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L’ODIO DI MATHIEU KASSOVITZ

Benvenuti su “Oasi Culturale”, rubrica de ilsudest.it a cura di Alessandro Andrea Argeri e Sara D’Angelo. Questa settimana parleremo de “L’Odio”, capolavoro cinematografico diretto dal regista francese Mathieu Kassovitz, realizzato nel 1995.
Se vi va, scriveteci: redazione@ilsudest.it/alexargeriwork@gmail.com

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Estratto dal trailer Youtube de l'”Odio”, di Mathieu Kassovitz.

di Alessandro Andrea Argeri

Nel 1995 nessuno l’avrebbe detto, nemmeno lo stesso autore, eppure “L’Odio”, secondo lungometraggio del regista francese Mathieu Kassovitz è diventato un cult immortale per qualsiasi cinofilo. La critica lo definì “cinema politico”, ma con la politica di oggi sarebbe più corretto identificarlo come “cinema sociale”, poiché le violente rivolte popolari sono descritte con un occhio profetico. In tal modo la cronaca si fonde con la fiction.

Il film racconta diciannove ore nella quotidianità di tre ragazzi della degradata periferia di Parigi. Il primo, Vinz, è un ebreo dell’est, il secondo, Saïd, è arabo, mentre il terzo, Hubert, è un nordafricano immigrato di seconda generazione. Il trio è il mix di etnie caratterizzante la società multietnica francese. Il film comincia proprio con alcuni filmati delle rivolte urbane nell’interland parigino, i quali sono veri reportage giornalistici, realizzati con lo scopo di mostrare la brutalità dei metodi repressivi della polizia. Il tema principale è quindi chiaro: dare voce a chi è stato messo a tacere, oppure non è né ascoltato né rappresentato.

Particolare il contrasto tra giorno e notte. La prima metà del film infatti è ambientata in piena mattinata, mentre la seconda rappresenta la citta nelle ore notturne. Assieme alla luce cambiano anche i piani di ripresa: da più lunghi, distesi, rilassati, a contratti, rapidi, spezzati, frenetici. Con l’oscurità ogni angolo diventa una potenziale fonte di pericolo, il contrasto tra centro e periferia è quindi netto. Il divario è anche generazionale, rappresentato dalla nascente cultura rap/pop, vista come elemento di sovversione del rapporto genitori-figli. Ecco dunque spiegati i continui rimandi a film come “Taxi Driver”, a “MacGyver”, o ai fumetti: i ragazzi, senza modelli da seguire, si rifugiano negli idoli del cinema oltre che della fantasia.

Il film è vivamente consigliato a tutti, anche ai cuori più deboli, pertanto da qui in poi sarebbe meglio evitare spoiler a voi lettori. Il significato del film è il seguente: l’indigenza, acuita dalla sensazione di oppressione, quindi dal bisogno di evasione della realtà, porta a un’escalation di violenza tanto cruda quanto reale, attraverso la quale si legge la tragicità sociale delle periferie, un dramma umano molte volte senza via di uscita. Un ragazzino arrabbiato con una pistola in mano, cresciuto in un ambiente truce, violento, abituato solo alla legge del più forte, è potenzialmente una bomba ad orologeria, come tale si rivela essere. “L’Odio” è quindi una storia di poveri, di “Miserabili”, per citare Victor Hugo, un altro grande francese.

Trailer youtube del film “l’odio”

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