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E processo fu…

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di BARBARE MESSINA

E così dopo tanto discutere, dopo accuse e ripicche degne delle migliori fiction televisive, finalmente, mercoledì 12 febbraio, è arrivato il tanto atteso giorno dell’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini per il caso della nave Gregoretti. Il Leader Leghista ha così potuto presentarsi in aula e pronunciare un discorso che ha spaccato l’aula del Senato e che articolandosi in diversi punti ha acceso gli animi degli avversari e strappato applausi ai suoi alleati. Diversi gli attimi di tensione, molte le schermaglie tra Leghisti e Pentastellati, Salvini, pur segnato dalla vicenda si ostina a rimanere tranquillo, ostentando sicurezza,”sono assolutamente tranquillo” –  dice –  “ sono orgoglioso  di quello che ho fatto, e rifarò tutto appena torneremo al Governo” queste le prime dichiarazioni dell’ex Ministro dopo il voto tenutosi nell’aula di Palazzo Madama.  “Difendersi in Senato – continua il Senatore Leghista – è stato surreale. Ho giurato sulla Costituzione, (…) difendere la patria è dovere di ogni cittadino. Io ho difeso l’Italia”. Il responso, ufficiale, arriva verso le 19, il Senato ha approvato l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona aggravato per aver impedito per 4 giorni lo sbarco di 131 persone tratte in salvo nel Mediterraneo dalla nave “Gregoretti” della Marina militare. L’ultimo atto di una vicenda, a tratti surreale, esplosa il 27 luglio dello scorso anno davanti alle coste della Sicilia e conclusasi il 31 luglio nel porto di Augusta, quando i migranti soccorsi vennero fatti sbarcare dalla nave della Guardia Costiera, si è finalmente concluso. Sarà Processo, plaude la maggioranza e anche Salvini pare essere soddisfatto. La parola passerà ora ai magistrati che dovranno stabilire se rinviare o meno a giudizio il leader della Lega. Piaccia o non piaccia l’ex Ministro è stato di parola, ha deciso di andare davanti ai Giudici per dire la sua verità, per difendere quella che a suo dire è stata una scelta collegiale, una scelta politica e di Governo. Certo, se dovessimo fermarci alla sola Costituzione, e soprattutto all’art.95 come dargli torto, come non dubitare che in tutta la ricostruzione fornita dall’attuale maggioranza qualcosa non torna? Proviamo pertanto a fare un pò di chiarezza senza partigianerie e soprattutto attenendoci a quanto disposto dai dettami Costituzionali, partendo appunto dal già citato art. 95 che così dispone “Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei Ministri. I Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei Ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri [cfr. art. 89]. La legge provvede all’ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei Ministeri [cfr. art. 97 c.1]”.


Cosa non ha funzionato? Perché il Presidente Conte non è intervenuto? Perché la Ministra  Trenta, allora Ministro della Difesa (da cui dipende la Marina Militare e la Guardia Costiera) non è intervenuta? Se il Presidente del Consiglio dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile coordinandone l’attività, perché  non è intervenuto sul suo Ministro richiamandolo all’ordine? Questi i lati oscuri della vicenda a cui il Leader Leghista ha provato una risposta nel suo discorso. Un discorso duro ma fermo in cui l’ex Ministro ha ribadito la collegialità della decisione, insistendo sul tema della difesa dei confini. “La difesa della patria è un dovere sacro, ritengo di aver difeso la mia patria, non chiedo un premio per questo ma se ci deve essere un processo che ci sia. In quell’aula non andrò a difendermi ma a rivendicare quello che, non da solo, ma collegialmente abbiamo fatto”. Infine, la sferzata al Governo giallorosso “State tenendo in ostaggio l’Italia procrastinando sempre: questo si  è sequestro – ha detto rivolgendosi ai banchi della maggioranza – decidete sulla gronda, sul Mes, sulle autostrade, sulla giustizia, fate qualcosa e se saremo d’accordo voteremo a favore. Da mesi state paralizzando