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Oasi Culturale

Questione di conservazione

Benvenuti su “Oasi Culturale”, rubrica de ilsudest.it a cura di Alessandro Andrea Argeri e Sara D’Angelo. Da uno spunto di Beppe Severgnini sul Corriere della Sera, poniamo un dubbio: a che servono i conservatori? Se vi va, scriveteci: redazione@ilsudest.it/alexargeriwork@gmail.com

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di Alessandro Andrea Argeri

Sembriamo essere tornati ai primi anni del Novecento, scegliete voi se il 1900 o proprio l’anno 900. Lo dico non solo per le numerose analogie: dalle continue guerre alle pestilenze, mentre si avvicendano governi con i idee tanto vecchie da sembrare revival o trasposizioni cinematografiche di determinate fasi storiche, bensì anche perché nella società sembra essersi diffusa una fiducia incondizionata nel progresso, il cui sviluppo incessante dovrebbe, in teoria, migliorare la condizione umana. Si badi bene: “migliorare”, non “sostituirla”. Chiamarono questa idea “positivismo”, oggi quale nome avrebbe?

Il mondo sembra essere approdato a un “turning point”, un punto di non ritorno, le cui prossime scoperte condizioneranno il nostro futuro, fino forse a cambiare radicalmente la concezione stessa di essere umano. Abbiamo carni coltivate in laboratorio, robot progettati per pensare più velocemente di noi, identità digitali essenziali per la nostra vita in società, poiché senza queste è diventato impossibile concludere quasi ogni operazione online con la pubblica amministrazione, o persino creare un semplice account su un sito qualsiasi, vedasi la versatilità dell’account Google. Poi ovviamente non può mancare quella tendenza a rivedere la storia, a riscrivere eventi realmente accaduti perché è più importante vendere la “propria verità” invece della “loro bugia”, ma questa è una voglia matta comune in ogni epoca.

Dunque, da una parte abbiamo il progressismo, per il quale tutto sembra andare bene, purché si cambi. Dall’altro lato in pronta risposta scalcia, letteralmente, il conservatorismo, il quale sembra dilagare politicamente, vedasi le elezioni in Italia o in Finlandia, segno di come forse le popolazioni un po’ di paura in fondo la provano di fronte a tutte queste rivoluzioni. Veniamo allora alla domanda principale: “cosa vogliono conservare i nostri conservatori?”. Se l’è domandato Beppe Severgnini nella sua rubrica Italians sul Corriere del 3 aprile 2023. Per ora le risposte ai nuovi problemi sono state pregiudiziali, in un atteggiamento di demonizzazione più simile a un tentativo di rimando del problema. Certamente, anziché al futuro dovremmo pensare al presente, quindi nemmeno al passato. Eppure le ultime innovazioni potrebbero risultare un boccone troppo amaro da ingoiare, pesante da digerire! Certe volte però è una questione di conservazione. Dunque “stay human”, come in “Dyng Light”.

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