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Il Presidente che vorremmo

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"Elezione Pertini - Corriere della Sera" by Montecitorio is licensed under CC BY-ND 2.0

di Lavinia Orlando

L’auspicio, per una volta, sarebbe quello di non accontentarsi, come invece quasi sempre è accaduto. Se è vero che la politica non è altro che l’arte del compromesso, è altresì chiaro che non è più tollerabile accettare un accordo votato sempre di più al ribasso.

L’articolo 87 della Costituzione, prima ancora di elencare le singole funzioni attribuite al Presidente della Repubblica, lo definisce quale “Capo dello Stato” che “rappresenta l’unità nazionale”.

Trattasi di un ruolo quasi sacrale, che dovrebbe essere ricoperto dal migliore possibile tra gli italiani, considerando onestà, preparazione, competenza ed esperienza.

Per intenderci, così come non sarebbe accettabile un Presidente dal passato giudiziario poco specchiato, non sarebbe il massimo ritrovarsi con un Capo dello Stato che, pur intonso sotto il profilo penale, abbia posto in essere comportamenti poco trasparenti nell’ambito politico.

Circa la preparazione e la competenza, va da sé che, per quanto la Costituzione non richieda la laurea in giurisprudenza, si rendano necessarie conoscenze teoriche ed esperienziali che in pochi possono vantare, tra l’altro acquisibili non necessariamente col solo cursus honorum politico – ed infatti non sarebbe davvero male immaginare una figura lontana dal classico mondo dei palazzi romani.

Rispetto all’esperienza, è l’unico requisito che sottende un minimo di storia politica. Si pensi a tutta la fase delle consultazioni, propedeutica alla nomina del Presidente del Consiglio, sempre di competenza del Capo dello Stato ed alla necessaria opera di mediazione tra forze politiche cui il Presidente della Repubblica non può sottrarsi, anche con riferimento alle crisi di governo.

A ben guardare, le quattro caratteristiche appena elencate non sono altro che il minimo sindacale che dovrebbe essere assicurato non solo da una figura così importante, ma anche da qualsivoglia donna e uomo che ricopra una carica pubblica, fermo restando che sarebbe auspicabile anche altro.

Per quanto la figura debba assicurare equidistanza tra tutte le forze politiche, l’idea di un Presidente super partes non è quanto di meglio ci si possa attendere. Ad esempio, il Capo dello Stato non deve assumere atteggiamenti neutri nel momento in cui decida di rimandare alle Camere, con messaggio motivato, una deliberazione di legge, essenzialmente perché la ritenga contrastante con la Costituzione, ma anche nel caso in cui, secondo dottrina dominante, pur essendo costituzionalmente legittima, risulti in palese dissidio con la coscienza collettiva o gli interessi fondamentali della nazione.

Nonostante, soprattutto in occasione delle attuali elezioni, la nomina al Quirinale sia strettamente ricollegata alle sorti dell’esecutivo, risulta alquanto indecoroso che il Presidente della Repubblica venga scelto sulla base di pesi e contrappesi, promesse di prosecuzione dell’alleanza di governo ed esigenze di evitare quanto più possibile le elezioni anticipate, di modo da non perdere un seggio parlamentare che, per molti deputati e senatori, non sarà certamente un’esperienza ripetibile. L’idea che il Capo dello Stato venga individuato e poi eletto in relazione alle esigenze spicciole di parlamentari sconosciuti, che potrebbero anche non aver onorato il mandato con un numero considerevole di presenze, è quanto di più imbarazzante tra le già pur tante esternazioni vergognose ascoltate in queste settimane. Situazione che fa il paio con l’ulteriore pressione legata al rinsaldamento di coalizioni che esistono, al momento, solo sulla carta o esclusivamente in relazione alle momentanee convenienze: vedasi il centrodestra, spaccato con riferimento al governo, ma che vorrebbe passare per unitario in occasione delle elezioni presidenziali o il centrosinistra, comprensivo di Movimento Cinque Stelle, le cui prove tecniche di coesione raggiungono sempre e comunque stadi insufficienti.

Sarebbe, inoltre, auspicabile che la nuova figura non fosse di diretta emanazione di potentati – o lobby, che dir si voglia – esterni al Parlamento, italiani o stranieri che siano. Se è vero che la maggior parte dei partiti presenti nella Camera ed al Senato fanno capo a gruppi di potere che, in maniera più o meno vigorosa, pretendono ed ottengono che le proprie istanze, soprattutto economiche, vengano perseguite, il tutto solitamente a scapito della maggioranza dei cittadini, è anche vero che, come da articolo 67 della Costituzione, “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”, né nei confronti del partito di appartenenza né nei riguardi degli elettori che lo abbiano votato e fatto votare.

Il nostro Paese meriterebbe un Presidente della Repubblica di cui non vergognarsi, in primis guardando al suo passato personale e politico, e di cui, anzi, andare orgogliosi, che possa essere sfoggiato quale medaglietta da appuntare alla giacca, che sia figura dirompente sotto il profilo delle scelte, che non abbia problema alcuno, al fine di assicurare il rispetto della Costituzione, nel porsi in contrasto con gli stessi che lo abbiano votato e che assicuri all’Italia ed ai suoi cittadini il lustro che meritano.         

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