l’Italia litigando su tutto, tranne che su  Salvini”. Poi, con un coup de theatre, a cui ci ha ormai abituato, rivolgendosi ai suoi Senatori, ha concluso dicendo: “Usciamo da quest’aula e facciamolo decidere a un Giudice se sono un pericoloso criminale. Ormai il re è nudo, il Governo può andare avanti qualche mese o settimana ma in democrazia il giudizio lo dà il popolo”. Salvini, che molti, dopo le elezioni in Emilia Romagna, si erano affrettati a definire sconfitto, ha per l’ennesima volta trasformato una probabile debacle in un modo per acquisir consensi dimostrando, come un Leader possa mantenere una linea politica anche quando la stessa potrebbe comportare rischi non strettamente politici. Serenità che ha ostentato per tutta la giornata, fin di prima mattina, quando sui canali social, prima di entrare in aula  dichiarava: “Pronto per intervenire in Senato, a testa alta e con la coscienza pulita di chi ha difeso la sua terra e la sua gente”, “‘Se un uomo non è disposto a lottare per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale nulla lui’”, aveva poi aggiunto l’ex Ministro, citando Ezra Pound. Il processo “Gregoretti”, se mai si celebrerà, sarà una novità, la prima, spettacolare “invasione” di un potere dello Stato nelle competenze di un’altro, un’interferenza giudiziaria nella vita di un Governo, con tutte le sue implicazioni. Piaccia o non piaccia Salvini il problema è molto più complesso di quanto si creda, come ha giustamente evidenziato il Sen. Casini il vero tema è comprendere “se il comportamento del Sen. Salvini, in occasione dei fatti relativi al ritardato sbarco dei migranti dalla nave “Gregoretti”, sia stato “condizionato da ragioni politiche” che hanno un rilievo costituzionale, ai sensi dell’art. 9, comma 3, della legge costituzionale n. 1/1989”. In sintesi, è importante capire se tale comportamento sia stato posto in essere per “la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo”. Continua il Sen. Casini “Non mi pare che vi sia alcun dubbio che le azioni del ministro Salvini siano coerenti e esecutive del programma del Governo di cui allora faceva parte, come nel caso dei suoi precedenti atti e comportamenti che questo Parlamento è stato chiamato a valutare. Infatti, la maggioranza parlamentare dell’epoca ha fatto di tale politica “restrittiva” dei flussi migratori uno dei punti centrali del “Contratto di Governo” e della fiducia che il Parlamento ha accordato all’esecutivo. In caso contrario, il Ministro dell’Interno doveva essere sfiduciato dal Parlamento o, comunque, smentito da atti formali dello stesso o del Consiglio dei Ministri. Il Senatore Salvini non ha sicuramente agito, in “solitudine” o in contrasto con le politiche del Governo dell’epoca di cui era, peraltro, uno dei principali protagonisti. Possiamo, quindi, dire che c’era una ragione politica coerente con le esigenze di tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o con il perseguimento di un preminente interesse pubblico, secondo l’orientamento, non condivisibile dal nostro punto di vista, del Governo di cui ha fatto parte. Secondo il Sen. Casini nel “caso della nave “Gregoretti” non deve contare la nostra opinione politica, perché mandare a giudizio un Ministro per il programma del Governo di cui fa parte e, quindi, per gli atti che ne sono la immediata e diretta conseguenza, significa scadere nell’arbitrio e nella faziosità. La Costituzione ci chiede solo di valutare se gli atti del Senatore Salvini sono frutto della valutazione che il suo Governo ha fatto dell’interesse generale del paese, non della nostra valutazione di tale interesse generale che è diametralmente opposta. Questa è una distinzione fondamentale che fa la differenza tra lo Stato liberale e lo Stato etico tra l’equilibrio dei poteri e l’arbitrio. Se indugiamo oggi, nell’esercizio della nostra delicata e complessa funzione di garanzia, di indipendenza e di autonomia, alla logica di parte, secondo la quale puoi fare processare il tuo avversario politico, in assenza di fondate ragioni costituzionali, per un mero calcolo di convenienza, consumiamo