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Price cap – La UE si spara nuovamente sui piedi

L’incontro tra Macron e Biden, il Price Cap l’ennesimo autogol della UE, il Venezuela torna a esportare petrolio in occidente, La situazione sui fronti in ucraina, la verità sui caduti ucraini, la drammatica conferma della Von der Leyen

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Macron e Biden a Washington

Aree di crisi nel mondo del 4-12-2022

Price cap – La UE si spara nuovamente sui piedi.

I vertice della UE ha stabilito che verrà posto da domani, 5 dicembre, un tetto al prezzo pagato dalla UE per il petrolio russo, stessa scelta e stesso prezzo sono stati adottati anche dai Paesi del G7 e dall’Australia.

Il prezzo stabilito sarà di 60 dollari al Barile, secondo il Sole 24 ore, la quotazione attuale è pari a 80-85 dollari.

Per la Russia dunque sarà un grave danno economico giusto?

No è sbagliato.

Esattamente come per il gas e altri prodotti, anche questo provvedimento si rivelerà un totale fallimento e causerà danni principalmente a chi lo ha emesso.

Innanzitutto occorre stabilire un principio, siamo noi ad avere bisogno del petrolio e non la Russia dei nostri soldi, senza i soldi la Russia vive ugualmente in quanto è esportatrice di molti altri beni e materie prime, oltre che di lavorati, ha energia, ha cibo, ha materie prime, sono quasi del tutto autosufficienti, oltretutto la maggior parte del mondo non appoggia affatto le sanzioni occidentali e pertanto il loro effetto è assolutamente limitato se non per i danni che ci auto infliggiamo.

La Russia quindi può benissimo optare per NON venderci affatto il petrolio se noi non lo intendessimo pagare alla quotazione di mercato.

Noi, viceversa non possiamo farne a meno, stiamo già importando tutto il petrolio che è disponibile sui mercati per limitare gli acquisti di quello russo eppure non basta.

Ora abbiamo due scenari, la Russia NON ci vende il petrolio al prezzo stabilito da noi e restiamo senza, con gravi problemi di mobilità interna e produzioni industriali, quindi ci rivolgiamo ai produttori affinché ci vendano petrolio per sostituire quello russo, ma qui iniziano i problemi, il petrolio in genere è venduto prima dell’estrazione, tramite i futures, pertanto potremmo non trovarne di disponibile subito, ma, chiaramente, essendo un mercato, qualche squalo può decidere di guadagnare molto bene dalle nostre difficoltà.

Nel qual caso gli squali della finanza possessori dei futures legati a petrolio magari in transito sui mari, ci propongono un affarone, ci cedono i carichi in loro possesso, già pagati da altri clienti, in cambio però di un prezzo più elevato e del farsi carico delle eventuali penali per la mancata consegna.

Di colpo non solo non compriamo il petrolio russo a 60 dollari, ma dobbiamo anche sostituirlo pagandolo molto di più del prezzo di riferimento dei mercati.

Una quotazione indicativa potrebbe essere sui 95-100 dollari al barile.

In questo modo noi riusciamo a sostituire le forniture russe, ma causiamo una nuova ondata di aumenti di prezzi che eroderanno gli stipendi delle famiglie e causeranno una perdita di competitività dei nostri prodotti sui mercati mondiali causa l’aumento dei costi di produzione.

Parallelamente c’è un fattore da valutare, gli squali che ci venderebbero il petrolio non russo, a prezzo ben maggiorato, avrebbero da soddisfare le richieste dei loro clienti che non ricevendo più il petrolio che avevano pagato, si troverebbero a doverlo sostituire, ecco che in quel momento si creerebbe una richiesta di mercato che loro, i Russi, sarebbero ben felici di accontentare.

Questi Paesi si rivolgerebbero alla Russia e comprerebbero a quotazione di mercato il petrolio che loro non venderebbero più alla UE e ai Paesi del G7, magari lo venderebbero con un piccolo sconto, per coprire una esigenza di mercato che prima non c’era e che noi stessi avremo creato per loro.

