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Politica

L’auspicio del silenzio

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di LAVINIA ORLANDO

Ogni tanto va fatto. Armati di pazienza, coraggio, stomaco e coronarie forti e un po’ di pazzia, bisogna dare una lettura ai quotidiani di proprietà del nostro premier.

La cantilena è sempre la medesima: un povero Presidente del Consiglio costantemente ed ingiustamente posto sotto torchio dai giudici, dunque impossibilitato ad occuparsi degli affari nazionali, perché impegnato giorno e notte nelle aule giudiziarie; una magistratura politicizzata che tortura il “martire di Arcore” da decenni; riforme più o meno epocali della giustizia, esclusivamente volte a velocizzare i processi e ad adempiere alle richieste europee.



Fin qui nulla di innovativo. Siamo talmente tanto abituati a simili argomentazioni, da non meravigliarci più di esternazioni che altrove porterebbero il fautore di turno a subire un immediato T.S.O.

Ciò che spaventa ed inorridisce è la lettura dei commenti degli affezionati fruitori della stampa pro Cavaliere, non rispetto alle solite tematiche giudiziarie o parlamentari, bensì circa l’approdo degli immigrati africani nel nostro Paese.

Qualche giorno fa si è consumata l’ennesima tragedia nelle acque del Mediterraneo: il rovesciamento di un barcone colmo di uomini, donne e bambini di varia provenienza. Non è la prima volta che accade, visto che i mezzi utilizzati per spostarsi non sono niente più che semplici natanti e sono ultimamente privi di scafisti o di soggetti che abbiano una qualche dimestichezza con mare e navigazione. Ciò significa che i barconi vengono caricati all’inverosimile e messi in balia dell’acqua, con l’unico conforto di un navigatore satellitare che fa rotta su “Lampedusa”. Date le premesse, l’incidente è ad ogni traversata dietro l’angolo e chissà quante vite si sono spezzate senza che nessuno venisse a saperlo. L’ultimo incidente, tuttavia, non è passato sotto silenzio, sia perché è avvenuto davanti ai soccorritori italiani, sia perché il numero dei dispersi (che in questi casi vuol dire morti) è davvero ingente (si parla di circa 250 individui).

In coda a tale notizia, i nostri connazionali lettori dei giornali di proprietà del premier non lesinano commenti; c’è chi si dimostra “affranto” (“Peccato, troppi sono vivi!” e “Sono veramente demoralizzato per il numero così alto di superstiti”), chi improvvisa un’ode agli agenti atmosferici (“Voglio dare un applauso al vento ed al mare che sono i veri italiani”), chi lancia auspici (“Dovrebbero ribaltarsi tutti i barconi che giungono sulle nostre coste”).

Anatemi a parte, sarebbe utile illuminare le menti di questi individui (e di tutti coloro che hanno altrove dichiarato simili indecenze) con alcune banali considerazioni:

  • forse tali signori, affetti da qualche forma di amnesia, non ricordano le storie di milioni di italiani che sono emigrati per trovare lavoro e fortuna e si sono stabiliti all’estero, senza essere fucilati all’arrivo dai cittadini degli Stati ospitanti; essendo, al contrario, visti come una risorsa, nonostante la condizione dei nostri antenati non fosse, all’epoca, di molto dissimile da quella degli africani;

  • forse gli stessi signori ignorano che i medesimi immigrati, che preferirebbero morissero in mare, contribuiscono all’economia italiana e fanno sovente la fortuna degli imprenditori nostri connazionali, che ne sfruttano il lavoro clandestino e sottopagato, per incrementare il proprio profitto;

  • ancora gli stessi signori, pur essendo cattolici convinti, pur recandosi abitualmente a messa, pur rivendicando la superiorità della cultura cristiana avverso possibili contaminazioni musulmane, mancano dei fondamenti del catechismo cattolico, dal momento che uno dei valori essenziali di tale religione è proprio quello della solidarietà;

  • i medesimi signori dimostrano, altresì, di avere qualche lacuna dal punto di vista giuridico, evincendosi dai loro commenti una totale ignoranza circa espressioni, quali “diritto d’asilo”, “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, “diritti inviolabili dell’essere umano”.

Sarebbe troppo semplice auspicare per i signori di cui sopra le peggiori disgrazie, sperare che si trovino nella medesima situazione di stenti o di guerre che spingono la gente d’Africa al salto nel vuoto della navigazione del Mediterraneo alle suddette condizioni ed augurarli una morte per annegamento o per assideramento.

Ci limitiamo semplicemente a chieder loro, sommessamente, per l’umana pietas che ciascun uomo dovrebbe provare nei confronti degli altri, di autocensurarsi e, almeno in questi casi, operare un immenso favore alla collettività di cui fanno (ahinoi) parte: quello di tacere.