Mettiti in comunicazione con noi

Esteri

America Latina: donne, insorgenza e rivoluzioni

Pubblicato

su

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Comunicato

America Latina: donne, insorgenza e rivoluzioni

Questo sabato, 29 Ottobre 2022, alle ore 17:00, presso il Circolo Bocciofilo Pensionati di Monterotondo Scalo, in via Aldo Moro n. 1, si è svolta la presentazione della Trilogia Saggistica della dr.ssa Maddalena Celano, “America Latina: donne, insorgenza e rivoluzioni”, con gli interventi del presidente del Circolo Bocciofilo, Alessandra Clementini (Consigliera Delegata per le Pari Opportunità del Comune di Monterotondo), Sua Eccellenza Sonia Silvia Brito Sandoval (Ambasciatora dello Stato Plurinazionale di Bolivia in Italia), Sua Eccellenza Teresa Susana Subieta Serrano, Ambasciatora dello Stato Plurinazionale di Bolivia presso la Santa Sede, la dr.ssa Francesca Pacifico (docente, pedagogista e psicologa specializzata in psicoterapia),  la dr.ssa Maddalena Celano (autrice dei tre saggi proposti), i l moderatore è stato il giornalista e scrittore Fabrizio Di Ernesto . L’ evento è stato Introdotto (e chiuso) da Jaime Noriega, presidente dell’ Ass. CICAL. Alla fine dell’ evento è stato offerto, dal CICAL, un aperitivo finale  a tutti i presenti. L’ Evento è stato ideato e promosso dal CICAL, Centro Internazionale di Cooperazione Afro-latinoamericano, con il patrocinio del Comune di Monterotondo e dell’ Ambasciata dello Stato Plurinazionale di Bolivia in Italia. I saggi presentati sono stati i seguenti: Manuela Sáenz Aizpuru, Porto Seguro Editore, Roma, 2022; Le donne cubane. L’altra metà della rivoluzione, CTL, Livorno, luglio 2020  e Una nuova coscienza tra resistenza ed emancipazione: una Rivoluzione Pedagogica in America Latina, PAV edizioni, Roma, 2022. Parlare del valore rivoluzionario della pedagogia latino-americana è compito semplice e titanico allo stesso tempo. Semplice perché una moltitudine di nomi, storie e idee saltano alle mente popolando le diverse latitudini e i diversi contesti nazionali che conformano la regione. Titanica perché molti degli approcci proposti risultano ancora oggi innovatori e non di facile divulgazione, soprattutto per chi non proviene da un percorso di studi legato alla pedagogia. Una cosa però è chiara, l’accesso all’educazione non solo è un diritto umano fondamentale ma è probabilmente quel diritto che riesce a dare valore e profonda comprensione a tutti gli altri. L’educazione, in America Latina, è stata dunque (ed è) un elemento di liberazione, autodeterminazione, lotta e rivendicazione culturale. Un terreno di contesa politica ma anche economica e sociale, il primo gradino della rottura delle catene di violenza, oppressione e discriminazione intersezionale che costituiscono le maglie delle diverse società nazionali latinoamericane.