In questo modo noi pagheremo più caro del prezzo di mercato il petrolio di cui abbiamo bisogno e creeremo anche un nuovo mercato per la Russia grazie al quale potrà vendere il proprio petrolio.

La Russia non ne avrà nessun danno, si creerebbe un mercato con potenziali ulteriori nuovi rapporti commerciali con stati con cui magari prima non interagiva, noi, invece, saremo sempre più isolati nel mondo, similmente a quanto fatto per il gas, avendo privato molti Paesi del vitale GNL di cui abbiamo fatto incetta nel mondo per sostituire quello della Russia.

Il secondo scenario è che la Russia non ci venda il suo petrolio se non per una piccola parte a 60 dollari, e per il resto ci dica di arrangiarci, la UE potrebbe non riuscire a sostituire le forniture mancanti ed entrerebbe in crisi energetica, con pesanti ripercussioni. La Russia perderebbe parte del suo mercato, ma compenserebbe in breve con le entrate extra da altre fonti, a causa dell’aumento del prezzo del greggio, dovuto al calo dell’offerta. Questo è avvenuto con il gas e con le materie prime, non capisce perchè non dovrebbe accadere anche con il petrolio.

L’Ungheria, come al solito, è riuscita a farsi esentare dal provvedimento e continuerà a pagare, il convenuto, le sue forniture di petrolio attraverso gli oleodotti.

A margine del provvedimento della UE, mi pare ci sia anche il divieto di assicurare i carichi delle petroliere che trasportino petrolio russo non pagato entro il Price cap.

Il primo risultato è stato l’aumento delle quotazioni dell’affitto delle petroliere per il trasporto dei carichi balzato in media a 15 milioni di dollari dai 10 -11 precedenti.

Seconda conseguenza, la Russia si è premurata, per tempo, di acquistare sui mercati una flotta di petroliere, un centinaio, magari vecchie, ma funzionanti, con cui riuscirà a mantenere attive le consegne ai suoi clienti unite alla sua flotta in essere.

https://www.repubblica.it/economia/2022/12/03/news/petrolio_embargo_russia_navi_fantasma-377289724/

Pochi giorni fa invece i quotidiani del nostro mainstream scrivevano: https://www.eurisles.org/it/la-flotte-de-petroliers-russes-est-trop-petite-pour-contourner-le-plafond-des-prix-du-petrole

Nulla di cui andare fieri dunque per i nostri governanti che da mesi ci rifilano le storielle di una Russia in ginocchio entro pochi giorni, poi divenuti settimane, poi divenute mesi ed ora finalmente ci risparmiano questa pantomima.

Credo che sappiano molto bene che anche questo provvedimento come del resto i precedenti, sarà del tutto inutile nei confronti della Russia ma sarà deleterio, esattamente come i precedenti, nei confronti nostri.

Persino gli alleati della Russia stanno traendo giovamento dalla stupidità di chi ci governa.

Cresce il Venezuela grazie al conflitto in Ucraina.

Il Venezuela ha ripreso le esportazioni verso paesi occidentali, vendendo a prezzo di mercato il suo greggio, dopo anni che le veniva impedito, proprio da noi. Nei primi mesi dell’anno, grazie alla “distrazione “ degli USA, il Venezuela ha visto il suo PIL crescere come nessun altro Paese americano, questo si vedeva già dai primi mesi dell’anno, quando gli USA erano ormai del tutto concentrati su altri obiettivi.

Il disgelo con Washington prosegue, a causa, chiaramente, delle necessità degli USA.

Il petrolio venezuelano serve e non se ne può fare a meno, per cui, grazie alla proficua collaborazione con l’industria iraniana di settore, le estrazioni giornaliere di Caracas sono aumentate costantemente, ed ora anche la Chevron potrà esportare per almeno sei mesi.

Con i colloqui con le opposizioni gradite agli USA, tenutesi in Messico, Maduro ha assicurato al suo popolo lo sblocco di 3 miliardi di fondi del Venezuela che gli USA avevano illegittimamente sequestrato.

