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Oasi Culturale

“L’Arminuta” di Donatella Di Pietrantonio

Bentrovati su “Oasi Culturale”, rubrica de ilsudest.it a cura di Alessandro Andrea Argeri e Sara D’Angelo. Oggi parleremo del romanzo “L’Arminuta” di Donatella Di Pietrantonio.
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di Sara D’Angelo

Estate 1975. Una tredicenne con la valigia in mano imbottita del suo piccolo mondo, percorre in silenzio una via crucis di scale in arresa solo davanti a una porta. La bambina non ha le chiavi, nè coraggio per bussare a quel rustico pezzo di legno alto il doppio di lei e degno nemmeno la metà. L’incubo sta per compiersi ma non è ancora sera. L’oscurità spesso confonde il ritornello della luna e improvvisa ombre a mezzogiorno.
Ricoperta dal suo vestitino borghese la ragazzina entra per la seconda volta in quella casa a lei sconosciuta, da qualche parte un esile nervo di memoria sarà rimasto incastrato nella periferia di un timido rivolo della mente: sotto quel tetto è stata creatura al suo primo appuntamento col mondo, figlia di una madre poco materna per tenerla ancora con sè dopo l’ultima doglia.
La piccola donna sarà l’ Arminuta, la protagonista del romanzo vincitore del Premio Campiello 2017 scritto da Donatella Di Pietrantonio, abruzzese di nascita come lo è il termine dialettale “arminuta” : ritornata, o meglio, restituita.
A chi?
Al sangue che l’ha concepita, portata in grembo per non crescerla mai, prestarla a una coppia di parenti illuminati d’amore per quel frugoletto affamato notte e giorno di latte.
E adesso l’aspetta il viaggio al contrario nella casa piena di figli educati allo sgarbo, estranei di volto ma fratelli di sangue pronti a strappare quel fiore cresciuto nel giardino profumato di primavera. 
Ogni equilibrio viene spezzato dal flusso di domande senza risposte che annebbiano il centro vitale dell’ Arminuta. Cosa ne sarà di lei? Su chi potrà contare per sciogliere il nodo del dubbio? Adalgisa è ancora sua madre o forse non lo è mai stata?
“Oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza. È un vuoto persistente, che conosco ma non supero. Gira la testa a guardarci dentro. Un paesaggio desolato che di notte toglie il sonno e fabbrica incubi nel poco che lascia. La sola madre che non ho mai perduto è quella delle mie paure”.
L’esperienza dell’amore lascia tracce incuranti del tempo nelle vene ancora vive solo per eternare quell’ istante. L’ Arminuta riconosce il privilegio ricambiandolo con un ricordo devoto.
Le pagine che da questo momento entreranno in scena saranno scuola per chi ride di un crostaceo di mare impegnato a fare la scorta di se stesso. L’elemento principe del futuro chiede udienza al gusto amaro del passato. Non è raro imbattersi nel rifugio segreto di un avanzo di fiamma sotto una coltre di cenere apparentemente fallita.
L’ Arminuta sperimenta il naufragio del cambiamento che la condurrà lontano dal nido del quieto vivere dentro cui è cresciuta. Occhi fissi sulla nebbia mentale scuotono l’oro del Paradiso rimasto fuori dalla sua nuova casa, c’è un adesso impossibile da spiegare se non con l’urgenza di un fragoroso pianto. I suoi nuovi genitori gridano povertà, intanto dall’inferno sorge una luce di cui ci si può fidare, si chiama Adriana ed è la sorella che abbraccia il suo abisso, accanto a lei tutto sarà condivisione di paure da dimezzare.
“Mia sorella. Come un fiore improbabile, cresciuto su un piccolo grumo di terra attaccato alla roccia. Da lei ho appreso la resistenza. Ora ci somigliamo meno nei tratti, ma è lo stesso il senso che troviamo in questo essere gettate nel mondo. Nella complicità ci siamo salvate”.
Imparare l’arte di sopravvivere si può solo se i colori viaggiano insieme alla tela protetti dalla cornice, uniti nell’acquerello fino a ieri debole, poi rinvigorito da giovani energie positive. 
Fare la guerra al passato comporta il rischio di uscirne vittima innocente una volta più una, l’abbandono dell’ Arminuta scrive da sè il saggio sulla replica gemella del destino. Quello che non vorresti. Quello che avrai.
La strada del perdono può non essere percorribile a causa del martirio emotivo sopra il velo dell’anima, l’anello della catena che più contribuisce a lacerarla fino a renderla bandiera listata a lutto.
Lei è L’ Arminuta, la Ritornata.
La ragazza dovrà fare i conti con un ventaglio d’amore incompiuto, quello della prima e della seconda madre, un nucleo familiare fittizio attorno a una tavola tarlata di menzogne. Mano dopo mano, l’incubo impara a disfarsi del lato oscuro delle stelle destinato a chi non ha fatto niente per distruggere l’oasi maledetta, bravissima a vincere le anime foriere di Luce.
Non sarà stato semplice scrivere di dolore e di sacrificio, la lunga notte vissuta da una quasi bambina al debutto con le prime battute della Vita mette in ginocchio lo stupore del mondo, poi la rivelazione: non è mai troppo tardi per ricominciare dai titoli di coda e riscrivere la colonna sonora adatta alle invocazioni inascoltate.
L’ Arminuta avrà le sue risposte nei fatti assai più eloquenti delle parole, troppe volte è stato vento il convegno delle labbra riunito nel vuoto delle promesse vane.

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