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Presidente, dove sei?

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di LAVINIA ORLANDO

Saverio Romano è il nuovo ministro dell’Agricoltura della Repubblica italiana. Segni particolari? Un’inchiesta per mafia aggravata, un’altra in corso per corruzione aggravata dal favoreggiamento alla mafia, un’ ultima per concorso in associazione mafiosa (per la quale, ad onor del vero, il p.m. ha chiesto l’archiviazione).



Sicuramente ( non abbiamo il minimo dubbio al riguardo) uno tra i tanti poveri politici perseguitati dalla magistratura! Un individuo (dicono i suoi) che è ancora “semplicemente” indagato e non addirittura rinviato a giudizio! Come se, in Italia, il fatto di essere imputati o pregiudicati funga da deterrente all’ascesa a dicasteri o presidenze del consiglio (vedi il ministro pregiudicato Umberto Bossi)!

Ci sono, tuttavia, ulteriori segni distintivi che caratterizzano il nostro nuovo ministro. La sua vita politica si è sviluppata sotto l’ala protettiva dell’ex senatore Totò Cuffaro, da qualche mese condannato in via definitiva per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra. Anche questo un caso, per carità: si può essere in rapporti molto stretti con un mafioso, vivere di luce riflessa ed avvantaggiarsi del successo politico raggiunto dai propri compagni di partito attraverso scambi e favori con la malavita, senza per questo essere invischiati in prima persona. Un’eventualità rara, ma non abbiamo dubbi che il neo-ministro sia l’eccezione che conferma la regola!

Proseguendo nell’elencazione delle particolarità del Romano, come non dimenticare la sua sortita dall’UDC, per andare ad abbracciare la causa berlusconiana? Un impegno gravoso, che ha visto l’apice nel fiducia accordata a dicembre, ma che prosegue imperterrito nelle retrovie, attraverso pranzi e cene che il neo-ministro indagato (ma non imputato!) organizza, per rinfoltire la scarna maggioranza. Viste le premesse, è chiaro che la nomina di Romano al dicastero sia conseguenza della sua particolare competenza in materia agricola e non il sentito ringraziamento da parte del premier rispetto alla solerzia dimostrata dal neo-ministro e da tutto il suo gruppo (i c.d. “Responsabili”)!

Dulcis in fundo, la chicca del novello occupante la poltrona più importante dell’Agricoltura sta nel fatto di essere il primo ministro della storia repubblicana nominato con riserva, in concorso, in realtà, col presidente Napolitano, che in queste situazioni dà ragione a chi nelle vignette satiriche lo raffigura come l’eterno dormiente: nomina sì il ministro, ma dopo qualche ora chiarisce con un comunicato che ha proceduto non ravvisando impedimenti giuridico -formali, ma auspica che gli sviluppi del procedimento chiariscano l’effettiva posizione del ministro. Mah!

I suoi predecessori erano stati più chiari e netti di lui in situazioni anche meno gravi (vedi Scalfaro, che rifiutò la nomina alla Presidenza del Consiglio di Bettino Craxi, che all’epoca non era neanche indagato, bensì semplicemente sospettato di essere implicato in Mani Pulite). Napolitano no. Nonostante i precedenti e pur conoscendo (si presume) la Costituzione meglio di qualsiasi italiano (ne è il garante), invece che operare una valutazione di merito, che la nostra Carta Fondamentale gli consente, circa l’inopportunità di avere ad un Dicastero un soggetto plurindagato, per giunta per reati di mafia, ha preferito chiudere gli occhi e ratificare la scelta di Berlusconi, salvo poi riaprirli e smentire, in parte, se stesso.

A questo punto, un’ultima considerazione è d’obbligo: Napolitano, nonostante il perenne torpore, continua ad essere in cima alla fiducia degli italiani; dato significativo ed estremamente preoccupante: se lui rappresenta, al momento, il meglio, figuriamoci il resto!