Tutto ciò sta ampiamente dimostrando come a causare i problemi economici nel Paese non fossero assolutamente ne il socialismo bolivariano ne il governo Maduro, ma solo ed esclusivamente lo spietato ed inumano regime sanzionatorio ed il blocco economico perpetrati con violenza e sopraffazione dagli USA e dalla UE contro i popolo del Venezuela.

Macron da Biden

Prosegue lo smarcamento francese alla follia imperante presso la malata amministrazione USA.

Il Presidente francese ha fatto evidenti pressioni sugli USA affinchè provino ad avviare una fase di colloqui e negoziati con Mosca.

Macron è preoccupato su più fronti, diciamo tre questioni aperte.

La prima direttamente con gli USA, riguarda la legge dei finanziamenti per le imprese che investano in USA nella green economy, Inflaction Reduction Act, che prevede centinaia di miliardi di dollari per le imprese, e che potrebbe produrre una forte migrazione di imprese europee verso gli Stati Uniti.

La cosa metterebbe oltretutto in difficoltà quelle rimaste in sede che godendo di fondi e aiuti inferiori, troverebbero molto difficoltoso competere con quelle d’oltre oceano.

La seconda questione riguarda il conflitto ucraino.

Il presidente francese prende atto di una gravissima difficoltà in cui si trovano i Paesi NATO, le scorte fornite all’Ucraina per reggere e prolungare il conflitto, hanno portato al limite massimo la capacità Francese e Europea di reggere ancora per molto, pertanto Macron ritiene che si debba aprire la trattativa con Mosca, cosa estremamente importante, parla di garantire alla Russia la sicurezza dei suoi confini, cosa mai fatta prima, segno ulteriore della gravità della situazione.

Altri capi di stato non lo ammettono o nemmeno magari lo capiscono, lui, evidentemente si, e si muove per salvare il salvabile.

Terza questione, molto interna riguarda la situazione energetica del Paese.

Biden è parso fingere di aprire al dialogo, ma ponendo condizioni assurde, di fatto lo chiude.

Gli Usa vogliono ridurre la UE al lumicino e non si fermeranno , sono disposti a sacrificare a questo anche l’ultimo ucraino.

Come procede il conflitto

Sul campo di battaglia Segnalo la situazione di forte intensità di scontro su tre fronti, A nord quello tra Svatosky e Kreminna.

Qui gli ucraini cercano di trovare un varco tra le truppe russe ma si infrangono sempre contro le difese ben fornite e ben posizionate, su questo settore sono già arrivati anche i richiamati.

Più a sud troviamo il fronte di Artiomosk (Bakmut) dove il “tritacarne” è in piena attività, il livello di fuoco dell’artiglieria russa è elevatissimo e costante, anche un servizio della CNN ce lo conferma, già lo aveva fatto due settimane addietro quello della tv francese France 2 con la brava Maryse Burgot.

Le vittime sono principalmente ucraine proprio a causa del fuoco di artiglieria, gli attacchi della Wagner, PMC russa, causano perdite ulteriori e anche tra le proprie fila.

Infine il fronte vicino a Donetck, ancora bersagliata dal fuoco indiscriminato delle artiglierie ucraine, qui i fronti attorno ad Adveevka sono molto vivi e combattuti.

Si segnalano spostamenti di truppe ucraine dalla regione russa occidentale di Cherson, temporaneamente occupata dagli ucraini, verso altra regione, si sospetta quella di Zaporije.

La conferma delle nostre stime sulle vittime ucraine, ha trovato purtroppo conferma, dalle parole della Presidente della commissione UE Ursula Von der Leyen, che, forte di dati ufficiali fornitele dal suo staff di militari ben informato, ha comunicato che queste siano oggi oltre le 100.000 per i soldati e circa 20.000 per i civili, cifre lontanissime dalle ridicole stime di 10.000 caduti diffuse dal regime di Kiev.

Come sapete, i dati stimati dei caduti ucraini, da noi posti tra le 200 e le 500 giornaliere di media, sono stimabili di molto superiori a quelle russe, di circa 4 volte, questo a causa del differente approccio al conflitto, molto conservativo delle truppe da parte russa, mentre al contrario da parte ucraina è estremamente punitivo nei confronti dei soldati usati come carne da cannone.