hanno comprati per nulla e incassati per intero.

La realtà è lungi dal racconto o narrazione che i media di essa fanno, ma non solo in campo economico.

Basta leggere i dati del Sole 24 ore per comprendere come l’esposizione russa in valuta estera sia minima rispetto al suo PIL e le riserve di tali valute siano addirittura superiori al valore del debito.

Pertanto potrà sempre onorare interessi e scadenze.

Paradossalmente potrebbero saldarlo addirittura in oro.

(https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/02/25/la-fortezza-russia-e-pronta-da-anni-a-neutralizzare-leffetto-delle-sanzioni-debito-bassissimo-autosufficienza-e-gigantesche-riserve-in-valuta-estera/6507147/ https://www.infodata.ilsole24ore.com/2022/03/20/si-compone-debito-emesso-dalla-federazione-russa/ )

Nei nostri media c’è la volontà chiara e lampante di alterare la nostra percezione della reale situazione nel mondo.

La narrazione non si ferma certo alla finanza.

Ci si riferisce al reale consenso del Presidente Putin in Russia.

Come in tutte le società, anche in Russia vi sono stati periodi di maggiore o minore consenso verso i governanti, ma sia gli istituti demoscopici più vicini alle posizioni del Governo (per esempio, l’Istituto VZIOM), sia quelli considerati indipendenti (primo tra tutti il Levada Center) hanno attestato, nel corso degli anni, un consenso nei confronti del Presidente Putin superiore alla media dei suoi colleghi occidentali (ci si sofferma sul consenso del Presidente, in quanto la Russia è una repubblica presidenziale). Alle elezioni presidenziali del 2018, Putin ha raccolto il 76,69% dei voti, nella precedente consultazione tenutasi nel 2012 il 63,64%. L’Istituto indipendente Levada (non legato al governo) svolge periodicamente sondaggi sul gradimento dei russi verso l’operato del Presidente: ad ottobre 2021 il 67% dei russi esprimeva un giudizio positivo, a dicembre il 65%, ad inizio febbraio il 69%. L’Istituto VZIOM ha effettuato un sondaggio all’inizio di marzo, dopo l’avvio dell’operazione militare in Ucraina, registrando una crescita dell’indice di gradimento (70,4% contro il 64,3% dell’ultima rilevazione del medesimo Istituto). I sondaggi non sono perfetti, ma questi ed i risultati delle elezioni possono offrire qualche indizio. Valutazioni analoghe possono essere fatte per le elezioni parlamentari. Chi ha modo di frequentare la Russia, può trovare facilmente riscontri coerenti con questi numeri.

Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, le popolazioni sovietiche credono in qualcosa, spesso ci si domanda.

Verrebbe da chiedere: “E gli occidentali in cosa credono?”. Ridurre il popolo sovietico ad una massa indistinta fatta di persone che credono in un’unica idea sarebbe molto riduttivo, per non dire offensivo. Non si capisce, comunque, perché i russi abbiano necessariamente bisogno, per esistere come popolo, di un’ideologia che faccia da collante, mentre questo non valga per altre nazioni. Un’idea simile lascia uno sgradevole retrogusto (un po’ razzista, diciamolo). Se invece ci si accontenta di considerare come ideologia un generale insieme di valori condivisi, questi alla Russia certamente non mancano. Ed è sufficiente conoscere poche persone, per capire che tra i sentimenti condivisi c’è un senso di delusione nei confronti dell’Occidente per il tradimento delle promesse di amicizia e collaborazione formulate negli anni ’90. E’ vero, anche il liberalismo non è popolare in Russia. Probabilmente, averlo sperimentato nella sua variante più pura negli anni ’90, ha generato una consapevolezza diffusa dei limiti di quest’ultimo, tanto che oggi in Russia nessun partito politico osa definirsi tale. Senso di appartenenza alla comunità, orgoglio del proprio passato e della propria identità, riconoscimento del ruolo centrale dello Stato nella società e nell’economia, necessità del recupero di spazi di socialità, sembrerebbero individuare alcuni dei tratti più sentiti e comuni dei russi. Lo si capisce parlando con loro, leggendo le lettere che loro stessi scrivono ai giornali, le azioni e le iniziative spontanee sul territorio ed anche l’esito delle consultazioni elettorali locali e nazionali (nelle quali, non a caso, si registra negli ultimi anni una affermazione del Partito Comunista e delle altre formazioni più socialmente orientate, ma anche uno spostamento sempre più “a sinistra” del partito di maggioranza Russia Unita).