l’ennesimo strappo con i valori fondanti della nostra democrazia parlamentare. Salvini è stato sconfitto in Parlamento e le sue politiche vanno avversate nel paese ma senza assecondare le scorciatoie giudiziarie, apparentemente facili e comode. La lotta politica che usa strumentalmente le legittime e autonome iniziative della magistratura ha il fiato corto, produce solo danni al paese e manifesta il suo fallimento perché rinuncia al ruolo di guida della società affidandosi ad altri poteri”. Ecco perché la vivisezione in diretta tv di quello che è un Consiglio dei Ministri, può essere pericolosa se non deleteria per la democrazia. Il rischio è quello di una gigantesco show dove la difesa di  Salvini farà tutto il possibile perché le udienze si trasformino in una gigantesca tribuna elettorale da cui sventolare la linea della tolleranza zero contro sbarchi e scafisti. Secondo l’avvocato e deputato Giulia Bongiorno, lo scenario giudiziario che attende Salvini nei prossimi mesi è perlomeno pesante. Secondo la Sen. Bongiorno,  anche se la linea sostenuta da Salvini, ovvero di avere agito di concerto col resto del governo e in primis col Presidente del Consiglio, potrà funzionare mediaticamente e politicamente, il rischio di un processo lungo è quanto mai concreto. Infatti, anche se il Sen. Salvini riuscisse a provare che Conte era d’accordo, potrebbe al più trascinare il Premier nel processo ma non salverebbe se stesso.  Ma, cosa accadrà ora? Come è noto, a portare Salvini sul banco degli imputati sono stati i giudici del Tribunale dei Ministri di Catania, Tribunale  presieduto dal Giudice La Mantia, noto esponente di Magistratura Democratica,  che aveva rifiutato la richiesta di archiviazione del fascicolo avanzata dalla procura della Repubblica. Dopo il via libera dell’aula l’ex Ministro dell’Interno sarà dunque giudicato da una Sezione ordinaria del Tribunale di Catania. Il fascicolo tornerà ora al Procuratore Capo di Catania, Carmelo Zuccaro, Magistrato che si era già espresso per l’archiviazione dell’inchiesta nei confronti dell’ex Ministro dell’Interno ritenendo che non ci fosse stato alcun sequestro dei 131 migranti a bordo della Gregoretti. L’ufficio diretto dal Procuratore Carmelo Zuccaro aveva, infatti, ritenuto infondata la fattispecie del reato e per questo il Pubblico Ministero Andrea Bonomo aveva firmato la richiesta di archiviazione, trasmessa al Tribunale dei Ministri che avevano invece ritenuto che il divieto allo sbarco fosse una violazione penale e aveva trasmesso gli atti a Palazzo Madama. Adesso, con il sì del Senato a procedere nei confronti di del Sen.Salvini, il caso torna nuovamente al Procuratore di Catania Zuccaro. Lo stesso procuratore Zuccaro che nella parte finale del documento per la richiesta di archiviazione scriveva: “Questo Pubblico Ministero ritiene che l’avere prolungato per circa tre giorni la permanenza a bordo della nave Gregoretti dei migranti salvati in mare da unità militari italiane, garantendo comunque loro assistenza medica, viveri e beni di prima necessità, e consentendo l’immediato sbarco di coloro che presentavano seri problemi di salute e dei minorenni, e ferma restando l’intenzione ministeriale di assegnare il Pos (…) non costituisca una illegittima ‘privazione’ della libertà personale punibile ai sensi dell’art. 605 c.p”. Ora, a seguito dell’approvazione dell’autorizzazione a procedere, il Tribunale di Catania dovrà, stabilire se quella di Salvini sia o meno un’imputazione “coatta”, i Magistrati saranno, pertanto chiamati a decidere se sollecitare il rinvio a giudizio o se invece potranno chiedere nuovamente l’archiviazione; non spetterà comunque al Tribunale dei Ministri decidere ma al Giudice per le indagini preliminari che dovrebbe sciogliere la riserva entro la prossima estate. Si preannuncia, pertanto un’altra estate calda per la politica italiana e questa volta non sarà per Salvini o per un mojito di troppo ma per la decisione di un Giudice che rischia di stravolgere l’intera seconda Repubblica.


Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo