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Politica

Il nulla della politica italiana

Lo straniero che fosse planato in Italia già a partire dallo scorso mese e che decidesse di permanervi per qualche settimana ricaverebbe un’idea alquanto curiosa del nostro Paese. Pandemia da Covid-19 a parte, il visitatore di cui sopra si renderebbe subito conto che una sola ed unica questione pare avere rilievo: l’elezione del Presidente della Repubblica.

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Credit foto: "File:Silvio Berlusconi 09072008.jpg" by Ricardo Stuckert/PR is licensed under CC BY 3.0

di Lavinia Orlando

Lo straniero che fosse planato in Italia già a partire dallo scorso mese e che decidesse di permanervi per qualche settimana ricaverebbe un’idea alquanto curiosa del nostro Paese. Pandemia da Covid-19 a parte, il visitatore di cui sopra si renderebbe subito conto che una sola ed unica questione pare avere rilievo: l’elezione del Presidente della Repubblica.

Con buona pace della Costituzione che qualifica l’Italia come una forma di governo parlamentare – e non presidenziale – a chiunque sembrerebbe che i poteri del Capo dello Stato italiano siano di gran lunga superiori rispetto a quanto costituzionalmente previsto, unica circostanza che in un Paese normale giustificherebbe tale mobilitazione, decisionale ed anche mediatica.

Trattasi di una sospensione di fatto dell’attività politica, iniziata già da diverse settimane. Si pensi solo che l’ultimo provvedimento di rilievo, sempre escludendo quelli ricollegabili alla pandemia, risulta essere la manovra finanziaria 2022, approvata a fine 2021, le cui misure non possono definirsi in altro modo che “senza infamia e senza lode”, nonostante siano state partorite dal c.d. governo dei migliori.

Si pensi solo alle “Disposizioni in materia di cessazione di attività produttive”, contenute nel maxi-provvedimento, che cercano di affrontare, tra gli altri, uno dei principali problemi dei nostri tempi: le delocalizzazioni che hanno spazzato via migliaia di posti di lavoro. Parliamo di norme applicabili ad aziende con almeno 250 dipendenti, percentualmente pochissime rispetto alle tante realtà produttive italiane, che effettuino licenziamenti di almeno 50 unità per ragioni non riguardanti squilibri economico-finanziari. Si prevede che le imprese che vi procedano debbano comunicare in anticipo alle istituzioni la decisione di chiudere e presentare alle stesse un piano recante le misure atte a ridurre le conseguenze occupazionali ed economiche della chiusura. In assenza di ciò o in mancanza di accordo sindacale, si prevedono sanzioni talmente irrisorie, considerati i fatturati delle imprese a cui si applicherebbero, da rendere la norma quasi del tutto inutile.

Questo è il solco tracciato da un governo che, conscio della precarietà che lo caratterizza, determinata dalla circostanza di tenere insieme forze tra di loro lontane anni luce, non riesce di certo a volare alto, a differenza di ciò che in molti vorrebbero continuare a farci credere.

Del resto, il medesimo straniero ritrovatosi in Italia in questo strano periodo continuerebbe a meravigliarsi per tante altre situazioni che continuano a susseguirsi nella quasi totale indifferenza di cittadini oramai assuefatti a tutto ed al contrario di tutto.

Come restare indifferenti, ad esempio, a fronte di un Presidente del Consiglio dei Ministri, tra l’altro definito a furore di popolo illuminato, che chiarisce, durante una conferenza stampa, quali siano le domande sgradite alle quali tassativamente non risponderà? Un tale atteggiamento di chiusura, se adottato dai predecessori di Mario Draghi, avrebbe generato una sommossa, in primis mediatica. Ora, ovviamente, quasi tutti tacciono né si dolgono.

Ancora, come tollerare le differenti spinte, giunte da più parti, anche istituzionali, affinché la pubblicazione dei dati sui nuovi contagi Covid non avvenga più con cadenza quotidiana, bensì settimanale? O, ancora, come valutare la richiesta delle Regioni di non conteggiare più i positivi asintomatici ospedalizzati per ragioni differenti dal Covid-19? Trattasi di istanze correlate al continuo contrasto, particolarmente esacerbatosi in questi ultimi due anni ma da sempre presente, tra salute ed economia. Trattasi, in sintesi, della medesima contraddizione che rende socialmente accettabili centinaia di morti Covid al giorno. Trattasi ancora di più di provvedimenti come la recente scelta di consentire ai vaccinati con tre dosi asintomatici, che, nonostante siano venuti a contatto con soggetti positivi, possono continuare a condurre una vita ordinaria, senza necessità di quarantena o di tampone di controllo, semplicemente autosorvegliandosi.

E, sempre a proposito di Covid, come continuare a tollerare i continui provvedimenti, incomprensibili in primis sotto il profilo linguistico, varati per tentare di convivere con la situazione pandemica? Giustificati alla luce di un virus che non molla la presa, è praticamente impossibile tenere il passo con le misure adottate, circostanza che pone il cittadino, che pure vorrebbe seguire le regole, nel continuo rischio di contravvenire alle norme vigenti, senza contare i tanti furbetti che non fanno altro che beneficiare di tale confusione.

E, dulcis in fundo, ritornando all’incipit, come pensare di vivere in un Paese normale, avendo Silvio Berlusconi in prima linea come candidato ufficiale del centro destra al Quirinale, proposta aiutata dalla quasi totale assenza di nomi alternativi, sia da destra che, soprattutto, da sinistra?

Ed è giustappunto tale difficoltà a riassumere lo stato di crisi in cui versano i partiti nostrani. Se siamo tutti d’accordo che il ruolo di Presidente della Repubblica debba essere ricoperto dal migliore tra le persone possibili, il ritorno in campo del Cavaliere da Arcore, perché voluto da tutti i suoi alleati, e l’incapacità di tutti gli altri di indicare soggetti differenti, è la chiara rappresentazione della crisi di lungo corso dei partiti, incapaci di formare personalità di valore e totalmente privi di principi e capisaldi.

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