“Latino-americanismo” senza oblio e pregiudizi

 Anche se l’indipendenza sudamericana non è attualmente un argomento che attira molta attenzione da parte degli storici nordamericani (e di tutti i paesi influenzati intellettualmente, culturalmente, politicamente ed economicamente agli USA, tra cui l’ Italia), coloro che si specializzano in America Latina hanno necessariamente affrontato la vita e l’opera di Simón Bolívar. È di gran lunga la figura latinoamericana più citata nei testi di insegnamento universitario e l’immagine che si presenta di lui è generalmente positiva. Tuttavia, i contributi originali forniti dai ricercatori statunitensi alla storiografia bolivariana sono scarsi. Le biografie del Libertador di autori nordamericani sono state quasi tutte opere “popolari” o addirittura destinate a giovani lettori. Altri scritti sul periodo, comprese le biografie dei suoi rivali e collaboratori, hanno compensato solo in piccola parte questa carenza. Sebbene negli ultimi anni gli storici degli Stati Uniti non abbiano prestato molta attenzione all’indipendenza del Sud America, quelli specializzati in storia dell’America Latina hanno inevitabilmente scritto sulla sua vita e le sue idee. Ancor di più, a causa di pregiudizi patriarcali e sessisti,è ignota ai molti legati alla cultura “occidentale”, la figura di Doña Manuela Sáenz (e di altre “libertadore-indipendentiste” come Juana Azurduy, per esempio)  più conosciuta con l’ appellativo di Libertadora del Libertador , nata a Quito il 27 dicembre 1797, allora Vicereame della Nuova Granada, e deceduta il 23 novembre 1856 (a 58 anni), a Paita, in Perù. Donna che fu una famosa Rivoluzionaria e spia.   Figlia illegittima di Maria Joaquina Aizpuru e il nobile spagnolo, già sposato, Simón Sáenz de Vergara y Yedra (o Sáenz y Verega). La madre fu abbandonata dalla sua modesta famiglia a causa della gravidanza “fuori dal matrimonio” e la giovane “Manuelita” andò a scuola presso il Convento di Santa Catalina dove imparò a leggere e scrivere. È stata costretta a lasciare il convento all’età di diciassette anni, quando si scoprì che fu sedotta dall’ Ufficiale dell’esercito Fausto D’Elhuyar, figlio di Fausto Elhuyar e nipote di Juan José Elhuyar, che furono i co-scopritori del tungsteno. Per diversi anni Manuela visse con suo padre, che nel 1817 organizzò il suo matrimonio con un ricco mercante inglese, James de Thorne, che aveva il doppio della sua età. La coppia si trasferì a Lima, in Perù, nel 1819 dove vissero come aristocratici e tennero riunioni sociali nella loro casa dove gli ospiti includevano leader politici e ufficiali militari. Questi ospiti condivisero con lei i segreti militari sulla rivoluzione in corso e, nel 1819, quando Simón Bolívar ha preso parte alla riuscita liberazione di Nuova Granada, Manuela Sáenz divenne un membro attivo nella cospirazione contro il viceré di Perù, José de la Serna e Hinojosa, durante il 1820, raccogliendo denari e viveri per i rivoluzionari e occupandosi di “spionaggio”. Il contributo politico e militare offerto , da Manuela Sáenz Aizpuru,  alla causa d’emancipazione, furono premiate, nel 1822, dal Generale San Martin, con la decorazione dell’ordine dei “Cavallieri del Sole”, logo della nuova nobiltà repubblicana che fu consegnata anche a 111 altre donne combattenti e patriottiche di Lima. Manuela ritornò a Tolgo, dove prestò servizio e consegnò la sua fortuna personale all’Esercito Liberatore che sigillò nella battaglia di Pichincha, 1822, l’indipendenza dell’Ecuador, la sua patria nativa. Manuela partecipa alla Battaglia di Pichincha del 24 di maggio di 1822 che fu vinta dai patrioti e, durante una festa indetta per la vittoria militare, conobbe il Libertador Simón Bolívar. Ella gli lanciò allori da un balcone ed egli si innamorò di lei per sempre. Si rese amante e compagna di Simón Bolívar, abbandonando per sempre suo marito di convenienza James Thorne. Manuelita Sáenz aveva 27 anni; Simón Bolívar, 39. Da quel giorno sigillarono il loro amore. Manuela si introdusse nel suo Stato Maggiore e fu promossa come Capitano degli Ussari dopo la Battaglia di Junín nel 1824. Dal fronte di Ayacucho, nel dicembre dello stesso anno, il maresciallo Antonio José di Sucre riconobbe che Manuela aveva combattuto valorosamente e assistito i soldati feriti, per questo motivo chiese che le fosse concesso il grado di Colonnella e Bolívar accettò. Quando Bolívar ritornò a Bogotà per riassumere la Presidenza della Gran Colombia e affrontare la minaccia separatista del Venezuela, uno dei suoi primi desideri fu chiedere che Manuelita l’accompagnasse. Durante i sette anni di convivenza con Bolívar, Manuela militò nella causa indipendentista, partecipava agli allenamenti militari e soccorreva logisticamente le truppe, era spia e messaggera degli insorti .  Con Bolívar, Manuela scambiava lettere d’amore e andava a trovarlo mentre si spostava da un paese all’altro. Durante i primi mesi del 1825 e da febbraio a settembre 1826, visse con Bolívar vicino Lima, ma mentre la guerra continuava, Bolívar fu costretto ad andarsene. In seguito Manuela lo seguì Bogotá. Il 25 settembre 1828, gli ufficiali ribelli tentarono di assassinare Bolívar, ma con l’aiuto di Manuela, Bolívar riuscì a scappare, cosa che la portò ad essere denominata “Libertadora del Libertador”. L’opera di Simón Bolívar (e di Manuelita),  poco sistematica e organizzata, ha prodotto nel lungo processo delle lotte per l’indipendenza e dei tentativi di organizzare il nuovo Paese (che in linea di principio non era il Venezuela, ma la Gran Colombia come primo passo verso una confederazione dei “Sud America”), si presta a notevoli (ri)interpretazioni. Infatti, poco prima della sua morte nel 1830, Bolívar iniziò a ispirare in Venezuela un processo di legittimazione delle sueélite, che lo storico Germán Carrera Damas (2013) definì nelle sue opere il “ culto di Bolivar”, l’emergere di un culto “popolare” di Bolívar, in chiave progressista, con un contenuto di giustizia sociale. “Il popolo non si dedicò al culto di Bolívar, costruttore dell’ordine, ma al Bolívar liberatore degli schiavi e capo degli eserciti popolari” . E da allora ha atteso in senso messianico l’emergere di un nuovo Bolívar: un  Bolívar “per il popolo” e “del popolo”. È proprio a questo fenomeno in chiave popolare e progressista che la sinistra latino-americana ha fatto ricorso nel suo processo di nazionalizzazione, a partire almeno dagli anni Sessanta, allontanandosi dall’ortodossia sovietica e dal cosiddetto “socialismo reale” per produrre – tra le altre appropriazioni dell’ideologia di Bolívar da parte di forze politiche di diversi quadranti ideologici – un bolivarianesimo di sinistra, che presenta un Bolívar rivoluzionario e precursore dell’antimperialismo. Poi, al di là del “culto di Bolívar” (ma basato su di esso), iniziò a manifestarsi da sinistra un “bolivarianesimo”. Tale ideologia può essere definita da punti che vengono reinterpretati come chiave nel pensiero di Bolívar, che avrebbe ancora validità contemporanea sotto qualche adattamento: la difesa della piena indipendenza, l’insistenza sulla via “rivoluzionaria”, gli avvertimenti sul pericolo di espansionismo degli USA (che sarebbe un’anticipazione dell’antimperialismo). Il bolivarismo si presenta come un salvataggio e una continuità del progetto di emancipazione, che sarebbe in origine antioligarchico e antimperialista, per la realizzazione di una “seconda emancipazione”.  L’interpretazione che danno di Rodríguez (il pedagogo del Libertador e il suo ideologo/ispiratore) riguardo all’importanza che attribuiva all’economia sociale, all’educazione popolare e alle idee “terra e uomini liberi”, “elezione popolare” e “orrore dell’oligarchia” di Ezequiel Zamora nella guerra federale ( 1859-1863), è considerata la sintesi dell’ideologia bolivariana. Bolívar e in particolare, il suo pedagogo, Rodríguez hanno insistito sull’originalità del continente americano e del cosiddetto “uomo americano”. Rodríguez formula il famoso slogan “o inventiamo o commettiamo errori” ,“Dove andiamo a cercare modelli? L’America spagnola è originale. Originali devono essere le sue istituzioni e il suo governo. E originali i mezzi per fondare l’uno e l’altro. O inventiamo o commettiamo errori” (Rodríguez, 2004, p. 138). Affermare che una rivoluzione ha un carattere ‘bolivariano’ significa affermare il carattere originario di quella rivoluzione. È per affermare che non è una copia di formule importate, ma una nuova creazione della sua stessa storia e realtà. Guardando a Bolívar e agli altri leader dell’Indipendenza per la loro fonte teorica e simbologia, i bolivariani riaffermano la necessità di produrre soluzioni latinoamericane per i problemi latinoamericani e mostrano che c’è effettivamente ricettività a questo discorso.

