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Lezioni di cattivo giornalismo

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di LAVINIA ORLANDO

Come più volte ribadito, lo sport nazionale, in assenza del tanto amato calcio, continua ad essere, in queste lunghe settimane di quarantena, quello del “dividersi”.


E non si tratta, in questo caso, delle ben note e spesso di infimo livello dispute politiche, sovente paragonabili alle querelle da bar/facebook tra improvvisati esperti in medicina, diritto ed economia.  Se quest’ultima pratica risulta sicuramente esacerbata dal lungo periodo di isolamento e dai pur sempre giustificati timori di avere difficoltà nel rialzarsi sotto il profilo professionale ed economico, la stessa tende a trasformarsi in un autentico misfatto quando viene posta in essere dai professionisti dell’informazione, com’è il caso di Vittorio Feltri.

Non nuovo ad affermazioni che, lungi dal caratterizzarsi per sensazionalismo ed irriverenza, giungono alle cronache soprattutto per un evidente cattivo gusto, il Feltri degli ultimi giorni ha davvero superato se stesso, fornendo l’evidente prova di quanto l’isolamento ex lege da Covid-19 possa davvero fare male.

Per quanto a molti sembri strano, parliamo di un giornalista professionista, direttore del quotidiano “Libero”, opinionista sempre pronto a dire la propria, secondo uno stile che non si è mai compreso se tenda allo scientemente provocatorio o all’inconsapevolmente “lestofante”.

La vicenda è oramai nota a tutti: di risposta alle affermazioni del Presidente della Campania De Luca che, qualche giorno prima, prometteva un’ordinanza di divieto di ingresso nella Regione da lui governata nei confronti di cittadini provenienti da Regioni in cui il contagio da Covid-19 viaggia ancora a ritmi serrati, Feltri ha dato ampio sfoggio di un mix di razzismo e classismo. “Nessuno di noi ha intenzione di trasferirsi in Campania”, “perché mai dovremmo andare in Campania? A fare i posteggiatori abusivi?”, “non è di certo al vertice delle nostre ambizioni un’occupazione simile”, “il fatto che la Lombardia sia andata in disgrazia per via del corona virus ha eccitato gli animi di molta gente, nutrita da un sentimento di invidia o di rabbia nei nostri confronti, perché subisce una sorta di complesso d’inferiorità…io non credo ai complessi d’inferiorità, credo che i meridionali in molti casi siano inferiori”.

È davvero riduttivo elencare in pochi passaggi l’insieme di norme giuridiche e regole deontologiche che potrebbero essere state violate da Feltri. Si pensi, ad esempio, all’articolo 3, comma 1, della Costituzione, che sancisce l’uguaglianza formale di tutti i cittadini senza distinzione alcuna ed all’articolo 604 bis del codice penale, che punisce chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico; si rammenti, ancora, il Codice deontologico del giornalista, che, all’articolo 9, tutela il diritto alla non discriminazione (“Nell’esercitare il diritto-dovere di cronaca, il giornalista è tenuto a rispettare il diritto della persona alla non discriminazione per razza, religione, opinioni politiche, sesso, condizioni personali, fisiche o mentali”); si valuti, inoltre, il Testo Unico dei Doveri del Giornalista, che, all’articolo 2, tra i fondamenti deontologici della professione, cita il rispetto dei diritti fondamentali delle persone e la tutela della dignità del lavoro giornalistico, oltre a sancire l’applicazione dei principi deontologici nell’uso di tutti gli strumenti di comunicazione.

Non è di certo questa la sede idonea per determinare gli eventuali profili penali, civili e deontologici in cui sarebbe incorso il Direttore di “Libero”; è questo, invece, il luogo adeguato per rivendicare il necessario ruolo informativo, ma anche pedagogico, che il giornalismo dovrebbe assumere, tanto più in una fase così delicata come quella che stiamo vivendo.

Solo per inciso, è quasi inutile precisare il fatto che Feltri non abbia minimamente accennato a delle scuse, limitandosi a chiarire che il suo pensiero non aveva alcunché di antropologico, volendo, al contrario, rimarcare delle evidenti differenze sotto il profilo economico.

Il punto, tuttavia, è un altro. Quello che dovrebbe essere posto al centro della discussione è l’abbandono dei campanilismi, in senso lato intesi, ed invece continuiamo ad assistere, in un climax che diventa sempre più ascendente, a ragionamenti e rivendicazioni che, quando va bene, possono essere definiti settoriali, mentre, quando va male, risultano essere tarati solo ed esclusivamente sul soddisfacimento dei propri bisogni individuali, senza tenere conto né del bene collettivo, né, tanto meno, del sacrificio posto in essere da tanti altri. Nord contro Sud, imprenditori contro operai, partite IVA contro dipendenti statali, (neo)amanti della corsa contro segnalatori seriali e via dicendo continuano a scontrarsi adducendo argomentazioni raramente sorrette da evidenze scientifiche e molto più spesso caratterizzate dalla semplice voglia di sfogare le proprie – più o meno comprensibili – frustrazioni.

In questa babele, chiunque abbia la possibilità di raggiungere un numero considerevole di menti, come tutti i giornalisti di fama nazionale (quale Feltri risulta essere), dovrebbe dimostrare l’intelligenza di non marciare su pericolose divisioni, abbandonando esternazioni umorali, interessate o partitiche in favore di valutazioni il più possibile oggettive.

E, nel caso in cui fosse incorso nelle “pratiche scorrette” di cui alla prima elencazione, dovrebbe dimostrare la professionalità ed il buon senso di operare una convinta retromarcia.