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Oasi Culturale

TOP GUN, TOP A SUO MODO

Benvenuti su “Oasi Culturale”, rubrica de ilsudest.it a cura di Alessandro Andrea Argeri e Sara D’Angelo. Questa settimana parleremo di “Top Gun: Maverick”, diretto da Joseph Kisinsky.
Se vi va, scriveteci: redazione@ilsudest.it/alexargeriwork@gmail.com

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Estratto dal trailer “Top Gun: Maverick”.

di Alessandro Andrea Argeri

“Top Gun: Maverick”, diretto da Joseph Kosinsky (USA, 2022, durata 131’), con Tom Cruise, Val Kilmer, Miles Teller, Jennifer Connelly, Monica Barbaro.

Partiamo da un presupposto: il film è una tamarrata assurda come non se ne vedevano da tempi. Proprio per questo però è bello. Con l’ultimo capitolo di “Top Gun” non si valuta un film, bensì il finale di una saga cult arrivato dopo 36 anni, oltre che di un’epoca totalmente diversa da quella attuale, con un modo differente di intendere i divi del cinema, basati su altri cliché.

Ha quasi sessant’anni, eppure, mentre noi saliamo le scale con l’ascensore, il “vecchietto” Tom Cruise si lancia dagli aerei senza stuntman al grido di “se vuoi, puoi”, da vero l’ultimo baluardo dell’american dream. Dopodiché si diverte in spiaggia con ventenni dal fisico meno scolpito del suo. La Palma d’oro al festival di Cannes è meritata.

Il film è la fiera dei vecchi canoni, quelli per i quali oggi definiamo le “americanate trash”. Ci sono gli inseguimenti, i combattimenti nei cieli, le esplosioni, i jet veloci, gli effetti speciali, l’happy ending. Ovviamente nessuna morte tragica, niente fazzoletti, ma nemmeno noia. Lo scopo è l’intrattenimento, perché non bisogna sempre necessariamente piangere. C’è però un diffuso senso di morte: da Val Kimer sofferente per un vero cancro, in netto contrasto con il vigoroso Tom Cruise, a quella del cinema diventato troppo serio. Ben venga dunque l’americanata se il cinema moderno consiste nel rappresentare gli omosessuali come animaletti incompresi bisognosi di accettazione (per alcuni registi questa sarebbe l’inclusività con cui rivendicare i diritti), o la donna perennemente mascolina altrimenti “non è parità di genere”, oppure l’uomo costretto ad essere femminile sennò “è patriarcato”. Dinanzi a tanti stereotipi, creati apposta “per uscire dai canoni”, la prevedibilità dei film americani è diventata quasi rassicurante. “Top Gun” segna l’ultimo spasmo dell’eroe, ovvero colui il quale “compie gesta eroiche”, nel film “action”.

In un mondo in cui Superman è diventato radical chich, non combatte più i cattivi ma non si sa bene né chi né cosa, gli Aristogatti sono una mafia di fanatici dell’ideologia occidentale, il coro di Dumbo un gruppo di schiavisti bianchi, il principe di Biancaneve un molestatore seriale per un bacio non consensuale, forse, l’ultimo capitolo di “Top Gun”, nella sua semplicità, potrebbe insegnarci a non confondere la libertà d’espressione con l’ossessione della suscettibilità.

Trailer top gun