L’ autrice dei saggi: Maddalena Celano

Maddalena Celano, nel 2003, dopo la laurea in Filosofia all’ Università degli Studi di Roma3, consegue un Master in “Formazione e Media” presso lo stesso Ateneo e, nel 2018, porta a termine il dottorato di ricerca in “Studi Comparati: Lingue, Letteratura e Formazione”, presso l’Università di Roma “Tor Vergata”.  Pubblica il suo primo saggio, sempre nel 2018,Manuela Sáenz Aizpuru. Il femminismo rivoluzionario oltre Simón Bolívar. Tra il 2019/2020 frequenta il Corso di Specializzazione per le Attività di Sostegno Didattico agli Alunni con Disabilità presso UNINT, Università degli Studi Internazionali di Roma.  Il 21/11/2019 pubblica il suo secondo saggio: Venezuela: un esempio di guerra “ibrida”. Pubblicato su Democrazia & Sicurezza/Democracy Security Review, Peer Reviewed Journal, Osservatorio Europeo e Internazionale, su internet: www.democraziaesicurezza.it  Ha collaborato, con la stesura di tre biografie, alla pubblicazione del saggio del prof. Diego Battistessa, America Latina; donna forte e insorgente,  della Aut Aut Edizioni, Palermo, 2020. Sempre nel 2020 ha dato alle stampe il saggio Donne cubane: l’ altra metà della Rivoluzione, CTL Edizioni-Libeccio, Livorno, 2020.  Nel 2021 ha conseguito il Master di Primo Livello in Studi sull’ Ambiente e del Territorio, Environmental Humanities, presso l’ Università degli Studi di Roma3. Recentemente, ha curato la pubblicazione del saggio del prof. Giulio Santosuosso, Il Socialismo in un Paradigma Liberale  , CTL Livorno, Libeccio (2022) e ha pubblicato il saggio Manuela Saenz Aizpuru con la Casa Editrice Porto Seguro, Roma (2022), nonché il saggio Una nuova coscienza tra resistenza ed emancipazione: una Rivoluzione Pedagogica in America Latina, PAV edizioni, Roma (2022). Attualmente lavora come docente nelle scuole medie-superiori.