Il tema dell’ideologia come collante sociale viene posto soprattutto, a quanto è dato capire, in relazione ai “sacrifici imposti dalle durissime sanzioni dell’Europa ai cittadini russi impossibilitati ad acquistare anche solo i beni di prima necessità”. Forse tra qualche settimana o qualche mese assisteremo davvero a quanto descritto dall’autore dell’articolo, ma ad oggi non si registra né penuria di beni di prima necessità (nei primi giorni, a causa “dell’assalto” ad alcuni beni di prima necessità, effettivamente qualche scaffale ha potuto restare vuoto qualche ora, ma la cosa si è protratta non più di un paio di giorni), né un incremento dei prezzi (anzi, negli ultimi giorni, il prezzo del carburante e dei generi alimentari ha registrato una flessione). Si registrano incrementi dei prezzi per quanto riguarda elettronica ed automobili. Ma non sono beni di prima necessità e, anche in questo caso, una volta sostituiti gli anelli occidentali della catena di approvvigionamento, è ipotizzabile un calo dei prezzi. Per ora non si registrano riflessi occupazionali, che forse si verificheranno in seguito, ma occorre pur sempre tenere presente che si tratta di un Paese con un tasso di disoccupazione mediamente contenuto (ultima stima Rostat del febbraio 2022: 4,4%). Confrontare i dati europei (https://www.openpolis.it/il-tasso-di-occupazione-nelle-regioni-europee-e-italiane/).

Il popolo russo non è certo un popolo chiuso in se stesso e che non viaggia all’estero, tutto l’opposto, perché invece moltissimo. Non è certo un Paese isolato o concentrato su quello che chiamano il culto dello Zar. La Russia anche oggi non è assolutamente isolata dal mondo, può viaggiare ovunque ma non verrà di certo né in Unione né negli USA o in altri Paesi ostili. I russi sono tra le popolazioni che viaggiano di più all’estero, parlano lingue straniere, interagiscono con il resto del mondo per lavoro, studio, divertimento. Se per isolamento si intendono nuovamente le sanzioni economiche, ad oggi queste sono state adottate da Usa, Ue, Giappone, Sud Corea, Australia e Nuova Zelanda. Mancano all’appello partner degli Usa come le petromonarchie del Golfo, membri Nato come la Turchia. Circa tre quarti della popolazione del pianeta abita in Paesi che hanno più o meno esplicitamente affermato che non aderiranno alle sanzioni occidentali.

Parliamo delle manifestazioni nel Paese contro l’”Operazione speciale” che poi è l’escalation della guerra in corso da 8 anni e che i nostri media censurano.

Si sente spesso parlare di molti arresti, anche di 20.000, sono numeri elevati, ma i media dimenticano di specificare che non si tratti di arresti, ma di fermi per identificazione, al termine del quale i fermati vengono rilasciati con al massimo una multa per aver partecipato ad una manifestazione non autorizzata. Si ricorda, invece, cosa è accaduto in occasione delle manifestazioni non autorizzate di studenti italiani che protestavano contro le morti di studenti durante l’alternanza scuola lavoro. C’è stato il caso di una giornalista che ha mostrato un cartello contro la guerra, è stata fermata, multata e rilasciata, nel frattempo sui nostri media sembrava dovessero impiccarla.

(https://www.askanews.it/esteri/2022/03/15/ucraina-appello-onu-per-reporter-tv-russa-con-cartello-no-war-pn_20220315_00107/).

Sarebbe di nuovo utile avere qualche contatto in Russia per sapere che i russi sono sempre contro la guerra. Ma anche che l’operazione speciale viene generalmente percepita come un intervento doloroso ma necessario in difesa delle popolazioni russofone del Donbass (oggetto di un’aggressione che, in 8 anni, ha ucciso almeno 14.000 persone) e della propria sicurezza (i laboratori biologici in Ucraina e le carte relative all’invasione del Donbass, che sarebbe scattata l’8 marzo, trovate in possesso delle forze ucraine sembrano rafforzare questa convinzione). I controllori dei fatti in USA sono abbastanza in difficoltà nel confutare quanto riferito in commissione dalla vaga Victoria Nuland e riferito dal noto giornalista di Fox News Tucker Carlson, conduttore di un seguitissimo show televisivo. Non si capisce, in effetti, perchè dovrebbe esserci preoccupazione per l’occupazione di questi da parte russa se in essi ci fossero solo ricerche su enterococchi.

( https://www.nytimes.com/2022/03/11/us/politics/us-bioweapons-ukraine-misinformation.html)

( https://nypost.com/2020/10/14/email-reveals-how-hunter-biden-introduced-ukrainian-biz-man-to-dad/)

Un’ulteriore precisazione va fatta sullo stato del signor Vladimir Putin, che non è un dittatore, ma un Presidente eletto. Ragionando sul Presidente Ucraino, occorre fare qualche precisazione.

Un uomo democraticamente eletto in una consultazione svolta dopo lo scioglimento per legge del primo e del terzo partito per livello di consensi (il Partito delle Regioni e il Partito Comunista Ucraino) e l’incarcerazione dei loro dirigenti (qualcuno è anche stato ucciso), in cui il principale partito di opposizione rimasto (Piattaforma per la Vita) subisce da anni violenze (tra l’altro il segretario Medvedchuk è agli arresti domiciliari dall’estate 2021… ma prima era in carcere), ( https://www.atlanticcouncil.org/blogs/ukrainealert/putins-key-ukraine-ally-charged-with-treason/ , in cui il “senso di unità nazionale” è così forte che l’altro ieri sono stati messi fuori legge altre 11 partiti (quasi tutti di sinistra) in quanto “infiltrati dai russi” (così è stata motivata la decisione). ( https://www.rainews.it/articoli/2022/03/ucraina-zelensky-sospese-le-attivit-dei-partiti-politici-filo-russi-1f9be919-5786-4f55-89a7-0f339f30028e.html). Si potrebbe parlare a lungo dei pogrom, delle terribili repressioni a Odessa e Mariupol dopo il Maidan. Con tutti i limiti, in Russia esistono partiti politici di tutti gli orientamenti (comunisti, socialisti, centristi, sovranisti) che, se in grado di raccogliere il numero di firme necessarie, possono concorrere per l’ingresso alla Duma (anche se i partiti liberali di norma non superano la soglia di sbarramento del 5%).

La narrazione dei media si estende oltretutto nel riportarci un’immagine gradita della situazione sul campo della guerra in Ucraina, parlando di esercito russo fiacco e privo di mezzi e rifornimenti. Nella mia esperienza di osservatore e analista di conflitti, iniziata proprio con la guerra in Ucraina 8 anni or sono di questi giorni, posso dire che questa fase del conflitto altro non è che la campagna aerea per colpire le infrastrutture di Kiev che non si era svolta prima per chiare e già spiegate esigenze belliche, ricordo che la campagna di bombardamenti, oltretutto più violenta, portata avanti dalla NATO durante la guerra contro la Serbia, nel 1999, durò 72 giorni consecutivi dal 24 marzo al 10 giugno (https://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Allied_Force).

L’operazione Allied Forces della NATO causò la morte ufficialmente di almeno 2500 civili, di cui 89 bambini.

In definitiva, c’è come un abisso tra ciò che oggi leggiamo sui media di guerra nostrani e la realtà nel mondo che ci circonda, per cui, vigilare è un imperativo categorico.

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